Una ragazza minuta dalla bellezza contemporanea e fluida, il cappuccio della felpa sopra l’iconico cappellino di lana, il bulldog francese Gibson sulle ginocchia, sullo sfondo il sedile blu di un treno regionale delle ferrovie laziali e l’intrusione periodica dell’altoparlante che segnala le fermate della tratta Anzio-Roma Termini. L’intervista uscirà pochi giorni prima del Festival di Sanremo, poco prima che Ariete salga sul palco dell’Ariston per cantare l’inedito "Mare di guai". Ma oggi, in una videochiamata nel primo pomeriggio della fine di dicembre 2022, la cantautrice nata ad Anzio nel 2002 con il nome di Arianna Del Giaccio può sembrare un’anonima ventenne sul treno che la riporta in città dopo aver passato le vacanze a casa dei genitori: «Non ho ancora preso la patente, mi va bene così, ho sempre amato i mezzi pubblici. L’idea di Sanremo mi emoziona perché uscirò dalla mia zona di comfort, ma in questi giorni non ho pensato a niente. Ho passato del tempo con la mia famiglia, ho visto gli amici con cui sono cresciuta».

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Foto di Ilaria Ieie. Camicia Levi’s, Red Tab, modello ALFIE Shirt, tailleur, GCDS, collana, Eroine999. Make-up firmato Sephora con Mascara Big by Definition e correttore Best Skin Ever di Sephora Collection.

Ariete ha portato una ventata di freschezza queer nel panorama della musica indie italiana: «Prima di essere Ariete sono Arianna, e Arianna è da quando ha quattordici anni che parla apertamente di questa cosa. L’omosessualità̀ fa parte di me, non la uso per diventare un nome, per fare i numeri, la vivo in maniera naturale. Non scrivo le canzoni per le ragazze per diventare un’icona Lgbtq. Scrivo le canzoni per le ragazze perché sono Arianna. Chi mi ama mi segua, degli altri non mi interessa. La mia filosofia è sempre stata questa».

Con determinazione e autenticità, nel giro di tre anni e in mezzo a una pandemia, Ariete è passata dall’incidere canzoni nella sua stanza di bambina sul mare di Anzio a vivere da sola in centro a Roma, in un appartamento comprato con i soldi delle canzoni e dei concerti: «È iniziato tutto nell’agosto del 2019, quando ho pubblicato su YouTube il mio primo pezzo, “Quel bar”», dice. Di lì a poco Ariete viene notata da Drast, uno dei due membri degli Psicologi, entra a far parte dell’etichetta Bomba Dischi e a maggio del 2020 esordisce con l’Ep Spazio. È un successo, e a febbraio del 2022 esce il primo album, dal titolo Specchio: «Sono incredibilmente felice di questi risultati. Per me la musica è vita, ma non dimentico mai quanto questo lavoro possa essere imprevedibile» dice. «Il successo, la fama, Sanremo. Ti può andare bene un anno, due anni o dieci, ma non puoi mai dare niente per scontato».

Quando hai capito che volevi lavorare con la musica?

«Nella mia famiglia non ci sono altri musicisti o musiciste, ma mio padre è stato per me un grande Virgilio. Mi ha cresciuta con i dischi di Francesco Guccini, Pino Daniele, Francesco De Gregori e Lucio Dalla. Ammetto di avere iniziato ad apprezzare la loro musica solo molti anni dopo, da ragazzina ero soprattutto una fan accanita degli One Direction. Però senza che me ne rendessi conto i cantautori italiani mi hanno dato un’attrazione precoce per il canto, la chitarra, il pianoforte. Ho iniziato a studiare musica da autodidatta, nella mia stanza, scrivevo i primi testi e provavo gli accordi».

Hai raccontato di essere diventata indipendente molto presto.

«Nella mia famiglia non ci sono altri musicisti o musiciste, ma mio padre è stato per me un grande Virgilio. Mi ha cresciuta con i dischi di Francesco Guccini, Pino Daniele, Francesco De Gregori e Lucio Dalla. Ammetto di avere iniziato ad apprezzare la loro musica solo molti anni dopo, da ragazzina ero soprattutto una fan accanita degli One Direction. Però senza che me ne rendessi conto i cantautori italiani mi hanno dato un’attrazione precoce per il canto, la chitarra, il pianoforte. Ho iniziato a studiare musica da autodidatta, nella mia stanza, scrivevo i primi testi e provavo gli accordi».

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Foto di Ilaria Ieie. Styling di Lps, Lorenzo Posocco. Ariete indossa total look, Tod’s. I modelli indossano T-shirt, Levi’s Red Tab.

Hai raccontato di essere diventata indipendente molto presto.

«Mio fratello minore ha sofferto di problemi di salute mentale e i miei genitori hanno dovuto concentrarsi su di lui. Non potevano starmi troppo dietro perché erano sempre in giro tra ospedali e terapeuti. A quattordici anni mi hanno comprato il motorino, mi hanno dato le chiavi e hanno detto: “Fanne buon uso”. Mi hanno dato fiducia. Oggi non rimprovero loro nulla, lo dico sempre anche alla mia psicologa. Al contrario. La libertà che mi hanno dato in famiglia credo mi abbia permesso di sviluppare una forma di intelligenza più empatica e sottile».

Forse è per questo che sembri completamente a tuo agio sul palco, durante i concerti?

«Sono sempre stata una persona spigliata, ho un carattere forte, non ho mai sofferto di timidezza. All’opposto, ho sempre cercato di far valere le mie idee. La determinazione l’ho ereditata da mio padre. Oggi mi rendo conto che in molti casi è stata la causa dei problemi, ma nello stesso tempo mi ha aiutato a risolverli. Quando ho iniziato a cantare in pubblico ho scoperto di sentire una connessione forte con il palco e con la musica, là sopra la mia spigliatezza diventa ancora più grande. Non so spiegare quanto sia impor- tante per me suonare dal vivo, è come se avessi un fuoco dentro. Sono cresciuta andando ai concerti e ora è l’apoteosi della realizzazione e della felicità».

Continua l'intervista sul numero in edicola dal 2 febbraio.