Tra aspettative, delusioni (sì, parliamo di Greta Gerwig e Margot Robbie) e sorprese, sono arrivate le candidature agli Oscar 2024. C'è anche un film italiano: Io capitano di Matteo Garrone, già vincitore del Leone d’argento per la miglior regia alla mostra del cinema di Venezia e ora candidato come miglior film internazionale. È una notizia da celebrare e non solo perché Garrone, nella notte tra il 9 e il 10 marzo, rappresenterà l'Italia e il cinema italiano con gli occhi di tutto il mondo puntati addosso.

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La candidatura di Io capitano ha una certa importanza. Si tratta del quarto film italiano negli ultimi vent'anni ad arrivare agli Academy Award. Nel 2022 tra i 5 film stranieri selezionati ogni anno per il concorso figurava È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino, nel 2014 ci ricordiamo tutti la vittoria de La grande bellezza, sempre di Sorrentino e nel 2006 era stato il turno de La bestia nel cuore di Cristina Comencini. Io capitano è stato da subito acclamato dalla critica, ha vinto diversi premi (oltre al Leone d'argento, anche il premio Marcello Mastroianni per il miglior attore emergente al protagonista Seydou Sarr) ed è stato di recente candidato ai Golden Globe.

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L'importanza di questo successo, però, è da ricercarsi sopratutto nel tema che il film tratta, sempre dolorosamente attuale nonostante il passare degli anni, specie per l'Italia, terra di migrazioni costanti. Il film racconta la storia di un ragazzo senegalese che decide di lasciare il suo Paese e la sua famiglia perché vuole raggiungere l’Italia. Seydou, insieme al cugino Moussa (Moustapha Fall), in Senegal vive tra i canti e i balli per strada, il lavoro sotto il sole e l'affetto dei suoi cari. Gli manca qualcosa, però, per poter davvero sognare di costruire un futuro e dunque si mette in viaggio, in quello che l'Hollywood Reporter ha definito «un viaggio epico, feroce a livello emotivo ma dopotutto confortante». La speranza e il sogno si trasformano ben presto nella tragedia che abbiamo imparato a conoscere: lungo il deserto, nei centri di detenzione e infine in mare aperto, mentre il confine tra la vita e la morte si fa via via sempre più impercettibile. La storia è ispirata alla vita di Fofana che a 15 anni è stato davvero messo al timone di una nave piena di migranti diretta in Sicilia, proprio lui che nemmeno sapeva nuotare. Ma questa è solo una delle tante storie a cui, ormai, col tempo ci siamo abituati. Quando le tragedie si ripetono incessantemente il rischio è che diventino quotidianità e infatti i morti in mare oggi quasi li diamo per scontati. Garrone con Io capitano riesce a ricordarci senza retorica l'umanità di chi cerca il proprio posto oltre i confini, le vite prima che diventino numeri.