"Siamo cresciute credendo che l'imene sia la prova della verginità. Ma è venuto fuori che ci sbagliavamo. Ciò che abbiamo scoperto è che la storia popolare insegnataci sulla verginità femminile è basata su due miti dell'anatomia. La comunità medica sa la verità da più di 100 anni e comunque questi due miti continuano a render la vita difficile alle donne di tutto il mondo". A parlare è la dottoressa Nina Dølvik Brochmann, esperta di educazione sessuale, nel famoso Ted Talk The virginity fraud.

È probabile che molte di noi si troveranno d'accordo: "rottura dell'imene" e verginità sono tradizionalmente legati a doppio filo e, del resto, immagini di lenzuola macchiate di rosso a mostrare che un matrimonio è stato "consumato" sono ben impresse nella nostra mente come una sorta di bagaglio culturale di default. C'è poco da fare: sulla verginità femminile sono stati costruiti miti millenari, sostanzialmente pensati ad hoc per limitare il desiderio delle donne e "tutelare" la legittimità dei figli all'interno del matrimonio. Queste (false) credenze si fanno ancora parecchio sentire e non solo perché grazie a esse siamo state tutte convinte che, con la prima penetrazione, avremmo "perso" qualcosa, ma anche perché in molti luoghi del mondo il concetto stesso di verginità viene a oggi usato contro le donne che sono costrette a sottoporsi a pratiche degradanti e prive di fondamento medico. Stiamo parlando dei test di verginità.

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Proprio in questi giorni, la Corte Suprema di Lahore, in Pakistan, nella provincia del Punjab, ha stabilito che il test di verginità che tradizionalmente viene svolto per esaminare le donne che hanno subito una violenza sessuale è "illegale" e "discriminatorio" e pertanto deve essere abolito. Il punto è che il virginity test è ancora molto diffuso, basti pensare che nel 2017 Human Rights Watch (HRW) ha denunciato che le forze militari indonesiane conducono ancora test di verginità durante il processo di selezione delle reclute. I paesi dove il cosiddetto "test delle due dita" viene comunemente utilizzato si trovano principalmente in Africa, Asia e Medio Oriente ma il problema è ben più esteso. Sempre nel 2017, infatti, negli Stati Uniti su 288 ostetrici e ginecologi intervistati per uno studio, 45 (16%) hanno ammesso di aver ricevuto almeno una volta la richiesta di eseguire un test di verginità (e 13 di loro hanno confessato di aver acconsentito all'esame). Di recente anche la Francia ha preso in considerazione di vietare i cosiddetti "certificati di verginità" con un dibattito che ha mostrato come il problema sia prima di tutto culturale.

Ma che cos'è esattamente un test della verginità? Si tratta di un controllo (medico, nel migliore dei casi) che va ad accertarsi che l'imene (vale a dire la membrana che circonda o ricopre in parte l’apertura esterna della vagina) della paziente in questione sia ancora intatto. Il problema è che nel 2018 l'OMS ha pubblicato un rapporto in cui afferma chiaramente che questi test sono "una pratica medicalmente inutile, umiliante e traumatica, basata su un vero e proprio 'mito'". Detto in poche parole: il virginity test non ha alcun fondamento scientifico e quello che ci hanno insegnato su imene e verginità è evidentemente sbagliato. Proprio come sostengono le autrici del Ted Talk di cui parlavo all'inizio, infatti, sono almeno due i falsi miti che vanno sfatati una volta per tutte: l'idea chel'imene si rompa e sanguini la prima volta che una donna fa sesso vaginale e, di conseguenza, l'idea che l'attività sessuale di una donna si possa dedurre dallo stato del suo imene.

Entrambe queste credenze che hanno condizionato la vita delle donne per secoli sono scientificamente errate. L’imene, non solo cambia nel tempo (ad esempio si atrofizza con l’età), ma la sua forma varia da donna a donna: può essere più o meno elastico e più o meno spesso, può essere semilunare, anulare, bilabiato e in certi casi può non esserci proprio. Soprattutto, l'imene non è una pellicola che chiude l'ingresso della vagina e viene "rotta" durante la prima penetrazione come un sigillo, ma è piuttosto una sorta di "corona" che resta adiacente alle pareti vaginali. Non è affatto detto quindi che la prima penetrazione porti a un sanguinamento: può succedere come no. I "segni" di un rapporto vaginale non si possono ritrovare sull'imene della donna e diversi studi hanno addirittura dimostrato che eventuali lesioni della membrana (causate anche anche da un parto, ad esempio) guariscono comunque rapidamente, senza lasciare alcuna traccia.

"I miti sull'imene vanno avanti da centinaia di anni perché hanno un valore culturale", sostiene sempre Nina Dølvik Brochmann, "Sono stati usati come strumento di potere nel tentativo di controllare la sessualità femminile in quasi ogni cultura, religione e periodo storico. Le donne sono ancora sospettate, disonorate, picchiate e, nei peggiori dei casi, soggette a omicidi d'onore se non sanguinano la prima notte di nozze. Altre donne sono costrette a degradanti test di verginità, semplicemente per ottenere un lavoro, per salvare la loro reputazione o per sposarsi". È il concetto stesso di verginità, quindi, il vero problema, ma iniziare a sfatare certi miti a livello anatomico può essere un primo step per cambiare le cose e impedire, per lo meno, che il corpo femminile venga usato contro le donne come arma del patriarcato.

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Elisabetta Moro

Nata a Padova, vivo tra Londra e Milano. Dopo la laurea in Giurisprudenza, mi sono specializzata in Studi di Genere con un Master in Women’s Studies nel Regno Unito. Oggi scrivo di attualità, costume e pop culture, focalizzandomi in particolare su tematiche legate al femminismo, alle questioni di genere e ai diritti civili.