Un uomo e una donna che litigano, si lasciano, o forse no?, cercano di capire perché è finita o sta finendo, cosa è andato storto. Si rinfacciano errori, sbagli, mancanza di comunicazione: "Autostop", scritta da Elasi e Willie Peyote a quattro mani, è il brano che suggella la prima collaborazione tra due artisti apparentemente molto diversi tra loro, ma che in un solo pomeriggio in studio hanno chiuso il brano. Un po' finzione, un po' racconto autobiografico, ecco come è nato il singolo che li vede insieme, Willie ospite del mondo onirico di Elasi (vedi video). Ecco cosa ci hanno raccontato.

Come state?

E: «Bene dai, tiro le somme di un anno intenso che è stato "tanto" in senso negativo e positivo, non senza mazzate finali, però anche tante soddisfazioni. Spero che il prossimo sia un po' più leggero».

G: «Tutto bene, grazie. La quota maschile (ride, ndr)».

Come nasce il vostro brano, "Autostop"? Quanto c'è di autobiografico?

E: «Il pezzo è nato insieme a Rocco Rampino, che è il produttore con cui lavoro fissa ormai da due anni e che cura artisticamente il mio disco che verrà e che ha seguito il mio progetto dell'anno scorso. Ho scritto delle cose molto biografiche, uscite da un cuore a pezzi. Io e Willy era un po' che volevamo fare una cosa insieme perché sono una sua grande fan, lo ascoltavo tantissimo quando ero più piccola. Gli ho fatto sentire un paio di cose e lui è rimasto colpito da questa traccia più di altre, da lì abbiamo continuato molto spontaneamente. In un pomeriggio l'avevamo chiusa».

Quindi c'è una parte che è stata scritta a quattro mani? Non è unicamente il racconto "femminile" di un addio.

E: «Sì. Per quanto mi riguarda molto spesso mi trovo a scrivere quando non me la sto passando bella, e in quel caso è stato così. Il brano l'ho scritto su un personaggio apparentemente leggero, e mi ha aiutata a metabolizzare pensieri e sensazioni».

G: «La strofa, quindi la parte "maschile" del racconto, è stata scritta nel pomeriggio in cui ci siamo incontrati in studio. Più che un pezzo autobiografico sul quale ho avuto tempo di riflettere, mi sono lasciato trasportare un po' da quello che ho sentito. Avevo in mente di raccontare una coppia molto concentrata sul racconto di sé, attraverso le immagini, i social, e poco focalizzato sul rapporto».

E: «Sì, Willie si è legato a una parte più vicina ad alcune immagini della realtà, mentre io ho fatto un percorso più interno, metabolizzando delle cose mie».

Cosa ti ha colpito di Elasi quando hai sentito i suoi primi lavori?

G: «Ho scoperto Elasi grazie a un amico che organizza eventi. Mi è piaciuta subito l'ambientazione musicale del beat, di tutte le sue produzioni questa base era perfetta per il groove. Poi il rap mi dà la possibilità di lavorare su qualunque tipo di base e quindi è facile poter collaborare anche con persone che fanno cose molto diverse dalle mie, ed è il bello di incontrare artiste come Elasi, che ha un'ambientazione tutta sua».

Elasi, pensi che il mondo della musica stia dando più spazio alle produttrici? Hai messo in piedi anche un progetto per dare più voce a loro, Poche collective, pensi che stia cambiando qualcosa?

E: «Sì, credo che ci sia un po' più di coraggio e più di voglia di fare squadra, che è quello che ho desiderato per tanto tempo. Noi offriamo formazione gratuita per produttrici e chiunque voglia approcciarsi a questo mondo ma non sa come fare. È un progetto che continuerò a portare avanti per permettere che queste barriere storico-culturali, anche solo di sicurezza, vengano superate molto più facilmente e non se ne debba più parlare. Stiamo trovando tanti appoggi, diversi sponsor e persone disposte a collaborare per creare delle occasioni di formazione gratuita e di networking».

Pensi che ci saranno lavori futuri in cui coinvolgerai le ragazze di Poche?

E: «Già lo stiamo facendolo per il mio nuovo disco e stiamo già pensando anche di fare una pubblicazione a nome nostro. Fantastico. Ci vuole come al solito un po' di tempo, però stiamo andando in quella direzione. Nel frattempo, oltre alla formazione, stiamo cercando una nuova base dove programmare una rassegna come quella che abbiamo fatto in Triennale. Questa volta vorremmo organizzare un calendario che preveda anche altri generi, oltre che l'elettronica sperimentale».