Come ci si libera dalle scelte altrui nel rapporto genitori-figli? Come ci si libera, in generale, dalle catene del senso di colpa, dal volere accontentare o non deludere qualcuno (o tutti)? Come si sceglie di intraprendere una strada diversa da quella – forse – già tracciata per noi dalle nostre famiglie? Dalle nostre figure genitoriali.

Prendendo un bel respiro e agendo con calma, innanzitutto. Viviamo immersi in piscine di marketing che, per farci sempre sentire sbagliati e – di conseguenza – in cerca di qualcosa che ci aggiusti, eliminano al posto nostro le sfumature e i percorsi. Tutto è bianco o nero, anzi, tutto è chiaro o scuro. C’è luce: successo, capacità, bellezza, ricchezza, capelli lucidi, pelli senza pori, piccoli girovita senza fatica, assertività e autorevolezza ma sexy e profumata, e c’è buio: assenza di maternità, single, capelli crespi, acne, cellulite, uomini che scappano perché donne castranti e iraconde. C’è luce, dove la famiglia è casa, c’è buio, dove qualcuno ha fallito. Già, perché la famiglia davvero sbagliata, inaccettabile, non è quella dove i figli imparano molto presto che mentire e nascondere, pur di rimanere in silenzio, sono la strada più semplice per ricevere amore, no, quella non fa vergognare. Da tenere a porte chiuse, invece, è quella difettosa. Quella dove le madri sono stanche fino alle lacrime, dove i padri non ci sono (quasi) mai, dove si divorzia, dove si finiscono i soldi, dove non bastano nemmeno le preghiere. E qui arriviamo al dunque. L’amore dei propri genitori (al contrario di ciò che l’educazione stra superata di stampo comportamentista dei primi del ‘900 ancora impone) NON è negoziabile per un bambino, per un figlio. Il sonno, il cibo, l’acqua, sono necessari alla sopravvivenza tanto quanto l’amore e l’attenzione. E, proprio con lo stesso spirito di sopravvivenza che ti fa combattere, scappare o fingerti morta (a seconda di ciò che il tuo istinto e la tua capacità di osservazione ti conferiscono nel momento del pericolo), davanti a un animale feroce, altrettanto, nella vita, ti sei presa a forza un amore che non c’era o era incomprensibile. Lo hai fatto allora (con le tue figure genitoriali) e lo fai ancora oggi, in tutte le relazioni.

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Maria Beatrice Alonzi

Se un figlio non legge l’amore di una figura genitoriale, amerà per tutti e due. Non importa come. Non è possibile – e questo tatuatelo nei pensieri – per un bambino, mettere in discussione i propri genitori. Che siano una madre, due padri, tre nonni, uno zio, sei baby-sitter o che siano tutti assenti completamente, anche deceduti (l’assenza della genitorialità non è meno genitorialità, è genitorialità assente), quelle figure non possono venire meno negli occhi e nel cuore dei più piccoli.

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Sperling & Kupfer

Se i tuoi genitori non ti hanno amato, non ti hanno voluto, ti hanno ignorato, umiliato, picchiato, deluso, fatto a pezzi dentro e fuori, o che si siano presi cura di te come unica ragione di vita poiché non avevano altro – riempiendoti di paure e paranoie – o accettandoti solo ‘a condizione di…’ (amore con riscatto lo chiamo io); che lo abbiano fatto in buona o pessima fede, al tuo mondo interiore non interessa: dove non sono arrivati loro, per sopravvivere psicologicamente, sei arrivata tu. Hai amato per due, realizzato per due (a volte anche per tre), hai cullato e coccolato e ti sei fatta piccola ma forte, coraggiosa e generosa, per loro, solo per non ammettere un pensiero che ti avrebbe devastato: che ti hanno fatto del male. Per un figlio, i genitori sono tutto. Una madre (intesa come figura genitoriale) è Dio agli occhi di un figlio.

Con loro e attraverso di loro, si imparano dinamiche che si portano con sé in ogni futura relazione, con ogni “altro” che incontriamo nel nostro cammino. Per questo, ad oggi, non sono solo (o più) loro coloro che senti di dover accontentare, bensì tutti. Il tuo capo, il tuo compagno, i tuoi figli, le tue amiche o colleghe. Se non sei tu a portare avanti tutto, allora tutto si ferma. Questo è quello che credi tu. Questo è il tessuto delle tue relazioni, per questo sei così stanca. Stanca di sentirti sempre una trottola in un mare d’ingratitudine dove tutti hanno il sole in faccia e centinaia di lampadine di ricambio e tu sei sempre al buio. E come potresti fare diversamente, quando il solo pensiero di parlare dei tuoi genitori ti mette al muro, stringe il guinzaglio del senso di colpa e ti fa automaticamente dire che parlare significhi parlarne male? Lo so. Lo so e lo capisco. Ma fino a quando non andrai a prenderti le corde che tengono in aria le tue braccia, come fili con i burattini; fino a che non vedrai chi manovra, nella tua testa, nella tua anima, giorno dopo giorno, le tue scelte, esse non saranno mai tue, e sarai sempre al punto di partenza. Dopo l’ennesima relazione, dopo l’ennesimo dispiacere.

E dentro di te, invece, c’è tanta di quella felicità e luce, da illuminare uno stadio. Andiamocela a prendere: chiudi gli occhi, abbassa le spalle, sgancia la mandibola dalla mascella (che sono serrate), sciogli quella tensione tra le sopracciglia e respira. Con calma. Hai fatto cose incredibili nella tua vita, è ora di farne una per te. Andiamo.

Maria Beatrice Alonzi, autrice di questo testo, ha un master in Tecniche e Metodi di Analisi Comportamentale e Analisi Scientifica del Comportamento non-verbale. È anche speaker di TEDx, relatrice per l'Università Sapienza di Roma e autrice di tre bestseller, con oltre 250.000 copie all’attivo. È una divulgatrice scientifica che lavora per sensibilizzare sullo stigma della malattia mentale e su quello della terapia: ogni giorno oltre 2 milioni di follower la seguono su tutte le piattaforme digitali. Sarà ospite al festival L'Eredità delle donne.

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L'eredita delle donne