La violenza sessuale ha tante anime, tutte molto nere. La più buia di tutte è l'abuso delle donne come arma di guerra: è quello che da anni sta facendo l'ISIS. Parlarne senza usare termini forti è impossibile, perché ciò che è successo a Nadia Murad è il peggior incubo di ogni donna, di ogni persona. Essere privata della propria libertà e ridotta in schiavitù, essere stuprata brutalmente per anni.

La storia di Nadia non è una storia a lieto fine solo perché è sopravvissuta e ha vinto un Nobel, perché la parola "lieto" quando vivi certe esperienze viene cancellata dal tuo vocabolario e l'incubo che hai vissuto non avrà fine finché ogni donna non sarà liberata.

Ma la sua è una storia di resilienza, coraggio e grande dignità per far sì che ciò che è successo a lei non si ripeta mai più, raccolta in un libro autobiografico, L'ultima ragazza, edito da Mondadori, dove racconta l'orrore ma anche la speranza che l'ha tenuta in vita durante i giorni della sua prigionia.

L'ultima ragazza Nadia Muradpinterest
Mondadori

La storia di Nadia Murad

La vita di Nadia era quella di una adolescente normale: viveva assieme alla sua famiglia in un piccolo villaggio nell’Iraq nord occidentale. A Time, che l'ha nominata una delle 100 persone più influenti del mondo, ha raccontato di voler diventare estetista: era il suo sogno, spezzato il 15 agosto 2014 quando aveva appena 21 anni, le milizie dell'ISIS hanno fatto irruzione nel suo villaggio uccidendo sei dei suoi fratelli. È stata rapita, assieme a 150 ragazze e bambine e per mesi è stata usata come schiava sessuale. Un giorno è riuscita a fuggire e ha trovato rifugio in un campo profughi in Iraq, da lì un viaggio in Germania grazie a un'associazione che l'ha salvata. Nel 2015 la svolta: l'associazione Yazda, con cui collabora come consulente legale Amal Clooney, ha portato la sua storia all'ONU.

Amal Clooney Nadia Muradpinterest
Getty Images

Davanti alle Nazioni Unite, Nadia Murad ha portato agli occhi del mondo il genocidio e l'orrore che ha dovuto subire assieme ad altre migliaia di persone, tra cui 6.500 donne e bambini, che sono stati schiavizzati: i bambini addestrati come soldati per diventare jihadisti, come è successo a suo nipote Malik, le donne brutalizzate dai miliziani o uccise se erano troppo vecchie per essere oggetti sessuali appetibili, come è successo alla mamma di Nadia. Puoi ascoltare la sua storia dalla sua viva voce in questa intervista di due anni fa rilasciata alla BBC.

Il Nobel a Nadia Murad

Il Nobel per la Pace che le è stato assegnato quest'anno, assieme al ginecologo congolese Denis Mukwege, da sempre attivista per liberare le donne ridotte in schiavitù sessuale nel suo paese, ha un valore ancora più importante perché testimonia l'attenzione del mondo verso le vittime di abuso nei paesi dove la guerra si sta portando via tutto.

Riconoscere il crimine contro l'umanità di chi ha perpetrato queste atrocità non è abbastanza: c'è anche la responsabilità delle Nazioni Unite nel cercare in tutti i modi di fermare i colpevoli, trascinarli davanti al tribunale dell'Aia e condannarli. Perché l'orrore finisca e non si ripeta mai più.