In biologia, con il termine “specie aliena” si intende una qualsiasi specie vivente che viene introdotta dall'uomo in un territorio diverso dal suo areale. Questi “invasori”, se trovano un habitat favorevole e iniziano a riprodursi, possono competere con le specie native e stravolgere la biodiversità del luogo e l’economia locale.

Il tema è stato a lungo dibattuto durante quest’estate, di fronte alla rapida diffusione del granchio blu (Callinectes sapidus), specie di origine atlantica che presumibilmente è arrivata nel Mediterraneo grazie alle acque di zavorra delle navi commerciali. Gli scienziati pensano che all’interno di tali acque fossero presenti delle larve di questo crostaceo, che poi sono state scaricate nel porto di arrivo del cargo, propagandosi in tutto il bacino.

Nel caso del Mar Mediterraneo la costruzione del Canale di Suez ha permesso il libero passaggio di molte specie dal Mar Rosso, che vengono indicate con il termine di “specie lessepsiane”. Ormai sono più di 400 in Mediterraneo e il numero è raddoppiato negli ultimi 30 anni. Molte di queste riescono a prosperare per l’assenza di predatori e grazie alla tropicalizzazione delle acque, come per esempio il pesce scorpione, un vorace predatore velenoso ghiotto dei giovani pesci locali.

La gestione delle specie aliene è una sfida importante che dobbiamo risolvere: in primo luogo, cercando di prevenire lo spostamento di specie, ma, quando ciò non è possibile, si può cercare di limitare la diffusione attraverso la pesca a scopo alimentare. Ognuno di noi può fare qualcosa per risolvere il problema, in caso di avvistamento di una specie aliena è importante segnalarne la presenza all’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). Infatti, la segnalazione precoce dà la possibilità di pensare già durante le prime fasi di colonizzazione alle strategie più adatte a contenere le esplosioni di queste specie invasive.

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