Per alcuni è la voce di "Papaya", il brano virale che ha invaso Tik Tok. Per altri è il simbolo di una generazione che cerca il proprio posto nel mondo, in mezzo a mille insicurezze, tra le canzoni di album che mescolano lingue e suoni. Villabanks, all’anagrafe Vieri Igor Traxler è un ragazzo di ventitré anni che usa fin da piccolo la musica per esprimersi, come valvola di sfogo, il suo modo di rimanere centrato in una società che lascia pochi punti fermi. Con canzoni in cui rispecchiarsi per tanti suoi coetanei, da “9 mesi” il primo singolo a “Candy”, “Quanto manca”, “Senzazione momentanee” a “Caramelo”, in poco tempo è diventato una delle voci più interessanti della scena urban rap. Con più di un miliardo di stream, Villa, come lo chiamano gli amici o Vieri, come lo chiama la sua famiglia, ha sentito il bisogno di dire qualcosa anche fuori dal mezzo canzone.

La filosofia di Villabanks è il suo primo libro, scritto per SEM, che racchiude riflessioni, poesie, ricordi, che danno ben chiara la sua visione del mondo e lanciano uno sguardo sulla sua quotidianità. Pagine di ricordi che si mescolano a pensieri che toccano i temi di tutta una generazione: famiglia, sesso, donne, talento, musica e soprattutto libertà. La sua filosofia ruota proprio attorno al concetto di poter essere liberi di essere chi si vuole, come si vuole. Lui è un ragazzo che ha iniziato a scrivere in prima media e non si è più potuto fermare. Ama svegliarsi con il sole senza chiudere le persiane, si fa la barba cinque giorni su sette, passa mezz’ora a sistemarsi i capelli, gli dà fastidio perdere tempo e la pressione sociale, ma soprattutto cerca di stare bene. E parla, parla tantissimo, pesando le parole per non farsi fraintendere, certo di avere qualcosa da dire.

Che momento stai vivendo?

«Mi sento libero. Anche dal punto di vista professionale ho concluso un capitolo importante e mi sto guardando attorno, anche all’estero, per capire che direzione prendere. Abbiamo annunciato un live il 27 febbraio a Milano, il resto è ancora tutto da costruire. Ho tutte le carte in mano da giocarmi, con tanta voglia di fare e uno spirito di innovazione che mi guida».

La libertà è un concetto molto centrale tra le pagine del tuo libro.

«Decisamente è il messaggio principale, è tutto quello che faccio. Il motivo per cui ho scritto il libro è anche quello di essere libero, di non mettermi limiti nella forma dei miei scritti».

Che cosa ti ha dato questa scrittura?

«Mi sta dando l’opportunità di parlare direttamente con il pubblico, è un confronto diretto con le persone che mi seguono, ma anche con quella parte di pubblico più giovane che non è mai potuta venire ai miei concerti e che con gli eventi che stiamo organizzando ha la possibilità di incontrarmi: Per me è molto importante sapere cosa pensano, cosa si aspettano».

Cosa vedi negli occhi dei ragazzi che ti seguono?

«Mi sento circondato da tanta insicurezza. Non c’è più un pensiero comune su quello che debba essere la famiglia, la società, la scuola. La mia generazione crea tanti dubbi, è piena di pensieri frammentati che in realtà sono positivi perché è proprio nelle spaccature che nascono le idee nuove che portano al cambiamento. È una generazione senza certezze, insicura su come veicolare le proprie emozioni, su come esprimersi. Che comunica tramite social…».

È più facile?

«Sicuramente confrontarsi dal vivo è più difficile. E non a caso spesso vedo l’alcol usato come una scusa per essere se stessi, per comportarsi come vorrebbero».

Tu riesci a essere te stesso?

