Hai presente quando entri nell'appartamento di qualcuno mai conosciuto prima e ti senti subito a casa? Ecco, quando Ramiro dei Selton ti fa sedere e fa partire la moka del caffè, succede quella magia lì. Il 5 luglio è uscito il singolo Ipanema dei Selton feat. Malika Ayane, ma se c'è un luogo di cui il gruppo è re indiscusso non è esattamente il bairro di Rio de Janeiro, appunto. La band, composta da Daniel Plentz, Eduardo Stein Dechtiar e Ramiro Levy, brasiliana di origine ma milanese nel cuore, ha fatto di piazzale Loreto a Milano il suo regno, perché lì lavorano, lì abitano e lì fanno party, casomai non sapessi cosa fare nelle prossime sere e ti trovassi in città.

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Noi di Cosmo siamo andati a trovarli e ci siamo fatti raccontare come è nata l'ultima canzone Ipanema, finita dritta-dritta nella tua playlist estiva, e cosa c'è nel futuro, cosa su cui, SPOILER!, si sono sbottonati fino a un certo punto, nonostante le mooolto sibilline domande. Epperò.

"Dudu non c'è, te lo diciamo subito", mi dice Daniel mentre mi stringe la mano. Dietro c'è Ramiro che sorride divertito. "Che accade?", chiedo. "Dudu domani si sposa. Il nostro amato bassista ha deciso di celebrare l’amore". Sono questi i momenti, quelli in cui Cosmo può parlare di musica e amore, in cui è chiaro che si è nel posto giusto, al momento giusto, con le persone giuste, e con il caffè pronto. "Anni fa abbiamo deciso di sposarci tra noi. Ora si sposano Dudu e Momo". "Dudu e Momo convolano a nozze e voi come siete messi?" chiedo, "Siamo fidanzati, ma è la nostra vita personale, non ci viene naturale condividerla. Anche sui nostri social personali, siamo molto discreti".

E per il matrimonio di Dudu avete già pensato al regalo?

"La prima parte del regalo l'abbiamo già fatta: l’addio al celibato. L’abbiamo rapito e portato a Barcellona per 24 ore. Non potevamo bendarlo in aeroporto, aveva degli occhiali oscurati dentro, cuffie a palla e non aveva la minima idea di cosa sarebbe accaduto. 24 ore non stop. Dei pazzi. Non abbiamo preso albergo, dalle 10 alle 10 del mattino dopo".

La seconda parte del regalo?

"Non sappiamo ancora. E comunque per tradizione consegniamo i regali in ritardo. Ci vogliamo talmente bene che funziona così. Ramiro e Dudu hanno un accordo, non si fanno regali: uno annulla l’altro, visto che fanno il compleanno a un giorno di distanza l’uno dall’altro".

Quindi gli equilibri tra di voi, che lavorate insieme, siete sempre in tour e vivete vicini, sono facili.

"Sì, non abbiamo mai preso accordi precisi per bilanciarci, siamo sempre stati molto naturali".

Non vi siete mai scazzottati? Il segreto...

"No, se c’è qualche problema se ne parla. Conosciamo le qualità e i difetti di ognuno di noi. Daniel è una macchina da guerra, lui è quello che in qualsiasi riunione, per qualsiasi lavoro, ha sempre le idee super chiare. È un po’ il manager interno. Unico difetto: arriva sempre in ritardo, ha un grosso problema con il tempo, lavora fin troppo, bisogna dirgli di smettere. Dudu è il nostro tesoriere, ma è anche il nostro grafico (NdR. ha fatto le copertine degli album). È sempre molto autentico. Se deve dire una cosa, la dice senza filtri. E questa cosa, a seconda del contesto, colpisce dritta. Ramiro si occupa di tutti i social, quello che esiste online lo fa lui. Per il blog, siamo dentro tutti, ognuno scrive il suo post. Ramiro è anche il nostro arrangiatore, è quello musicalmente più formato, ha fatto la Civica Scuola di Musica Jazz a Milano. Difetti? Si dimentica le cose, è preciso, ma va a fasi. Schiaccia l’acceleratore per un mese, poi finisce in una 'valle di niente', poi sale di nuovo a palla".

E per il nuovo album come state lavorando?

"È un disco particolare, ci siamo proposti di fare una cosa difficile. Eravamo abituati a realizzare i dischi tra di noi, sempre con lo stesso produttore [NdR. Tommaso Colliva]. Era una dinamica molto controllata: scritto da noi, prodotto da lui, si andava in studio. Questa volta abbiamo deciso di metterci in gioco: collaborare con altri, farci produrre da altri".

Cosa vi ha fatto cambiare rotta?

"Abbiamo sempre parlato molto di contaminazione. Siamo stranieri in Italia, viviamo in un momento socio-politico particolare. Da stranieri è sempre facile guardare le cose da fuori, ma non ci siamo mai messi in gioco. Ora volevamo provare a contaminarci, perdendo anche la nostra identità, altrimenti, se il punto di vista è solo esterno, tutto rimane superficiale. Risultato: 10 canzoni, con 10 produttori diversi".

Cosa state imparando da questa nuova esperienza?

