«Vi posterò nome e cognome di questa persona e di tutti gli altri che hanno risposto che sparerebbero a mio figlio»: le parole di Fedez, affidate a un video in cui ha commentato le minacce violente subite dal figlio Leone, 5 anni, dopo il suo ingresso in campo con il calciatore del Milano Theo Hernandez, ancora riecheggiano potenti, figlie di una paura che scaturisce dal cyberbullismo di cui anche un bambino piccolo può essere oggetto senza alcuna discriminazione.

Se questo può sembrare un caso limite, inquietante e inaccettabile, basti pensare all'ondata di recriminazioni, appunti negativi, insulti che ha ricoperto Belén Rodriguez e Ilary Blasi, domenica 3 dicembre entrambe in tv per raccontare come si scopre, si affronta e si supera un tradimento. In questo caso, a differenza del figlio di Fedez e Ferragni, ci siamo ritrovati davanti due donne adulte e ben consapevoli delle proprie responsabilità in termini mediatici quando di discute di sofferenza, dolore e, nel caso della conduttrice argentina, anche di depressione e anoressia.

«Ma andate a ca*re sulle aiuole! Ma stare scherzando??? Ma vi sembra normale parlare di problemi di anoressia e di depressione prendendo Belén come esempio? Ma avete mai visto qualcuno veramente malato?», ha scritto un utente sotto un post del profilo Instagram di Cosmopolitan commentando le parole di Rodriguez in merito al tradimento subìto da parte dell'ex, Stefano De Martino. «Comunque quando uno è depresso non pensa certo a rifarsi le unghie», ha ribattuto un altro. Il tenore dei commenti pubblicati sotto altri post dedicati alle confessioni televisive di Blasi e Rodriguez non cambia. «Sono talmente depresse e affrante che hanno già un compagno tutte e due....poveri figli!». Se in tanti hanno espresso un parere civile e costruttivo in merito alla sovraesposizione mediatica delle due conduttrici, accusate di aver citato fatti privati per puro scopo di marketing, altri (tanti, troppi) utenti hanno preferito nascondersi dietro un profilo fake per seminare odio gratuito, giudizi sul corpo, sulle scelte di vita private, persino sul modo in cui si vive e si supera un dolore e sul tempo che ci si mette ad affrontarlo.

Se è vero che temi come il benessere mentale, i disturbi alimentari, l'ansia e la depressione sono entrati di prepotenza nell'agenda politica, sociale e culturale del nostro Paese e dunque parlarne è diventata una necessità collettiva oltre che individuale, è pur onesto pensare che se non fosse Belén a parlare, ma un'amica che ci confessa di stare male per un uomo, o per il lavoro, o per altri problemi, nell'intimità della nostra casa, non ci sogneremmo mai di quantificare la sua sofferenza, né di pesare le sue paure, oppure di giudicare le sue fragilità. Eppure, nascosti dietro profili inesistenti e foto inattendibili, ci permettiamo di soppesare parole che, nella vita reale, non avremmo mai il coraggio di contestare. Perché accade? Neanche la scienza lo sa. O meglio, la psicologia sta provando a scoprire, con ricerche e analisi sul campo, i motivi per cui a volte ci trinceriamo dietro uno schermo per seminare i nostri pensieri anche se fanno male, anche se superano il filtro sociale della cortesia, fanno il giro e arrivano a diventare persino minacce o insulti.

Secondo lo studio "Defining Online Hating and Online Haters" pubblicato su Frontiers, l'hating online è un problema sociale su scala globale, una piaga nata con il web e fiorita sui forum e poi sui social network. Mentre ci sono molti studi sul trolling e il cyberstalking, l'odio online viene spesso minimizzato perché considerato meno violento, quasi aleatorio e non pericoloso. Sebbene sia molto difficile definire i contorni del fenomeno, essendo appunto diffuso su larga scala e solo in parte analizzabile dal punto di vista individuale, le ricerche in merito all'odio online riportano, tra le conseguenze di chi subisce attacchi di questo tipo, i medesimi, terribili strascichi: tendenze al suicidio, depressione, attacchi di ansia, ansia sociale. Tutti temi che sono diventati pane quotidiano delle nostre conversazioni e che teniamo all'ordine del giorno per dirci evoluti, consapevoli, maturi. Non si possono tenere insieme queste due cose, a una delle deve crollare. Sta a noi decidere quale sacrificare (e la risposta non è poi così difficile).