Giovedì, ore 16:00

Mi arriva un messaggio: «Allora ci vediamo stasera?». Che sollievo. È il giorno del trasloco nel mio nuovo appartamento a Manhattan. Mentre i traslocatori scaricano gli ultimi scatoloni, mi siedo un momento e mi assale un pensiero orribile: e se detestassi vivere da sola? Da persona molto estroversa, adoro avere altre persone accanto a me, e i 10 anni di convivenza con dei coinquilini mi hanno completamente abituata a quello stile di vita comunitario.

Paul, il chirurgo plastico che sto più o meno frequentando, dice di aver prenotato in un ristorante greco nel mio quartiere. Ottimo che abbia scelto un posto vicino, perché ho in programma di mettere a frutto la sua abilità chirurgica nell’uso delle mani. Per aiutarmi a mettere il copriletto.

Ci siamo incontrati due mesi prima che tornassi in città. È figo nel senso più carino del termine, tipo, ha lineamenti molto regolari e capelli scompigliati alla Jacob Elordi. Però è un po’ magrolino, mi sa che i suoi polpacci sono più sottili dei miei. Al nostro secondo appuntamento ci sono andata a letto per evitare un’altra notte sul materasso ad aria mezzo sgonfio di un amico. E da allora ho continuato a stare da lui ogni volta che è venuto a New York.

La sua formazione da medico ha un risvolto positivo: conosce le curve del mio corpo quasi come se le avesse scolpite lui stesso. Ma anche uno negativo: per la sua natura iper analitica e senza filtri ha un innegabile talento per rovinare i miei orgasmi, uscendosene con commenti assurdi. Come quando gli ho chiesto di stimolarmi con un vibratore ed è finita con lui che mi fissa la vagina con stupore, dicendo: «Ci credi che i bambini escono da qui?». No. Vai via. Anche perché ho intenzione di fare un cesareo, quando sarà, quindi questo vibratore è la cosa più vicina a un parto che la mia vagina vedrà mai.

Siamo già in bilico tra storiella da nulla e relazione, e onestamente non so come voglio che vada. Perché – e non lo sottolineerò mai abbastanza – perché cazzo avrei preso una seconda specializzazione in Psicologia sessuale e relazionale se non per essere più consapevole in queste situazioni? Ma per ora, cena sia.

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courtesy Cosmopolitan Italia
Dal numero di Cosmopolitan, in edicola

Domenica, ore 18:00

«Non ti piace neanche. Mollalo». Il tipo che mi legge i tarocchi va ripetendo che, quando si tratta di relazioni, continuo a prendere decisioni sbagliate. Tendo ad annuire, per poi proseguire imperterrita nel mio percorso già segnato dall’autodistruzione. Con Paul non è diverso.

E tutto ciò nonostante nell’ultimo decennio sia andata a circa 200/300 primi appuntamenti, raccogliendo enormi quantità di dati grazie a una serie infinita di potenziali partner. Manager, attori, atleti professionisti, avvocati, specialisti di criptovalute: nominatemene uno qualsiasi, io l’ho frequentato.

Sono un cane da tartufo per i casi umani, che fiuta costantemente incompatibilità a lungo termine.

E con Paul ci sono molti momenti che suonano come campanelli d’allarme: le pause leggermente troppo lunghe quando parliamo, alcuni suoi punti di vista frustranti, il suo fortissimo accento che tortura le mie orecchie condannate alla misofonia.

Ma mi tratta anche incredibilmente bene. Fa progetti in modo proattivo, non ipotetici, magari faremo, magari andremo, ma concreti. Ha ottenuto l’ambitissima AA, Approvazione degli Amici, un suggello che pochi possono vantare. Mi piace molto anche dormire accanto a un altro essere umano, quindi ok, per ora lo me lo tengo.

Un mese dopo

Paul invita me e alcuni amici a casa sua fuori città, per una festa. Non avevo considerato la possibilità che tutta la sua famiglia fosse lì. Sì, anche sua nonna in fin di vita. È un agguato. A cui peraltro sono del tutto impreparata, come suggeriscono la mia scollatura più profonda del Pacifico e la bottiglia di vodka che comincia a sgocciolarmi tra le mani e che doveva essere un regalo per il padrone di casa, ora del tutto inappropriato. La mia ansia è alle stelle. Non sono pronta a incontrare i suoi genitori. Non sono nemmeno sicura di voler uscire solo con lui.

Essere lì, vedere il possibile futuro che avremmo insieme... è chiaro che il tipo dei tarocchi aveva ragione. Le micro-incompatibilità che prima avevo minimizzato ora mi accecano come supernove. Mi rendo conto di essermi legata a Paul per paura della solitudine, non certo per amore. Cristo.

Il giorno seguente

Per quanto sia tentata dall’idea di ritocchini e Botox gratuiti per sempre, chiamo Paul e la chiudo lì (sacrificare una vita di filler per avere orgasmi di qualità? Qualcuno potrebbe chiamarmi una martire). Reagisce bene. Tipico, gentilissimo Paul. Ho preso la decisione sbagliata? È davvero un tesoro.

«Scelgo di ignorare le red flag, e vado avanti»

Due settimane dopo, mercoledì, mezzanotte

Decido che, oltre a impegnarmi a vivere da sola per la prima volta, devo smetterla di cercare un partner per almeno sei mesi.

Un’ora dopo

Scorro Tinder e rimango folgorata. Magnate del business dai capelli nerissimi e pelle olivastra? Match. Un drink? Bar su terrazza? Stasera? Eccomi.