«Sono in ricerca perenne. Provo a non ripetere i miei errori, ne facciamo tutti. Provo a non subirne. Ogni frattura va riparata, è compito nostro. Ognuno di noi deve lavorare su se stesso. Ovvio che è più facile ubriacarsi, dare la colpa alla vita, oppure mancare di rispetto, ma non ci sono scuse. Ogni giorno ognuno di noi decide chi vuole essere. Lo dico nel libro, è importantissimo far tesoro di ogni momento per riconfermare a noi stessi e agli altri chi siamo e chi vogliamo essere».

Ne esci femminista.

«Essere maschio è un privilegio nella società di oggi, non possiamo far finta che non sia così. Io non ho paura di uscire di sera, sono maschio, etero, alto 1.90. Quando esce mia sorella la devo accompagnare. E non perché non possa uscire da sola, ma perché me lo chiede, ha paura. E allora usiamo questo privilegio per lottare, mettiamoci accanto alle donne nella loro lotta femminista. È importantissimo».

Essere cresciuto circondato da donne ha contribuito a renderti attento al tema?

«Per forza. Sono cresciuto completamente circondato da un pensiero femminista. Le regole in casa erano dettate dalle donne, finché non appariva mio padre. Conosco una donna che quando ha perso il marito, l’amore della sua vita, paradossalmente si è sentita libera di poter fare e essere quello che voleva. Di vivere e essere libera dopo cinquant’anni di matrimonio con la sua anima gemella. Non ha senso, ma questo è l’ideale di coppia con cui siamo cresciuti, di una donna che sacrifica tutto per il suo uomo. È tutto sbagliato e spero vivamente che le cose cambino».


Cosa ti auguri?

«Che la mia generazione sradichi questi ideali sbagliati per creare una nuova struttura familiare. Un nuovo nucleo per crescere i bambini».

Tu che ricordi hai della tua infanzia?

«Mia sorella dice che ero un bambino che andava sempre rassicurato. E lo sono ancora, sono proprio io».


Avevi paura di qualcosa?

«Facevo tutto, ma bisognava dirmi che era tutto ok, che potevo farlo».

Ti annoiavi?

«Quando mia sorella se ne è andata di casa, mio padre non c’era mai stato più di tanto e all’epoca era in un altro paese, mia madre era spesso fuori… stavo spesso da solo, anche di sera. Invece di cenare o andare a dormire mi attaccavo allo schermo e potevo andare avanti fino al giorno dopo. Ho capito di poter rendere produttiva quella noia, quei momenti di vuoto, smettendo di sprecare la mia esistenza ma vivendoli come opportunità».

Come vivi la noia?

«Fin da bambino la noia è roba da sfigati, devi per forza essere quello che si diverte, che fa qualcosa. Oggi io io ho uno stile di vita molto noioso, mi piace bermi una tisana, svegliarmi presto, andare a dormire presto. Mi danno ancora dello sfigato».

Parli anche di sesso.

«Quello che una volta era indicibile sta diventando sempre più accettato e mainstram. È un momento di grande apertura. Un messaggio super aperto arriva anche dagli artisti, penso a Rosa Chemical a Sanremo. Ho solo la paura che questa libertà di espressione serva a polarizzare gli animi e mettere tutti contro. Mi spaventa che per parlare di sesso bisogna truccarsi, che se sei rapper con il cappellino invece non puoi parlare delle donne. Faccio spesso talk sul sesso, con Livio Ricciardi un sessuologo che accompagna le mie parole con competenza e alla fine c’è sempre qualcuno che mi accusa di fare canzoni rap e quindi di non poter portare avanti discorsi femministi».

E come rispondi?

«In quanto maschio, in quanto cantante, io ho un’esposizione e privilegio che mi portano a sentire ancora di più la responsabilità di dover portare avanti questi messaggi».

Ultima curiosità, il libro è dedicato a Isamel Kabore.

«Era un ragazzino della mia scuola. Il modo in cui se ne è andato conferma che dobbiamo goderci la vita ogni giorno, che va usata al meglio. Ogni attimo va tenuto stretto… Vogliamoci bene».