Il trend della Prejuvenation, la diffusione del Bikini Blues, il successo indiscusso dei filtri sui social e molti altri sono i fenomeni che danno testimonianza di come il ventunesimo secolo si trasformato nell'era del dismorfismo corporeo. Ci si guarda allo specchio, ma l'immagine che si vede riflessa non corrisponde alla realtà: troppa ciccia qui, troppo magro lì, e alla fine la testa si riempie di frasi autodistruttive che non fanno altro che farci sentire inadatti. Così succede, ad esempio, quando arrivano le vacanze al mare e, con loro, il momento di mostrarsi davanti agli altri in quel corpo in cui non ci si riconosce, che si vorrebbe diverso, che causa sofferenza e una sensazione di inadeguatezza affliggente: la prova costume.

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Già a gennaio, dopo le mangiate in compagnia con i parenti, prima, e gli amici, poi, questa parola inizia a riecheggiare nella mente trasformandosi prima in una serie di "buoni propositi" — altra costruzione sociale e psicologica che provoca stress e, quando disattesa, compromette il benessere mentale di chi si sente fallire. Stabilito il bouquet di buoni propositi, spesso sancito dal binomio dieta-allenamento, questi si convertono poi in una sfida con sé stessi e, infine, in un'ossessione che debilita ancor più la mente causando un crollo psicofisico lento e insidioso. Quando ci si ritrova a fare le valigie, ecco che questo processo raggiunge il suo apice, traducendosi in una sensazione di ansia per il momento in cui quel costume, ripiegato insieme agli altri vestiti, finirà per cingere fianchi e busto, causando un disagio più che mai comune. A esserci passata è Vivian Hoorn, la modella plus size che negli ultimi tre anni è passata da una taglia 38 a una taglia plus, riuscendo a liberarsi dalle sovrastrutture che il mondo della moda impone con i suoi canoni estetici spesso irraggiungibili.

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Lo ha raccontato in un'intervista a Vogue Italia, dove si è messa a nudo parlando di quel malessere che il dover rientrare per forza in una misura riconosciuta universalmente come "da persona magra" le ha causato per anni e di cui, grazie a un viaggio lungo e complesso, si è oggi liberata apprezzandosi per ciò che vede nello specchio, anche quando è in costume. E questo, di conseguenza, l'ha portata a essere apprezzata anche dagli altri, perché chi riesce a instaurare un rapporto sano con il proprio corpo riesce a comunicare a sé e agli altri una grande sicurezza.

Accettare il proprio corpo è sinonimo di sicurezza

Come si legge nel Manuale MSD, il Disturbo da dismorfismo corporeo, o dismorfofobia, si manifesta attraverso atteggiamenti ossessivo-compulsivi nei confronti della propria immagine riflessa, che viene guardata più e più volte al giorno, evitata completamente, o un mix delle due. Che si sia plus size o normopeso, poco importa: i canoni di bellezza e le costruzioni sociali come quelle della taglia 0 riescono a far sentire inadatto chiunque. Parlando di corpi e della loro accettazione, sono molte le figure di rilievo che, sfruttando i social come cassa di risonanza con cui arrivare a ogni angolo del mondo, contribuiscono ad alimentare un discorso body positive che sproni le persone a lavorare sulla propria autostima e sicurezza, a favore di una coscienza più profonda della connessione che ciascuno ha bisogno di instaurare tra mente, corpo e immagine.

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Perché, alla fine della giornata, ciò che conta non è se i tuoi jeans sono una taglia 38, ma se in quei jeans sei stato bene, ti sei sentito a tuo agio e non gli hai dato così importanza. In quel caso, vorrà dire che ti sarai riconosciuto come valido perché nell'indossare un capo non ci hai visto un semplice corpo, ma un insieme di elementi, dinamiche ed emozioni che, proprio in quanto tali, non meritano di essere svilite dalla paura dello sguardo altrui. Questo è ancora più vero quando a vestire il corpo sono una mutanda e un bikini colorati, che per quanto sinonimo di gioia, relax e spensieratezza, sono diventati per molti dei nemici da temere. Il motivo è presto detto, e sta nell'esistenza stessa del concetto di prova costume.

La prova costume non esiste

Discorso alimentato dai media, dalla stampa e oggi in modo particolare dai social media, quello sull'idealizzazione dei corpi plastici e perfetti è il motore principale alla base di fenomeni come quello della prova costume, della taglia 0, del body-shaming, dei disturbi alimentari, e tutti gli altri annessi e connessi. Ciò che però è facile perdere in queste costruzioni irreali suggerite dai diktat estetici è l'essenzialità della questione, ossia ciò che si è realmente in quanto persone dotate di valori, interessi, capacità, che valgono molto più di un corpo che riflette ideali di bellezza standardizzati ed esclusivi.

Come ha scritto a inizio estate Giulia Paganelli — autrice del podcast Antropologia dei Corpi in collaborazione con Antropoché — in un post dedicato alla prova costume, il fatto stesso di chiamarla "prova" innesca nel cervello un meccanismo per cui, avendo un ostacolo da superare, un traguardo da raggiungere, ci si comporta nei confronti del proprio corpo adottando tutte le misure necessarie per renderlo conforme all'obiettivo. Quando arriva poi il momento del test, con indosso quel costume rimasto chiuso nell'armadio a lungo, lo sguardo altrui si trasforma in un severo giudice pronto a sparare sentenze. Per addolcirlo, spesso si ricorre a escamotages con cui cercare di camuffare ciò che si ritene sbagliato, non conforme al modello, del proprio corpo, dando così voce al secondo severo giudice che governa la mente, che altri non è che il sé.

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Dinamiche complesse, che per essere sbrogliate hanno bisogno di un cambio radicale sia sul piano collettivo che individuale ma che, come sottolinea Giulia, possono iniziare da un pensiero semplice, da ripetere come un mantra finché questo «col tempo prende spazio nel nostro cuore, nella nostra testa e dentro il nostro specchio». E il mantra è: la prova costume non esiste.


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Alice Nardiotti

Non credo negli astri, eppure sono dannatamente Gemelli. Se chiedete alle amiche, mi definiscono saggia, io preferisco coi piedi per terra. Amo esplorare e viaggiare con le parole, le emozioni e i sensi, per questo scrivo anche di beauty.

Il mio passatempo preferito? Fermarmi a osservare quello che mi circonda e captarne l'essenza.