Arianna Del Giaccio ha 19 anni e tante cose da dire. Da due anni le canta in brani che raccontano il suo mondo e le sue emozioni ma che in modo molto naturale raccontano anche quello di tanti altri ventenni. La generazione Z in lei si riconosce e si specchia. Si chiama Specchio il suo primo album, che arriva dopo gli EP Spazio e 18 anni. Undici tracce sincere, che fanno sentire capito chi la ascolta. Da “Giornate Noiose” e un amore finito, all’incontro magico di “Castelli di Lenzuola”, passando per i due feat del disco, Madame a cui è grata, per il cuore che ha messo in “Cicatrici” e Franco 126, il cantante che solo due anni fa lei guardava dalle transenne delle prime file dei suoi concerti, in “Fragili”. Fino a “Iride” e alle sue immagini nitide, nella la traccia che chiude il disco. Disponibile, decisamente introspettiva, decisamente sensibile, è forse anche per questo che Samsung l’ha scelta per il Music Galaxy Thursday, in mezzo a un pool di artisti internazionali. Contenuti creati ad hoc per lasciare che i fan scoprano nuovi lati di lei, grazie a materiali esclusivi, in attesa di poterla vedere live dal 12 marzo nel suo "Ariete - club tour". L’abbiamo incontrata.

Cosa hai preparato per questa collaborazione?

«Siamo stati una giornata a girare alcuni contenuti tra cui interviste un po’ di spiegazioni sulla nascita del disco, sulle sue influenze, raccontando come e quando l’ho scritto. Si può vedere online il risultato della session acustica per Castelli di Lenzuola».

Sei stata scelta tra artisti internazionali.

«Lo vivo come un grande onore. È un progetto figo unire i cantanti e le loro storie, far scoprire come lavorano. Non potrei essere più contenta».

Che emozione ti dà invece il primo vero disco?

«Sono molto sicura del prodotto che ho fatto. Non vuol dire che sono sicura che andrà benissimo o che sarà il disco dell’anno, ma ci ho lavorato tanto con il cuore e si sente».

“Specchio”, perché?

«Due motivi. Il primo è una sfida nei miei confronti. Lo specchio sono le 11 tracce, mi guardo allo specchio pubblicando questo disco, con il coraggio di accettare che in questo momento sono così. Ho scritto queste canzoni e ho voglia che tutti ci si rivedano. Che è il secondo motivo. Da due anni a questa parte faccio musica in maniera seria, di professione. E il commento che ho più ricevuto e che più mi rempie di gioia arriva dalle persone che mi scrivono che si rivedono delle mie canzoni. Io racconto la mia vita senza avere l’obiettivo di tirare fuori un inno generazionale o di essere la portavoce delal generazione Z, ma automaticamente mi rendo conto che facciamo tutti le stesse cose, viviamo la stessa vita. In tanti si rivedono in me, a prescindere da orientamento sessuale, etnia, gender di una persona. Se a qualcuno interessa una mia canzone, lo specchio allora è anche suo».

Tu e la tua generazione quindi come state?

«È un argomento che mi sta a cuore. Siamo una generazione fighissima ma non so perché tanta gente dice di no. Lo stato si è disinteressato a noi. Ma parlo con gente che mi dice che il disinteresse è invece nostro. Non è così. Non siamo egocentrici, parlano i fatti. In questi due anni sono aumentati i suicidi, le psicoterapie, il disagio. Una ragazza con cui mi beccavo si è suicidata.
È facile dare la colpa a noi, noi siamo il futuro e se tra vent’anni andrà tutto male potranno dire che è colpa nostra. Ma non è così. È come se volessimo fare tante cose, scendiamo in piazza, facciamo il Gay Pride, il Fridays for Future, è come se avessimo la valigia pronta per partire, ma ci hanno tolto i voli. C’è il fine ma non c’è il mezzo. Vogliamo arrivare da qualche parte ma non ci fanno arrivare».

Temi che ti stanno a cuore?

«La legalizzazione della cannabis va risolta, non puoi togliere la patente alle persone se l’uso è personale. Le restrizioni del covid per le persone che non stanno bene, l’ho vissuto sulla mia pelle perché mio fratello ha avuto tanti problemi fisici e psicologici ed è ancora più difficile quando non puoi andare a scuola, in palestra, uscire. La musica e i concerti. Non posso lamentarmi, io un tour l’ho fatto e ho avuto un lavoro mentre la gente lo perdeva. Però non vedo il senso logico di aprire un teatro ma non un club».

Se ti guardi allo specchio cosa vedi?

«Una ragazza soddisfatta di quello che ho fatto. Un’Arianna felice. Ariete è felice. Il mio personaggio sono io».

Nelle “Giornate noiose” che fai?

«Esco, vado a quel solito ristorante, trovo gente amica. Oppure sto a casa, scrollo, leggo. Gioco alla play, faccio una passeggiata. Dipende molto dal mood della giornata. A volte sto semplicemente ad assorbire la noia passivamente».

L’amore come lo vivi?

«Canto quasi sempre storie vere, ogni tanto racconto di altri. In questo momento sono innamorata».

Con Madame canti “Cicatrici”. Quali sono le tue?

«Oltre a quelle fisiche che ho ovunque, le mie cicatrici sono i segni delle storie d’amore finite, il rapporto con mio padre che ora è stabile ma prima faceva veramente male ed era molto difficile da gestire. La scuola, anzi vorrei non averla più quella cicatrice, vorrei chiudere e appallottolare tutto. Mi sono divertita, ma soprattutto negli ultimi due anni ho super sofferto. La situazione poco stabile di mio fratello, sono cresciuta da sola, perché c’erano problemi più grandi di me che stavo a casa da sola a 12 anni. Quella parte della mia vita è sicuramente una cicatrice».

Con Franco 126 invece canti “Fragili”. Hai paura di mostrare la tua fragilità?

«Sono una persona che tende a tenersi tutto molto dentro, ad autorisolvermi i problemi. Forse perché conosco gli psicologi da quando sono piccola perché ci andava mio fratello e c’erano le sedute di famiglia. Tendevo a risolvermi tutto da sola. E non ci sono mai andata da uno psicologo da sola non perché non penso sia importante ma perché ho trovato un mio metodo, scansiono le cose nella mia testa, risolvo il problema».

Un difetto o pregio?

«Mi fido delle persone, dovrei saperlo, ho 20 anni faccio la cantante, non dovrei fidarmi di tutti. E invece lo faccio. Potrebbe essere un pregio, ma siccome di batoste ne ho già prese tante, temo sia un difetto».