Downshifting vuol dire, letteralmente, scalare marcia. Metaforicamente significa ridimensionarsi in modo volontario, rallentare i ritmi, rivedere priorità e rimetterle eventualmente in fila. Si applica in particolare al mondo del lavoro, si riflette di conseguenza sulla vita privata e garantisce benefici sulla sfera mentale, soprattutto quando si arriva da situazioni in cui l'iper-produttività e la frenesia oscurano il benessere psicologico e personale. L'ondata di great resignation, ovvero di grandi dimissioni volontarie che ha investito in particolar modo la GenZ e i Millennials nell'epoca post-lockdown ne è la prova: il downshifting, concetto mutuato da quello che in italiano viene chiamata semplicità volontaria, punta a un "tornare indietro" che non genera frustrazione né la sensazione di fallimento, ma scatena la pura gioia del godersi il presente senza votare la propria vita al guadagno, al lavoro senza pause, a cause che non portano a nulla se non a stress, ansia e insoddisfazione.

Cos'è la semplicità volontaria

TikTok brulica di nomadi digitali che hanno abbandonato lavori impegnativi e ruoli di spicco, scrivanie a cui rimanere incollati dalle 9 alle 18 tutti i giorni fino alla pensione, per abbracciare uno stile di vita più libero, magari meno remunerativo sul piano economico ma decisamente più soddisfacente su quello psicologico e individuale. Anche questo è fare downshifting, sebbene non sempre sia richiesto stravolgere la propria vita come nel caso del nomadismo digitale per assicurarsi un lifestyle più sostenibile. Il concetto di semplicità volontaria punta a eliminare ciò che non è importante, a ridimensionarsi perché ciò che si ha - o ciò che si è - non è sufficiente a garantire quella felicità che pure rimane ambizione ultima di tante persone. Alla base di più di una corrente filosofica e religiosa, la semplicità volontaria si è poi imposta nei dibattiti sul consumismo ed è diventata parte dell'Oxford Dictionary nel 1994, dopo essere comparsa nel Trends Research Institute di New York nel 1994. Le pubblicazioni in merito si sprecano: il più esemplificativo è quello di John D. Drake, Downshifting. Come lavorare meno e godersi la vita? del 2014. Tracey Smith è l'autrice che ha poi messo insieme tutti gli studi, i risultati e i benefici di una vita in slow motion e ha creato la Downshifting Week (tradizionalmente l'ultima di aprile) dedicata non solo alle aziende ma anche alle famiglie e ai bambini. Per lei essere un downshifter vuol dire:

rallentare il tuo ritmo, trovare un migliore equilibrio tra vita privata e lavorativa e, di conseguenza, abbracciare uno stile in cui vivere con meno porta a essere più semplici, green e felici

Downshifting sostenibile

Va da sé che prendere questa direzione spesso ha a che fare anche col bisogno di vivere una vita più sostenibile in cui meno si desidera e meno si consuma. Una necessità vissuta da tantissime persone anche in relazione all'emergenza climatica, che sta diventato sempre più pressante. Chi fa un passo indietro lo fa anche con l'idea di diventare un peso più leggero per il Pianeta, di impattare meno sul suo benessere.

Rallentare per vivere bene

Applicato al mondo del lavoro, il downshifting nasce dalla consapevolezza che un ruolo importante e uno stipendio ingombrante, se non accompagnati da serenità e soddisfazione, non servono a nulla: così un manager può decidere di de-mansionarsi, riducendo l'orario di lavoro, guadagnando meno in termini economici ma tanto in quelli psicologici. Ma fare downshfting vuol dire anche abbandonare una casa troppo grande, perché non necessaria, e andare a vivere in un appartamento più piccolo; puntare al minimalismo non solo delle cose, ma anche dei pensieri; vivere con quello che si ha, senza per forza ambire a ricchezza e potere come la società della performance impone.

Come faccio a capire se che ho bisogno di tornare indietro?

Questa è la domanda più difficile. A leggere le storie di grandi manager e professioniste d'azienda che hanno deciso di cambiare la propria mansione, abbassando l'asticella e ridimensionando il proprio ruolo, era tutta una questione di "trovare la pace". I grandi poteri da cui derivano grandi responsabilità possono anche spingerci a vivere a mille all'ora, senza fermarci mai, convincendoci che è questo ciò di cui abbiamo bisogno per essere felici: non è semplice accorgersi che non è così durante il viaggio. Spesso si giunge alla consapevolezza di voler attuare la semplicità volontaria dopo una crisi, un periodo di burnout. Sarebbe meglio non arrivare a quel punto, ma vederlo arrivare è impresa complicata.

Importante ribadire cosa il downshifting non è: non implica in alcun modo ridimensionare le proprie ambizioni, bensì rimetterle in fila, associando a ogni obiettivo personale un livello di soddisfazione che deve essere definito in modo onesto: scegliere di ridimensionare il proprio lifestyle - sul posto di lavoro, a casa, persino nelle relazioni sentimentali - significa farsi molte domande sulla propria vita, chiedersi se si è arrivati al punto in cui si è per far piacere a se stessi o agli altri, oppure se sono la società e i suoi ritmi ad averci imposto di correre, senza che noi ne avessimo alcuna voglia.