Attesa da uno stuolo di fan adoranti e acclamata dalla critica, la stagione finale di Sex Education è arrivata su Netflix per regalare agli spettatori le battute finali di una serie che ha saputo parlare di sesso in tv come mai prima. Ma se è vero che il cuore pulsante del riuscito show con Asa Butterfield e Gillian Anderson è la vita intima in tutte le sue sfaccettature, non si può certo dimenticare che Sex Education ha contribuito, nei suoi cinque anni di programmazione, anche a sdoganare tabù e limiti sul vasto universo delle relazioni umane. Con le sue contraddizioni, i suoi limiti e pure i suoi punti oscuri.

Nella quarta stagione arrivata il 21 settembre in streaming - promettiamo solennemente di non fare spoiler - oltre agli intrecci già in ballo e di cui gli sceneggiatori provano a sciogliere la matassa entro il season finale, nuove storie e nuovi personaggi entrano nel quadro. Regalando parecchi spunti interessanti. Quella di Viv, già conosciuta nella terza stagione come amica di Jackson (sono interpretati da Chinenye Ezeudu e Kedar Williams-Stirling), è una delle storyline parallele a quella dei protagonisti più convincenti.

Studiosissima e sicura di sé, nella quarta stagione Viv incontrerà un ragazzo apparentemente perfetto, attento e accudente. Il fidanzato perfetto, insomma. Un piccolo spoiler lo facciamo: il ragazzo di Viv in realtà è un lovebomber della peggior specie, un manipolatore che punta a isolarla dal suo gruppo di amici per averla tutta per sé e controllarla. La relazione, iniziata sotto i migliori auspici, si trasforma presto in una fonte di disagio per la ragazza, che sente di non voler rinunciare a quelle attenzioni anche se sono morbose; i suoi amici, in particolare Jackson, si accorgeranno invece ben presto delle red flags emanate dal fidanzato di Viv e proveranno a far aprire gli occhi alla ragazza per salvarla.

Affrontare, tra gli altri, il tema della manipolazione affettiva è una delle tante scelte coraggiose degli sceneggiatori di Sex Education, consapevoli del target di giovanissimi che ama e guarda la serie e dell'impatto che raccontare storie come quelle di Viv può avere su vittime che faticano a riconoscersi in quanto tali nel mondo reale

Di cos'è la manipolazione affettiva, di come riconoscerla e quali terribili impatti ha sul benessere psico-fisico della vittima abbiamo parlato con la psicologa Noemi Vetrano, che sul suo profilo Instagram, tra le altre cose, si occupa anche di violenza di genere.

Dottoressa, proviamo a descrivere la manipolazione affettiva. Sotto che forma si presenta dal punto di vista della vittima?

«Quando parliamo di manipolazione affettiva, innanzitutto, parliamo sempre di una forma di violenza psicologica, subdola e meschina, che non lascia segni sul corpo ma che può avere conseguenze altrettanto fatali. La persona che manipola si serve di colpevolizzazioni, umiliazioni, ricatti e svalutazione per controllare e isolare la vittima. E non si tratta, contrariamente a quanto si pensa, di una forma di violenza che nasce solo nelle relazioni sentimentali, ma si può presentare in vari contesti, anche quello familiare, scolastico o lavorativo».

E volendo provare a tracciare un quadro psicologico del carnefice, ci sono dei tratti comuni?

«Ovviamente ci sono molte ragioni che portano una persona a manipolare, bisogna sempre valutare i vissuti individuali. Spesso però si tratta di persone a loro volta vittime di violenza o di discriminazione. Certo non possiamo negare che a monte ci sia un fenomeno sistemico e culturale, frutto tra le altre cose della mascolinità tossica che ha portato intere generazioni di uomini a reprimere le proprie emozioni e a reagire con aggressività a quelle degli altri. Proprio dalla repressione di queste emozioni spesso possono scaturire comportamenti violenti e manipolatori».

Che scopi ci sono dietro questa forma di violenza?

    «Senz'altro il controllo, da cui la persona che manipola ha una sorta di dipendenza perché lo fa sentire importante e potente. A sua volta la vittima è legata a doppia mandata a chi la manipola, non riuscendo né a riconoscere la violenza come tale né a staccarsi da quelle attenzioni. Si tratta di una forma di co-dipendenza da cui è difficile sfuggire».

    E che conseguenze ha sull’equilibrio psicofisico di chi ne è vittima?

    «Questa forma di manipolazione e controllo non fa altro che minare l’autostima della vittima, aumentando i suoi livelli di stress psicofisico cronico e portandola in molti casi anche alla depressione. Ci si sente inadeguate, non abbastanza. A volte si minimizza la violenza psicologica perché la si reputa più sopportabile di altre forme più visibili e riconoscibili, anche se un'umiliazione, un silenzio o un'offesa possono essere punitivi e dolorosi come e più di uno schiaffo».

    Tornando a Viv di Sex Education, è il suo migliore amico ad accorgersi che il fidanzato è un manipolatore e la aiuta ad aprire gli occhi. Ma se la vittima non ha nessuno accanto che la sostiene, come fa a rendersi conto di essere tale?

    «Quando non si ha una rete di supporto è difficile individuarsi come parte di una relazione non sana. Questo accade perché rendersi conto di stare subendo una forma di violenza psicologica, come dicevamo, è davvero molto complesso. E faticoso è liberarsi di una persona che manipola, che ti convince giorno per giorno di non essere niente senza il suo amore. Come capita a Viv nella serie, le vittime di lovebombing tendono ad aggrapparsi ai momenti iniziali della relazione in cui il partner si presenta come perfetto per giustificarlo, per provare a capirlo e magari a "salvarlo". Per uscire da questo vortice è necessario continuare a parlare di questi temi, affrontare l'argomento su più livelli e tramite più mezzi, così che le vittime abbiano la possibilità di riconoscersi nei racconti e nelle testimonianze di persone che hanno vissuto ciò che stanno vivendo loro. In questo, prodotti televisivi come Sex Education sono esemplari, soprattutto con i più giovani».