Tecnicamente, il termine «graft», che in italiano si traduce come «innesto», indica la parte di una pianta che viene unita a un'altra in modo che ne diventi parte integrante e cresca con essa, per ottenere una nuova specie più pregiata o produttiva. In ambito medico, è il nome che viene dato a un pezzo di pelle, di un muscolo o di un osso che viene attaccato a una parte del corpo danneggiata per ripararla. Nel mondo dei gioielli Pannalù, Graft è il nome del drop presentato per la stagione autunno inverno 2023/2024: in accordo con il vocabolario del brand nato dalla visione di Susanna Testa, e che in soli due anni ha conquistato l'Italia, l’innesto è qualsiasi elemento irregolare, casuale o fortuito che, abbracciato, si rivela la chiave per arricchire e potenziare la propria normalità. Dopotutto, quello di Pannalù è un universo nato dalla necessità di creare uno spazio in cui le imperfezioni fossero considerate punti di forza e non fragilità; in cui l'artigianalità si nutre di instancabile curiosità; in cui coesistono dolcezza e malinconia e i ricordi dell’infanzia riemergono per dare una nuova chiave di lettura alla vita adulta. Dall’immagine di una pianta di paprika rossa che prende vita da preziose radici d’argento, Pannalù comincia una nuova straordinaria avventura che vede protagonisti nuovi Droplets, pendenti colorati da attaccare ai già noti orecchini Mimosa per esprimere liberamente il proprio stile personale creando infinite combinazioni. L’ambientazione, rivelata da una speciale campagna realizzata con l’AI, è una Paprika Farm situata in perfetto equilibrio fra sogno e realtà, dove i gioielli sono reali ma i luoghi e i personaggi sono inventati. Di questo, delle ispirazioni, degli intenti e dei sogni che abitano il progetto di Pannalù, la founder e designer del brand Susanna Testa ha parlato con Cosmopolitan per #PuntiLuce, la rubrica nata per raccogliere le testimonianze dei creativi che promettono di cambiare l’industria dei gioielli con i loro progetti innovativi, unici e speciali.

Come nasce l'idea per il nuovo drop, Graft?

«Il mondo di Pannalù è fatto di fiabe alchemiche, di metamorfosi, in cui realtà e magia si fondono insieme. Graft, l’innesto, racconta una storia di alterazioni prendendo spunto dalla botanica: mi ha sempre affascinato come, grazie a un “incantesimo scientifico”, due piante diverse si uniscono per creare qualcosa di unico e meraviglioso, combinando i loro superpoteri per diventare la migliore versione di sé stesse. L’innesto di Pannalù avviene in una Paprika Farm immaginaria, sospesa tra natura e intervento umano, tra realtà e immaginazione, in cui i frutti e i colori dell’orto si fondono con la preziosità dell’argento».

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Nel presentare Graft, che in italiano si traduce come «innesto», hai riportato la definizione botanica, medica e «Pannalù» del termine, cioè «un elemento irregolare, casuale, fortuito che, quando abbracciato, diventa inaspettatamente qualcosa di buono o di utile all'interno della propria normalità, potenziandola». Qual è il messaggio che vuoi trasmettere con questo concetto?

