L'Italia aveva un piano antiviolenza, il Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne. Ce l'aveva dal 2017 quando era stato messo in atto per coordinare le politiche di contrasto alla violenza di genere. Si trattava di un documento molto importante, pensato sulla base delle linee guida della Convenzione di Istanbul che per la prima volta prevedeva delle politiche comuni valide su tutto il territorio nazionale basate sulle famose “3 P” ovvero «prevenire la violenza, proteggere le vittime e perseguire i crimini». L'Italia aveva un piano antiviolenza, ma questo piano è scaduto lo scorso dicembre 2020. Esatto, nonostante l'alto numero di femminicidi, nell'ultimo anno non è stato previsto un nuovo documento e finora non avevamo notizie su quello che sarebbe successo. Il 5 novembre, però, il blog Alley-Oop de Il Sole 24 Ore ha fatto sapere che un nuovo piano per il 2021-23 è stato presentato dalla ministra per le Pari opportunità, Elena Bonetti. Finalmente, certo, ma c'è un problema: come fa notare l'associazione nazionale D.i.Re - Donne in Rete contro la violenza con una lettera aperta, i centri antiviolenza non sono stati coinvolti.

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«Apprendiamo che a distanza di 11 mesi dalla scadenza il nuovo Piano antiviolenza sarebbe pronto», si legge nella lettera, «sorprende il metodo usato che avrebbe dovuto tenere conto di una condivisione fortemente consigliata anche nel rapporto GREVIO ma certamente auspicabile soprattutto per la presenza dei centri antiviolenza D.i.Re ai tavoli che hanno preceduto la stesura finale». Secondo l'associazione, i Cav sono stati «consultati ma non ascoltati» dato che «I percorsi partecipati prevedono la condivisione di sostanza e il rispetto di regole di metodo che sono state disattese». Insomma, nel processo sarebbe mancata una sinergia tra istituzioni e centri antiviolenza finendo per ignorare i contributi di chi si occupa ogni giorno di assistere le donne che vivono situazioni di violenza.

che succede con il piano antiviolenza italianopinterest
Simona Granati - Corbis//Getty Images
La ministra Elena Bonetti

Il nuovo piano si baserà questa volta su quattro assi: la prevenzione, la protezione delle vittime, la punizione dei colpevoli ma anche «l’assistenza e promozione». Inoltre metterà l’accento sul contrasto alla violenza economica e darà maggiore spazio alla prevenzione. Dalla lettera aperta, tuttavia, sorgono molte perplessità suo ruolo dei Cav. «Che fine ha fatto il nostro contributo?», si chiede D.i.Re, sottolineando che «da oltre un trentennio promuoviamo formazioni e progetti volti alla conoscenza del fenomeno, agiamo in rete per decostruire stereotipi che rappresentano la radice della violenza, così come oggi finalmente viene riconosciuto».

Anche il piano antiviolenza precedente aveva mostrato diverse problematiche specie in termini di chiarezza e trasparenza: non sempre era chiaro chi dovesse erogare i fondi e nemmeno i criteri per l’assegnazione tanto che, come ha fatto notare Linkiesta, nel 2018 la Nazionale cantanti aveva ottenuto la stessa cifra di D.i.Re, la principale rete di centri antiviolenza del Paese. Il rischio è che anche questa volta si perda il contatto con i centri in prima linea nel supporto alle donne. «Se sono vere le anticipazioni del Piano contenute nell’articolo crediamo si sia persa un’importante occasione di riconoscere ai centri antiviolenza, definiti tali dalla Convenzione di Istanbul, il ruolo centrale nel sistema antiviolenza», conclude la lettera, «ci auguriamo di essere smentite».