Il problema del burnout è che tutti lo sanno riconoscere, ma quasi sempre solo a posteriori. All'inizio pensi che sia solo normale stress, un periodo un po' più intenso che riuscirai a gestire. Poi la situazione si prolunga e, giorno dopo giorno, mese dopo mese, accumuli fino al punto limite. A quel punto, ti guardi indietro, ma spesso è troppo tardi, bisogna correre ai ripari. L'Oms definisce il burnout «una sindrome concettualizzata come conseguenza di stress cronico sul posto di lavoro non gestito con successo». Si tratta quindi di uno stress prolungato, non temporaneo, di qualcosa che non andrà via semplicemente aspettando quella determinata consegna o la chiusura di un certo processo. Possiamo imparare a capire quali sono i nostri comportamenti che ci conducono al burn out, ma possiamo anche diventare più esperti nell'individuare gli ambienti che favoriscono una burn out culture.

cos'è la burnout culture e come riconoscerlapinterest
Oli Scarff//Getty Images

Secondo uno studio dell'Università della California, sono sei le cause principali del burnout sul posto di lavoro: un carico di lavoro insostenibile; mancanza di controllo; ricompense insufficienti per lo sforzo; mancanza di una comunità solidale, mancanza di equità; valori e abilità non corrispondenti. Tutto questo fa parte di un più generale approccio che premia l'iperproduttività al di sopra di tutto e non tiene conto di una sana ripartizione tra lavoro e tempo libero. Si tratta di una cultura molto diffusa e, una volta dentro, è difficile andare contro tendenza. È possibile però cercare di individuarla fin dagli annunci di lavoro e dai colloqui. Espressioni come "cultura ad alta pressione", "capacità di lavorare sotto stress", "Vogliamo diventare la vostra famiglia" possono ad esempio costituire dei campanelli di allarme. Lo stesso vale per la mancanza di indicazioni chiare sullo stipendio o una certa vaghezza sugli orari e altri dettagli fondamentali sulle mansioni previste.

cos'è la burnout culture e come riconoscerlapinterest
Christopher Furlong//Getty Images

L'Harvard Business Review consiglia di farsi coraggio e porre alcune domande al momento del colloquio per avere qualche dettaglio in più sulla cultura aziendale. È importante avere informazioni chiare sugli orari («Quali sono gli orari di lavoro standard? Quanto spesso le persone devono lavorare nei fine settimana?»), sul rapporto con personale («Come gestite eventuali errori all'interno del team? Come distribuite il carico di lavoro e le scadenze?») e il grado di autonomia consentito («Ho flessibilità quando svolgo il mio lavoro durante il giorno?»). Domande semplici e dirette che permettano di sondare il terreno tramite eventuali segnali di evasività o impazienza. Del resto il colloquio dovrebbe essere un'occasione anche per il lavoratore di capire se quel posto fa per lui. È vero che non sempre è possibile: dire di no a un lavoro perché l'ambiente rischia di risultare tossico può essere un privilegio di cui non sempre godiamo. La nostra salute mentale, tuttavia, è sempre importante da ascoltare e salvaguardare ricordandoci che, altrimenti, nel lungo termine ci presenterà il conto.