«Il cuore del messaggio di Graft enfatizza la valorizzazione dell'inaspettato e dell'irregolare, sottolineando come elementi apparentemente estranei o fuori luogo, una volta integrati e accettati, possano arricchire sorprendentemente le nostre vite. Questo principio si estende alla combinazione e allo scambio di elementi eterogenei, dove l'innesto metaforico permette di generare innovazione. In questo contesto, l'innesto rappresenta la capacità di cross-fertilizzare, come nell'esempio di combinare parti di gioiello diverse, quali Droplet alla vaniglia, alla paprika e alla fragola, e cerchi colorati, o di mixare tra loro orecchini diversi in styling sempre nuovi. Il messaggio di Graft invita ad accogliere nuove idee, esperienze o relazioni, mostrando come la loro integrazione possa coesistere con la nostra vita quotidiana rendendola sorprendente. Questo concetto si applica anche all'unione di strumenti diversi, come la creatività umana e l'intelligenza artificiale, per creare mondi naturali verosimili ma appartenenti alla realtà dell’immaginazione probabilistica.In questa visione, ciò che inizialmente appare come un disturbo o una deviazione dalla norma può rivelarsi una fonte di forza e vitalità, un invito all'ottimismo e all'apertura verso il nuovo e verso l'altro. L'accettazione e l'integrazione di diversità, sia essa di idee, persone o esperienze, possono portare benefici inaspettati e positivi, sia a livello personale che collettivo, enfatizzando l'importanza della sinergia e della collaborazione. Graft ci incoraggia a vedere opportunità nelle differenze e a riconoscere come l'integrazione di elementi apparentemente dissonanti possa non solo convivere armoniosamente con la nostra realtà, ma anche migliorarla».

Pensi che il mondo della gioielleria abbia bisogno di elaborare nuove modalità di espressione e di rinnovare il proprio linguaggio? Se sì, perché?

«Sì, ritengo che il mondo della gioielleria abbia bisogno di elaborare nuove modalità di espressione e di rinnovare il proprio linguaggio. Questo rinnovamento non dovrebbe limitarsi solo al significante, quindi all'estetica, ma anche riflettere su un adattamento ai cambiamenti culturali e sociali della nostra contemporaneità, quindi sul significato. I consumatori oggi cercano valori in cui credere, storie che ispirino e con le quali identificarsi. Il gioiello, per sua natura, è un eccellente veicolo di significati e simboli, uno strumento ideale per questo scopo. L'inclusività, ad esempio, è un aspetto essenziale, e aggiornare il linguaggio del prezioso per esprimere maggiore attenzione a questi temi significa progettare ornamenti in grado di rappresentare culture, identità e storie personali diverse tra loro. In quest’ottica, i gioielli non sono più solo ornamenti, ma diventano narrazioni tangibili di esperienze e valori umani capaci di riflettere lo spirito del tempo. Pannalù, attraverso il gioiello e i suoi mondi immaginari, vuole promuovere un messaggio di normalizzazione delle nostre imperfezioni. La collezione Dairy Fairies (ovvero, Fatine del Latte), con le sue forme morbide, cocooning, e i colori pastello, è dedicata alle fragilità contemporanee: le fatine sono un amuleto contro le nostre insicurezze in chiave preziosa e diventano così un memento, una traccia concreta che ci ricorda di accettarle, di accoglierle e di vederle passare, per poi superarle, con i nostri tempi. Come talismani contemporanei, ci fanno compagnia nei momenti difficili. Il mondo del gioiello, come quello della moda, ha anche il dovere di prestare sempre più attenzione ai processi produttivi, ripensandoli in ottica sostenibile. Pannalù si concentra su piccole serie prodotte artigianalmente in Italia con materiali certificati. Questo approccio permette di evitare grandi scorte e sprechi, dimostrando come il settore possa adattarsi alle richieste di un mondo in continua evoluzione».

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D'altronde l'intento dei gioielli Pannalù è evidente sin dal packaging, che ricorda quello dei bugiardini delle medicine e dei foglietti illustrativi. Cosa ti ha portata a considerare lo stile terapeutico?

«Il tema della terapia e della guarigione è parte stessa del DNA di Pannalù. Nella brand campaign DayDream, i due protagonisti si rincorrono in un giardino vestiti con i camici bianchi da paziente, si curano a vicenda, mentre le forme tondeggianti e colorate dei gioielli Dairy Fairies ricordano quelli delle pillole e delle medicine. «Basta un poco di zucchero e la pillola va giù» cantava Mary Poppins. L’essenza di Pannalù è dolce amara: dolce e amaro convivono sempre nella vita, come simbolo sia di concretezza nei confronti delle difficoltà sia di piacere da ricercare nelle proprie soddisfazioni».

