Per un film non è facile superare la linea rossa ed entrare nell'olimpo dei cult, ancor di più per una commedia o una pellicola non impegnata. Il Diavolo veste Prada ci è riuscito, come Pretty Woman, Dirty Dancing e Notting Hill e nonostante siano passati 15 anni dall’uscita nelle sale cinematografiche (è stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2006, ricordi?) continua a sbancare ascolti e monopolizzare i social a ogni passaggio in tv e a suscitare interesse e curiosità. Per questo la reunion del cast moderata da Entertainment Weekly è stata accolta con grande entusiasmo quasi quanto il come back di Friends.

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Meryl Streep, Anne Hathaway e Emily Blunt, ma anche Stanley Tucci e Adrian Grenier, il regista del film David Frankel, la scrittrice del romanzo a cui si ispira il film Lauren Weisberger e la sceneggiatrice Aline Brosh McKenna hanno partecipato alla tavola rotonda virtuale organizzata dalla rivista per celebrare il 15esimo compleanno della pellicola (vedi il video integrale qui sopra). Aneddoti, curiosità, segreti sul film che ha incassato 124 milioni di dollari solo in America ottenendo 2 nomination all’Oscar e che ha reso mainstream le dinamiche (di fantasia?) dell’universo moda, in cui non puoi far a meno di affezionarti al villain, che poi forse tanto villain non è (Miranda we love you to the moon and back).

Epica the Queen Meryl nei panni della spietata Miranda Priestly (per il ruolo erano erano state inizialmente prese in considerazione Michelle Pfeiffer, Glenn Close e Catherine Zeta-Jones), la direttrice di Runway ispirata neanche troppo alla lontana alla direttrice di Vogue US Anna Wintour. "Non ero interessata a fare un film biografico su Anna, ma alla sua posizione nell’azienda. Volevo assumermi i fardelli che doveva portare, oltre ad avere un bell’aspetto ogni giorno", ha ricordato l'attrice, "mi piaceva che non ci fosse alcun indietreggiamento da parte sua, che non cercasse di ingraziarsi nessuno". Per entrare nella parte, la Streep si è isolata dal gruppo: "È stato orribile! Ero infelice nella mia roulotte. Sentivo tutti che ridevano e se la spassavano", ha confessato, "è il prezzo da pagare per essere il capo!', mi sono detta". L'iconica battuta finale del film? Merito di Meryl, è stata lei infatti, a suggerire "tutti vogliono essere noi" al posto di "tutti mi vogliono".

E poi Anne Hathaway, che ha fatto di tutto per ottenere la parte per cui erano state provinate Rachel McAdams, Scarlett Johansson, Natalie Portman, Kate Hudson e Kirsten Dunst e Emily Blunt che ha ricordato il comportamento algido di Meryl sul set: "Meryl è così socievole e divertente da morire, in un certo senso non è stato il massimo per lei doversi immedesimare nel personaggio. Era come se fosse inavvicinabile. Potevi andare da lei e dire 'Oh mio Dio, è appena successa la cosa più divertente' e lei avrebbe soltanto ascoltato. Quindi non so se sia stato divertente per lei essere sul set in quel modo".

Stanley Tucci invece ha voluto celebrare l'anima femminista della pellicola. "La nostra società è abituata a vedere il mondo attraverso gli occhi degli uomini, sia nel cinema che nella letteratura, e questo film ha iniziato a segnare un cambiamento", le sue parole, confermate dalla sceneggiatrice Aline Brosh McKenne nel descrivere un personaggio women empowerment come quello di Miss Runaway: "Era importante per noi che non fosse solo un capo difficile, ma che incarnasse un certo valore, facendo capire che le persone intorno a lei sono sacrificabili e messe al servizio di quello che, per lei, è un obiettivo più grande, oltre che alla sua venerazione per la moda e per la rivista".

Visto l'affetto infinito dei fan, un sequel, uno spin off o una serie tv sono davvero da escludere? "È una storia che abbiamo già raccontato. Seguire i personaggi oggi non sarebbe più lo stesso" ha detto il regista, ma nessuno dei presenti è voluto essere categorico sul never ever. Suddenly I See...