Stessa sera, più tardi

Siamo accompagnati in un angolino sul retro di una jazz lounge semivuota e finiamo per sederci fianco a fianco sul divanetto. La sua mano sfiora la mia gamba a metà del primo drink. Al secondo, mi sussurra già all’orecchio che vorrebbe portarmi a casa sua. Le cose vanno più veloci del previsto nel mondo dell’imprenditoria americana.

Al centro del suo soggiorno c’è un tappetino da yoga, mi ci siedo. Lui si siede di fronte a me e inizia subito a sfilarmi la maglietta. Faccio lo stesso e gli chiedo del tatuaggio con ramoscello d’ulivo sulla pancia. Mi spiega il suo simbolismo, qualcosa sulla pace e la speranza, e di come si collega alle sue radici.

E poi ci ritroviamo nudi sul pavimento. Odio lo yoga. Ma questo qua mi piace. Salgo sopra di lui, avvolgendo le gambe intorno al suo corpo.

Dondoliamo lentamente avanti e indietro, senza mai smettere di guardarci negli occhi. Ci coordiniamo e proviamo varie posizioni. È sesso intimo, lento, connesso. Seguo quel che fa lui. Farlo su un tappetino da yoga conta come meditazione? La mia anima è illuminata, ma le mie ginocchia ne stanno pagando il prezzo. Mi porta a letto. Scruto velocemente la camera. Perché non ha le tende alle finestre? Strano. Non importa. Mi concentro. Ha tutta la mia attenzione. Più o meno. Chi non ha le tende? Aumenta il ritmo, spingendo sempre più forte fino a quando all’improvviso veniamo, persino nello stesso momento. Facciamo una doccia veloce e mi addormento rannicchiata su di lui.

Giovedì, ore 6:00

Alle prime luci dell’alba mi sveglia bruscamente. Dovete sapere che io sono molte cose, ma non una persona mattiniera. Continua a prendermi la mano, cercando di avvicinarmi a lui. Mezza addormentata, mi avvolgo ancora di più nella trapunta, mettendo una barriera fisica tra noi. Reagisce con violenza inaspettata ai miei tentativi di respingerlo. È agitato e mi dà un ultimatum: fare di nuovo sesso con lui o uscire dall’appartamento. È come se mi avesse iniettato del caffè per endovena.

Mi alzo, raccolgo le mie cose, lo saluto e scendo le scale di corsa. Cammino per alcuni isolati e comincio a digitare: «Mi sono divertita ieri notte. Ma con chiunque io esca, per me è l’importante è che se è no è no, e non mi devi più toccare. Non posso continuare a vedere qualcuno se sento che quel limite è stato oltrepassato». Invio. Sospiro. Si scusa, dice che non lo farà più. Ma sappiamo entrambi che non sarà così, almeno non con me.

Sabato, ore 14:00

Di nuovo su Tinder. Scorro su Ethan. “Eticamente non monogamo”. Sono incuriosita. Ethan è un quarantenne super muscoloso e in forma. Vada per il match. Questa è l’iniezione di fiducia di cui oggi ho bisogno. O forse sono solo una cialtrona, visto che utilizzo foto di quando anch’io avevo un minimo di addominali.

Invece Ethan mi sorprende: è un tipo semplice, premuroso e dopo qualche giorno fissiamo un altro appuntamento. Durante la cena però arriva la doccia fredda: «Non vediamo l’ora di conoscerti. La mia ragazza pensa che tu sia molto sexy». Torno al suo profilo. Tra la selva di sigle che aveva elencato, come ENM (Eticamente Non Monogamo), mi era sfuggita l’emoji dell’unicorno, ovvero il segnale che stavano cercando una terza persona (non lo sapevate? Bene, è così, e ora lo sapete).

Per sbaglio mi sono appena tuffata nel mio primo rapporto a tre? A dirla tutta, è strano che io non abbia spuntato quella “casella obbligatoria” quando avevo vent’anni. Inoltre, questa potrebbe essere la mia prima esperienza con una donna. Faccio fatica a conciliare questo scollamento dalla mia stessa sessualità: nonostante sia così aperta e avventurosa, mi sono anche aggrappata saldamente al mondo eterosessuale, sono uno 0 sulla scala Kinsey. In realtà sto cercando in tutti i modi di scalare posizioni: vorrei arrivare almeno a 1,5 o 2. Ma poi cosa farei con le mani?

«Solo per essere corretta, sarebbe il mio primo rapporto a tre». Ethan risponde: «Non preoccuparti, con l’entusiasmo si va lontano». Ma certo, Ethan. E l’ansia? Con l’ansia si va lontano?

Due settimane dopo

Per essere onesta e responsabile al 100%, dico ad alcuni amici che ho in programma una cosa a tre con una coppia e accetto scommesse: lo farò? Non lo farò? Con uno scioccante voto di sfiducia, ricevo 1 sì e 13 no. Le mie probabilità sono più o meno le stesse che ha Regé-Jean Page, il conte di Bridgerton, di diventare il prossimo James Bond: un risultato assai desiderabile ma alquanto utopico.

Ethan, la sua ragazza e io abbiamo fissato un triplo appuntamento davanti a piatti di pasta e calici di vino. Che gli dèi delle scommesse mi assistano. Certo sarebbe potuta andare diversamente, ma del resto, per i casi umani, sono pur sempre un cane da tartufo.