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Tornando alla collezione, Graft trasporta ancora una volta in un mondo bucolico, sospeso tra sogno e realtà. Cosa racconta, tale ambientazione, di te e del tuo progetto?

«Per me, la natura è fonte di serenità, un richiamo alle gioie della mia infanzia e a ciò che mi fa sentire bene. Vivo a Milano, una città vivace e stimolante, ma quando cerco pace e rifugio ritorno verso le colline emiliane. La ricerca di spazi naturali non è solo una preferenza personale, ma trova eco anche nella letteratura. Pensiamo ad esempio al giardino dell'Eden, il paradiso terrestre, simbolo dell’infanzia mitica dell’umanità: è il racconto di un'epoca dorata, di un luogo ideale. Creare questi scenari naturali e idilliaci è un tentativo di evocare luoghi familiari e rassicuranti per chi li osserva, ma allo stesso tempo è un modo per inserire elementi di rottura. Per creare un contrasto, producendo un effetto straniante, che stimola la riflessione e il dialogo con l'ambiente circostante».

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Il peperoncino è un simbolo del nuovo drop. Ci sono dei ricordi che ti legano, personalmente, a un elemento così radicato nella cultura italiana?

«Sì, ho sempre avuto una simpatia per i peperoncini: sono piccoli e si presentano in gruppo, in compagnia, sono rossi, pepati e monelli, come una scolaresca vivace e colorata durante una gita. Quest’immagine mi ricorda momenti di vitalità e di allegria, elementi che ho voluto trasmettere anche nel nostro drop Sweet Paprika. Con il lancio di Sweet Paprika e l'uso del peperoncino come suo simbolo, volevo esplorare un universo diverso rispetto a quello più delicato e pastello del nostro primo drop. Il peperoncino, con la sua vivacità estetica e la sua simbologia, mi ha permesso di introdurre un elemento di contrasto e di narrare un'altra faccia di Pannalù, più audace e scapigliata. È una possibilità per mostrare la molteplicità del nostro progetto, capace di abbracciare diverse anime e sfaccettature».

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Quali sono le tue ossessioni creative?

«La mia ossessione creativa si concentra sempre sulla creazione di mondi e scenari immaginari, dove gli elementi di fantasia e realtà si mescolano. Sono particolarmente affascinata dalle forme tondeggianti e accoglienti, che evocano un senso di comfort e familiarità. Anche i ricami e i dettagli minuziosi catturano sempre la mia attenzione, perché aggiungono profondità e texture visiva agli oggetti: ad esempio, guardo con grande ammirazione al lavoro di Maria Lai. Mi piace esplorare il concetto del "sembra ma non è", creando oggetti che hanno una doppia vita o un significato nascosto, sorprendendo l'osservatore con la loro multifunzionalità o il loro aspetto ingannevole. Gli oggetti relazionali, che cambiano o rivelano nuovi aspetti a seconda di come interagiscono con le persone o con l'ambiente, sono elementi che mi incuriosiscono e che cerco di indagare. Sono affascinata dagli oggetti collezionabili e dalle miniature, che condensano complessità e bellezza in piccole dimensioni, così come dalle matrioske, che racchiudono storie e forme dentro altre storie e forme. Le parti nascoste negli oggetti colpiscono sempre la mia immaginazione, invitandomi alla scoperta. Infine amo il concetto di pareidolia, ossia la tendenza a percepire forme familiari in oggetti casuali o patterns, i libri illustrati e le illustrazioni per l’infanzia, da Richard Scarry a Bruno Munari, da Monica Barengo a Giulia Pintus, che combinano narrazione, filastrocche e arte visiva per raccontare storie in modi unici, coinvolgenti ed emotivi. Questi spunti, tutti insieme, creano un tessuto variegato che nutre la mia creatività e si traduce nella mia espressione artistica».

La campagna Pannalù Parika Farm è stata prodotta con l'AI. Qual è il tuo pensiero sull'uso in ambito creativo di questa tecnologia?

