Il lavoro delle donne vale meno di quello degli uomini. Detta così sembra una fase fatta, ma ci sono dei numeri che lo quantificano rendendo impossibile ignorare il fenomeno. Se si guarda al settore privato un'ora di lavoro delle donne vale il 15,5-16% in meno di quella di un uomo. Nel settore pubblico va meglio, siamo al 4-5% in meno, come sottolinea Rita Querzé sul Corriere, ma in entrambi i casi la risposta è una sola: il gender pay gap è ben lontano dal venire chiuso.

Nel 2022 la disparità salariale tra uomini e donne si è attestata a 7.922 euro, la retribuzione media annua complessiva per gli uomini è stata di 26.227 euro e per le donne di 18.305 euro. È importante, però, tenere a mente che, se le donne guadagnano meno degli uomini, se le loro ore lavorative valgono meno di fatto, non è perché, a parità di mansioni, ottengono uno stipendio inferiore, questo in Italia fortunatamente è proibito. Ci sono, invece, altri problemi come, ad esempio, la segregazione verticale, il famoso soffitto di cristallo.

In Italia, secondo il Global Gender Gap Report 2022 del World Economic Forum, le donne occupano meno di un terzo delle posizioni di leadership (32%) e gli uomini hanno il 63% di probabilità di ricevere promozioni interne a ruoli di leadership rispetto alle donne. Nel settore pubblico questo problema è mitigato, come spiega sempre Querzé, dagli scatti di carriera che avvengono tramite concorsi, ma nel settore privato le cose stanno diversamente. Nelle aziende private, promozioni e aumenti avvengono in parte anche su base discrezionale e questo penalizza le donne.

Il lavoro delle donne è ancora tenuto poco in considerazione, in primis a livello culturale. È forte ancora l'idea che la donna, non appena rimane incinta, debba dedicarsi alla casa e ai figli, mentre l'uomo continua a lavorare e guadagna per mantenere la famiglia. Anche se questa concezione può apparire del tutto lontana dall'ideale di vita di molte donne delle nuove generazioni, a oggi il lavoro di cura è ancora in gran parte sulle spalle femminili: nello specifico il 70% del lavoro domestico, secondo l'Ocse. Senza congedo di paternità e senza un welfare che davvero sostenga le famiglie in modo concreto, per le donne è ancora difficile conciliare lavoro e cura dei figli. In Italia, secondo l'Osservatorio sui lavoratori dipendenti del settore privato dell'Inps, le lavoratrici part time nel 2022 erano il 49%, rispetto al 21% degli uomini.

Tutto questo alimenta un circolo vizioso per cui le lavoratrici vengono percepite come meno focalizzate sulla carriera e si sceglie di puntare meno su di loro. Certo ci sono, a oggi, degli strumenti che possiamo usare per iniziare davvero a smantellare il gender pay gap. Rita Querzé sul Corriere nomina il Rapporto biennale delle aziende per tenere traccia del divario di genere nelle carriere e nelle retribuzioni, la Certificazione di Genere introdotta dal Pnrr perché le aziende si facciano carico di un percorso per la riduzione del gender gap e l'ultima direttiva UE sulla Parità Retributiva di genere che va recepita dal nostro ordinamento. Tuttavia, per vedere reali miglioramenti, serve un impegno concreto che vada oltre le parole e che si basi prima di tutto su un'idea di donna e di famiglia paritaria.