Quando sentite la suoneria del vostro telefono sussultate (e quindi preferite averlo sempre silenzioso)? Sperate sempre che qualcun altro si offra di chiamare per ordinare le pizze? Vi viene l'ansia all'idea di dover fare una telefonata? Usate il vostro smartphone praticamente per tutto tranne che il suo uso principale? Potrebbe trattarsi di telefonofobia, la paura di parlare al telefono che sta colpendo le nuove generazioni. In Giappone, in particolare, il fenomeno sta raggiungendo proporzioni notevoli, con il 70% dei ragazzi tra i 20 e i 30 anni che ha la fobia delle telefonate.

in giappone cresce la telefonofobiapinterest
Tiffany Boubkeur//Getty Images

A dirlo è la società di informazione e telecomunicazioni SOFTSU Co, Ltd con sede a Chuo Ward, Tokyo che ha analizzato il problema concludendo che possa derivare da «minori occasioni di impegnarsi in conversazioni telefoniche a causa della prevalenza di funzionalità di chat e messaggistica nei servizi di social networking». Alla domanda: «Le telefonate ti mettono a disagio?» Il 57,8% ha risposto «molto» o «abbastanza» e in generale il 74,8% dei giovani ventenni ha risposto affermativamente. È interessante notare che il 44,8% degli intervistati, quasi la metà del totale, ha ammesso di sentirsi a disagio in particolare con i telefoni fissi al lavoro. «Anche quando voglio chiamare l'azienda per cui lavoro come stagista, non riesco a capire il momento giusto. Non so cosa farà la persona che sto chiamando e non voglio disturbarla», ha riferito al Japan Times una ragazza di vent'anni che studia all'Università di Economia di Hiroshima.

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C'è chi racconta di faticare a parlare correttamente al telefono per via del forte disagio, chi dice di essere in difficoltà a parlare senza vedere l'interlocutore in faccia e chi teme di venire colto alla sprovvista da domande a cui non sa rispondere. In Giappone le università e le aziende si stanno attrezzando con soluzioni creative per risolvere il problema, dato che l'ansia è forte al punto che le nuove generazioni tendono a non rispondere alle chiamate nemmeno in situazioni emergenziali. «Non è colpa dei giovani. È una questione che ha a che fare con l’esperienza», spiega Atsushi Kotera, professore di ricerca sul comportamento informativo presso l'Università di Toyo Eiwa. A suo dire i ragazzi sono più a loro agio con altri mezzi dove, ad esempio, possono comunicare per iscritto perché ci sono ormai più abituati. Ormai sono sempre meno le famiglie che hanno un telefono fisso in casa e i bambini non si abituano più a rispondere al telefono agli sconosciuti.

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«C’è una scarsa abitudine a farlo, sostituita nei giovani da tanti altri modi comunicare: i post, i messaggi, o anche i messaggi vocali», aveva spiegato a Cristiana Bedei su Vice Gabriele Raimondi, presidente dell’Ordine degli Psicologi dell’Emilia Romagna. Siamo più abituati ad altri tempi di risposta dove siamo meno esposti all'aspettativa immediata dell'interlocutore. Se non sappiamo cosa rispondere, saremo meno "schermati" parlando al telefono rispetto che su WhatsApp dove «i tempi di elaborazione della risposta possono darci più tranquillità». Inoltre via chat non dobbiamo preoccuparci del nostro tono di voce o di interpretare male una risposta dell'interlocutore senza avere tempo di rifletterci su. Il rischio di farsi condizionare da questa fobia, però, mette in gioco la nostra capacità di entrare in relazione diretta e di stabilire contatti umani immediati e spontanei. Per questo, forse, dovremmo iniziare ad allenarci, una telefonata al giorno alla nonna o a quell'amica a cui mandiamo vocali da 8 minuti: se ci viene l'ansia, è perché, evidentemente, non lo stiamo facendo abbastanza.