«Credo che usare l'intelligenza artificiale in ambito creativo sia una grande possibilità. Non si dovrebbe temere il progresso, ma piuttosto accoglierlo come una nuova frontiera da esplorare. L'AI rappresenta un'opportunità per sperimentare e spingere i confini della creatività. Una delle cose che trovo più affascinanti dell'intelligenza artificiale è la sua imprevedibilità, quella componente di sorpresa che emerge nell’interazione. L’inaspettato stimola la creatività in modo spontaneo e a volte completamente nuovo. L'AI permette di costruire mondi e dare forma a visioni immaginarie in modi che prima erano impensabili, tutto attraverso l'uso del linguaggio e della parola. Naturalmente, come per ogni strumento, è cruciale utilizzare l'intelligenza artificiale in modo etico e responsabile. La sfida è saper integrare questa tecnologia nel processo creativo senza perdere l'essenza umana che sta alla base dell'arte e della creatività. In Pannalù Paprika Farm, abbiamo usato l'AI non per sostituire la creatività umana, ma per amplificarla, per sperimentare ed esplorare nuove possibilità, dimostrando come l'innovazione tecnologica possa arricchire e rinnovare il panorama creativo».

Hai raccontato di aver desiderato a lungo di avere un tuo progetto personale. Quali sono le sfide che hai dovuto affrontare nei due anni che sono trascorsi dalla nascita di Pannalù?

«Durante il percorso di sviluppo di Pannalù, ho incontrato diverse sfide, che hanno contribuito a formare sia me sia il progetto stesso. Per quanto riguarda l'esposizione personale, c'è stato un naturale senso di vulnerabilità nel presentare qualcosa di così strettamente connesso alla mia dimensione interiore, alla mia visione e alla mia creatività. Ma ho imparato che questa apertura può essere un punto di forza, perché permette di stabilire una connessione autentica con chi recepisce il progetto. Combattere contro il proprio perfezionismo è stata un'altra sfida importante. Il sentimento di non essere mai veramente pronta e la sensazione che il progetto potesse essere sempre migliorato hanno ritardato alcune volte il lancio di una campagna o di un prodotto. Credo che questo sia un ostacolo che molti creativi conoscono bene. A un certo punto è necessario fissare una data e buttarsi. Sul fronte esteriore, le sfide sono state principalmente legate alla produzione. Per una realtà emergente come la nostra, trovare spazio nel panorama produttivo italiano non è affatto semplice. Ho lottato con determinazione per mantenere la produzione in Italia, perchè era un aspetto fondamentale della visione del progetto Pannalù. Nonostante le difficoltà e gli ostacoli, ho perseverato, perché era importante per me che il progetto riflettesse i valori e la qualità che solo la nostra produzione locale e artigianale può garantire».

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Qual è il consiglio che daresti alle donne che sognano, come te prima di Pannalù, di creare un proprio brand?

«Per le persone che sognano di creare il proprio brand, il mio primo consiglio è quello di credere per prime nel proprio progetto. È fondamentale avere fiducia in ciò che si desidera realizzare, anche quando si incontrano ostacoli o dubbi. Questa fiducia è il motore che spinge ad andare avanti nei momenti più difficili. In secondo luogo, suggerirei di circondarsi di persone che sostengono e comprendono il vostro progetto. Che si tratti di collaboratori, o semplicemente di amici e di familiari, avere un sistema di supporto solido è essenziale per mantenere la motivazione e per ricevere feedback costruttivi. Nel mio caso questo è stato molto importante. E poi essere aperti al nuovo, a quello che succede nel mondo, non avere paura della novità. Il mondo è in costante evoluzione e rimanere aggiornati fa la differenza. Infine, è fondamentale pensare che l'errore fa parte del processo. Non tutto andrà come previsto, e va bene comunque. Ogni errore è un'opportunità per imparare e crescere, per affinare la strategia e migliorare il proprio brand. In sintesi, credere in se stessi, costruire una rete di supporto, essere sempre pronti ad apprendere, accettare gli errori come opportunità di crescita».