Qui, l'estratto della conversazione con Mika, cantante e autore nonché primo uomo sulla copertina di Cosmopolitan Italia. Dal secondo numero in edicola dal 22 aprile: The Music Issue.


Mika dice di avere le mani «con la pelle da elefante: spessa, un po’ rugosa, che si spacca e apre crepe».

Dice, passandocisi sopra la crema, di averle così da quando era piccolo, e che forse ha iniziato a capire proprio lì, anni addietro, guardandosele, la potenza umana della fantasia: saper vedere nella ruvidezza di un palmo il dorso di un elefante, e saper sentire in una questione personale qualcosa che attiene in fondo sempre a un universale. Qualunque cosa stia succedendo intorno. Così, durante un mattino che all’Hotel de la Ville di Roma anticipa l’estate, non fosse per il freddo che arriva da un tele-giornale e parla di un conflitto duro e vicino, proprio mentre la musica si sta preparando a tornare dopo anni che ci hanno profondamente trasformati, ci inventiamo il gioco di scrivere un manifesto. Personale e universale insieme, per l’appunto.

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Foto di Francesco Prandoni

GUERRA

«Per come l’ho vissuta io da bambino, per come stiamo vivendo questa in Ucraina, da europei, è un fantasma che è anche una presenza. Destabilizzazione profonda, è a pochi passi da noi, ne senti l’effetto ma a distanza perché puoi sempre pensare: meglio dove sono che lì. La guerra me la ricordo che avevo due anni, ci spostammo a Parigi e lì, nella bolla libanese, gli spari erano sempre un sottofondo come l’impatto del-le lacrime, della paura, del dolore. Perché poi uscivi dal tuo appartamento e c’erano la luce e i fiori: normalità. La guerra vera ti prende quando è tuo padre che viene preso. In ostaggio, com’è accaduto al mio durante il conflitto del Golfo. Eravamo sempre nello stesso appartamento a Parigi ma in quel caso il mondo è crollato anche per noi: circondato dai soldati di Saddam Hussein c’era lui, e non un altro. Quello che è tornato non era più papà, ma Mike».

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MADRE

«Un disturbo punk, poetico, romantico. Non sempre facile. Fino a poco tempo fa avevo una casa a Londra di fronte a quel civico 430 di King’s Road dove con Vivienne Westwood e Malcolm McLaren nacquero i Sex Pistols, e lei, da stilista, rubando ispirazioni dappertutto, creò appunto il poetic punk, questo look che già dal suo nome “disordina”. Ecco la mia mamma che è morta poco più di un anno fa era proprio così: una donna grossa che si creava vestiti coloratissimi con pattern e fiori. Adorava i gioielli etnici, dell’India, del mondo arabo, portoghesi, messicani. Amava i profumi come l’olio della rosa della Bulgaria o il sandalo. Aveva tantissimi capelli ed era totalmente fuori moda e stilosissima allo stesso tempo. Guidava lei la Toyota Previa dove con i miei fratelli dormivamo fuori dai miei concerti, dopo aver detto alla produzione: “Noi l’abbiamo già l’albergo”. Mia mamma era una presenza che brucia. Nel senso buono».

FANTASIA

«È possibilità. Sei veramente in una zona difficile della tua vita quando non hai fantasia e non hai fantasmi, fantasia e fantasmi sono collegati. Può essere per qualcosa che non hai –un cappotto, un divano – ma può essere anche per una persona – e questo è un buonissimo segno perché vuol dire che c’è la voglia, il desiderio. È quando non senti tutto questo che sei fottuto, e devi trovare un modo per ritrovarli».

Leggi l'intervista completa sul nuovo numero di Cosmopolitan in edicola dal 22 aprile.