Quando, a fine novembre 2021, Stand.earth ha pubblicato i risultati di un recente studio sulle complesse catene di approvvigionamento globali dei grandi nomi del fashion industry, è subito sceso il silenzio (e il Guardian ha scritto un approfondimento). Il gruppo di ricerca based tra Bellingham e San Francisco ha dimostrato, pubblicando centinaia di migliaia di dati, che i volti più noti del mondo della moda sono tra i principali responsabili della distruzione della foresta pluviale Amazzonica. Il movente? La pelletteria. Vista la portata (e la gravità) della situazione, abbiamo pensato che fosse necessario fare un recap e spiegare in modo chiaro e conciso quanto accaduto.

Con il suo studio mirato sui dati doganali, Stand.earth ha scoperto che quasi 50 rinomati marchi risultano collegati in diversi modi a JBS, il più grande esportatore di pelle brasiliano accusato di aver determinato la maggior parte della deforestazione Amazzonica. A destare sospetti è stato il fatto che, nonostante i marchi indagati siano gli stessi ad aver fatto dell’impatto ambientale un vero e proprio mantra promozionale, dichiarando di aver inaugurato recentemente nuovi processi produttivi altamente (o totalmente) sostenibili, il tasso di deforestazione in Amazzonia non ha mai smesso di crescere in modo repentino. Come afferma il ricercatore Greg Higgs «il tasso di deforestazione è in aumento, quindi le politiche [dei brand] non hanno alcun effetto materiale».

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Su 84 indagati, solo 23 avevano delle politiche trasparenti, e comunque i dati dimostrano che quegli stessi 23 big stanno mentendo e violando qualsiasi impegno, come l’adesione al Leather Working Group. Dallo studio del gruppo planet-care, emergono serie possibilità che ogni singolo prodotto di pelle di un marchio di moda provenga da un allevamento di bestiame in Amazzonia. Per il resto, i dati parlano chiaro: considerate che per soddisfare la domanda di portafogli, scarpe e altri accessori i brand dovrebbero macellare circa 430 milioni di mucche all’anno entro il 2025 e che l’industria del bestiame è la causa principale della distruzione della foresta pluviale più famosa della storia e tirate le somme.

Il tutto va inserito in un contesto specifico e non poco complicato. Come in molti ricorderanno, negli ultimi anni il presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, è stato criticato duramente per non aver protetto la foresta Amazzonica dagli incendi e per aver cacciato gli indigeni che vi abitavano con l’obiettivo di favorire attività l’agricoltura, l’estrazione mineraria e altre attività di sviluppo

Per risolvere il crimine su scala globale, la soluzione non è spostare la depravazione altrove, contribuendo alla deforestazione di altre aree, dal Guatemala al Messico, ma investire in materie prime alternative e in tecniche innovative compatibili con l'ambiente naturale. Basterebbe «trovare altre soluzioni e altri pellami alternativi che non siano di origine animale o di plastica», come spiega Céline Semaan, chief executive e co-fondatrice di Slow Factory che ha collaborato alla ricerca, che conclude: «con le risorse che hanno le aziende di moda, non ci sono davvero scuse».