"Di solito si tende a rimanere molto attaccati alle proprie sicurezze. Quando ci sono nuovi processi, per esempio di produzione, fai una fatica pazzesca. All’inizio dici “No, ma noi…”. Stiamo imparando, invece, a lasciarci andare: magari ti sorprendi, magari impari un’altra parte di te stesso. E, no, non ti snaturi. Credi di essere te stesso solo se fai quello che hai sempre fatto, poi però ti accorgi che, anche se fai una cosa in un altro modo, continui a essere te stesso. Ti togli dalla tua comfort zone".

Come è nata la collaborazione con Malika Ayane e come sono nate le altre che saranno nel vostro album?

"Abbiamo chiesto a Malika di partecipare. Dardust era appena tornato da Rio: ci ha scritto con questo beat, l’aveva intitolato Ipanema. Ci siamo messi a scrivere qualcosa. Sapevamo che ci stava bene una voce femminile e abbiamo scritto a Malika, che si è subito entusiasmata. Avevamo fatto una cosa insieme per la trasmissione Tada! per Deejay TV con Filippi Timi che presentava. Anche con gli altri artisti con cui abbiamo deciso di collaborare, tranne uno, è andata così: li abbiamo chiamati noi. È stato un processo molto bello".

Anche dai social si capisce che avete un sacco di amici musicisti che vi vogliono bene.

"Facciamo cose, vediamo gente. Quando siamo arrivati a Milano, eravamo in una condizione fortunata: la casa discografica ci aveva portato qui da Barcellona per fare un disco con Cochi e Renato [2008, Banana à Milanesa]. C'erano molte porte aperte. Avevamo fatto un tour con Arthur Lindsay (ha registrato un brano con noi) e Tommaso Colliva [Ndr: il produttore dei loro precedenti album] era uno dei fonici, lo abbiamo conosciuto in quel tour. Quando è finito il rapporto con prima casa discografica, lo abbiamo chiamato e gli abbiamo chiesto se voleva fare un disco insieme a noi. Da lì ci ha presentato Enrico Gabrielli, Rodrigo D’Erasmo [NdR. il giro è quella degli Afterhours, band di Manuel Agnelli] e altri. Facevamo serata fissa in un bar a Milano, il Nidaba, e ogni settimana c’era un musicista guest che veniva a suonare con noi. Ai tempi era esploso Pop Porno di Il Genio. Abbiamo utilizzato la musica per conoscere altri musicisti, suonavamo con molto persone. Poi eravamo stranieri, un po’ esotici e siamo arrivati in Italia in un momento diciamo meno critico dal punto di vista della migrazione. C’era molto la cosa dei 'Oh, wow! I brasiliani'. Ci invitavano ovunque, anche perché eravamo stranieri che facevamo i pezzi di Jannacci. Eravamo bizzarri, tutti volevano conoscerci. E poi siamo strasimpatici, siamo irresistibili".

[NdR. l’intervistatrice, con estrema oggettività, conferma].

E poi fate un sacco di feste...

"In questa casa ne abbiamo fatte almeno una decina. Dente lo abbiamo conosciuto così. I ragazzi dei Ministri e Vasco Brondi [NdR. Le luci della centrale elettrica] pure. Insomma, tutti i musicisti degli anni 00. Adesso ci sono nuovi artisti e ci troviamo bene anche con loro. Con Mahmood per esempio. Prima di Sanremo ci eravamo trovati qua e avevamo scritto insieme. Anche con Dardust ci siamo trovati super bene. La casa di riferimento è quella di Ramiro: è lui il nostro cuore".

A proposito di scrittura, i testi da dove nascono?

"Il nostro rapporto di creazione è collaborativo: viene una frase, l’altro continua. Proviamo a tradurre un pezzo, viene fuori un altro punto di vista, e lo riscriviamo. Ognuno presenta le sue idee. Ci vediamo ogni mattina, alle 9, spesso davanti a un caffè, che è sempre lì [NdR. colpa di Ramiro], e condividiamo le idee che abbiamo.

Quale è stata la musica che ha influenzato di più il lavoro sul prossimo album?

C’è stato un disco che ci ha sconvolto, anche se poi il nostro risultato non c’entra niente con lei. È quello di una cantante brasiliana 80enne, Elza Soares: una cosa bellissima di musica brasiliana contemporanea. Ha fatto un album nel 2018, A Mulher do Fim do Mundo, e ora è in tour. Ci ha colpito moltissimo. Siamo andati in Brasile a fare alcuni pezzi con il produttore di quell'album. In generale si tratta di prendere spunto, poi, mentre fai le tue cose, tutto cambia.

Ultimissima domanda: i festival che vi piacciono?

"Glastonbury. Primavera Sound. Zsiget, un po’ da ubriacone ventenne, ma figo. Mad Cool a Madrid, simile al Primavera Sound ma più piccolo, più a portata di mano e più accogliente. Solo spagnoli. Miami al Magnolia, in Italia, piccolino, ma una bomba. Collisioni. Home Festival. Ypsigrock in Sicilia, ci incuriosisce molto, ma non ci siamo mai stati".

Oltre a Ipanema, a marzo è uscito il primo singolo, Cercasi Casa (prodotto da Dardust e Colliva), che anticipa l'album. I Selton hanno all'attivo 5 dischi [Banana à milanesa 2008, Selton 2010, Saudade 2013, Loreto paradiso 2016, Manifesto tropicale 2017] e dal 2006 vivono a Milano. Stay tuned!