La moda e la bellezza stanno entrando sempre di più nel mondo del metaverso. E' questo uno degli argomenti trattati nel quarto episodio della serie "La Ricerca della Bellezza", la serie prodotta da Tatatu in collaborazione con Hearst e con la partecipazione di Valentina Debernardi, Creative Beauty Director Hearst Digital & Senior Beauty Editor Harper's Bazaar, e Michela Motta, caporedattore beauty di Elle, che indaga a 360° sul mondo del beauty e del benessere. Per scoprire meglio cos’è il metaverso e le sue connessioni con i brand fashion e beauty, diamo la parola a Mariachiara Tirinzoni, strategist e specialista del Metaverso.

Cos'è il metaverso

“Il metaverso secondo una delle definizioni più utilizzate è che quella di Matthew Ball, è un sistema, una rete di mondi virtuali 3D, interattivi, immersivi, interoperabili, di cui si può fare esperienza in maniera sincrona e persistente”, spiega Mariachiara Tirinzoni. “Siamo difronte a una definizione che è ancora molto concettuale, perché attualmente le esperienze che stiamo vedendo di realizzazione dei proto-metaversi, non hanno in pieno tutte le caratteristiche, le funzioni che ho elencato poco fa. Possiamo invece parlare di metaversi al plurale perché abbiamo tante esperienze e queste non interoperabili, cioè non sono già connesse tra di loro. Quindi già una delle funzioni, delle caratteristiche del metaverso vediamo che non è realizzata. Abbiamo tanti metaversi che non si parlano tra di loro”.

Il mondo virtuale che cos’è rispetto al metaverso?

“È qualcosa di meno proprio perché mancano queste caratteriste che ho elencato. Parliamo quindi di un mondo che è la realtà virtuale. Di fatto costruisce mondi che sono simulazioni con una coerenza interna, che sono esplorabili, che sono interattivi, ma che appunto mancano di queste caratteristiche fondanti che abbiamo visto”, continua l’esperta. “La realtà aumentata invece non è la simulazione di un altro mondo, ma va ad aggiungersi, quindi ad aumentare quella che è la nostra realtà fisica in cui ci troviamo, aggiungendo delle informazioni. Ad esempio, attraverso gli occhiali per la realtà aumentata, noi vediamo sovrapposte al mondo immagini e informazioni di qualunque genere, così come capita di farlo con delle applicazioni che abbiamo tutti sui cellulari attraverso la fotocamera”.

Perché i brand amano il metaverso

“Il mondo della moda e anche il comparto del make up ruota intorno a una esigenza umana molto importante che è quella dell’espressione di sé e della propria identità. Per interpretare ed esprimere chi siamo di solito ci raccontiamo delle storie. E le storie hanno bisogno di uno scenario, di una scenografia” dice Mariachiara Tirinzoni. “Il metaverso è un enorme palcoscenico sul quale noi non abbiamo grandi limitazioni rispetto a quello che possiamo fare. Di fatto il metaverso è perfetto per tutti quei brand, tutte quelle esigenze di comunicazione che vogliono creare delle storie e soprattutto delle esperienze, all’interno delle quali, gli utenti e i consumatori si sentono i protagonisti. Di fatto nel metaverso gli utenti sono i protagonisti, perché il metaverso è costantemente co-creato da chi lo abita. Quindi noi stiamo creando un mondo all’interno del quale il racconto di questi brand ci dicono e ci suggeriscono come potremmo esprimere al meglio la nostra identità, in un ambiente che possiamo manipolare direttamente da zero”.

Avatar, gli abitanti del Metaverso

“L’aspetto che farà sì che il metaverso possa essere veramente abitato dagli umani è il concetto di presenza personale. Il punto chiave da cui partire è l’avatar”, afferma l’esperta. “Noi non entriamo nel metaverso con un profilo utente, con una descrizione, con una fotografia. Entriamo con qualcosa che già di partenza ha le caratteristiche del nostro corpo, cioè occupa uno spazio è tridimensionale, si muove, io posso vederlo o essere in prima persona, con una percezione che è diversa, che mi separa come corpo dagli altri oggetti che sono presenti nel metaverso. Quello che noi potremmo fare con al nostra identità è di renderla più simile possibile al noi reale e fisico, e quindi lavorare su quella che è la somiglianza. Si può anche utilizzare questo avatar per andare a superare anche una serie di limitazioni”.

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