Comandante è un film biopic epico scelto dall’80° Mostra del cinema diVenezia come film d’apertura. Diretto da Edoardo DeAngelis che lo sceneggia con Sandro Veronesi vede come protagonista Pierfrancesco Favino nella divisa di Salvatore Todaro, alla guida di un sommergibile della Seconda Guerra Mondiale.

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Il pubblico dovrà aspettare il 1° novembre per vederlo, mentre l’anteprima veneziana è stata anticipata dall’incontro con la stampa internazionale. I giornalisti stranieri hanno visto un parallelismo tra l’umanità dimostrata nel film e la situazione dei migranti al giorno d’oggi. C’è chi ci ha visto un riferimento alla situazione russo-ucraina e chi ha riportato il dilemma morale al giorno d’oggi.

«Ho deciso di raccontare Todaro», spiega il regista «perché incarna il concetto di essere italiano». Per capirci, aggiunge Veronesi, qui non si parla «di attivismo sui moli o di slogan tremendi come “Buon appetito ai pesci”, anzi».

«Anche noi possiamo sentirci come lui – continua De Angelis –che affonda il ferro nemico ma salva gli uomini inermi. Le leggi del mare non vanno infrante mai».

Si tratta in fondo di un racconto sull’umanità, anche se Favino scherza su un possibile tatuaggio a tema: «Non lo avevo preventivato, ma devo prima condividere quest’idea con la mia signora (Anna Ferzetti, ndr.), ormai sono in quell’età in cui se ti tatui un’ancora poi non puoi più scendere e io vorrei potermi muovere». Vale a dire: meglio non finisca come un boomerang e ti faccia colare a picco.

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Favino ha poi parlato di un tema che gli sta molto a cuore, la rappresentazione dell’italianità all’estero. «È necessario girare in Italia, vista la situazione attuale e farlo per me è un privilegio. Mi sto concentrando più sul cinema che sulle serie proprio perché vedo la possibilità di parlare nei film a un pubblico internazionale. E questa è una produzione coraggiosa. Se posso aiutare il sistema – aggiunge – lo faccio volentieri, specie con personaggi italiani. Credo che il nostro sia l’unico Paese in cui i protagonisti italiani vengano interpretati da stranieri. Invece abbiamo tanti giovani talentuosi che parlano l’inglese meglio di me e meritano una chance».

Che sia o no una stoccata a Michael Mann e al suo Ferrari che vede come protagonista Adam Driver, che peraltro ha interpretato un italiano anche in House of Gucci, non è dato saperlo. Di fatto sembra che l’apertura voglia essere una sorta di orgoglio tricolore, in un’edizione penalizzata dall’assenza degli attori hollywoodiani per via dello sciopero ma anche potenzialmente ricca di spunti di riflessione.