Quanti sono 10 secondi? In certi casi sono tanti, ed è questo in sintesi il significato che sta dietro al trend che in queste ore sta prendendo piede su Instagram non senza perplessità. Il tutto è cominciato dopo la notizia di qualche giorno fa di una sentenza che ha assolto il collaboratore scolastico di una scuola di Roma accusato da una ragazza diciassettenne di averla molestata. La studentessa ha raccontato di aver sentito qualcuno che, mentre saliva le scale a scuola, le infilava una mano nei pantaloni sollevandola. I giudici, però, hanno assolto il bidello 66enne sostenendo che si sia trattato in realtà di un gesto maldestro senza fini «di concupiscenza» e, soprattutto, di un'azione rapida e senza indugio, «una manciata di secondi, tra i 5 e i 10».

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Ed ecco che viene spontaneo chiedersi: sono davvero così pochi 10 secondi? Su Instagram l’attore Paolo Camilli l'ha fatto con un video esemplificativo con timer incluso, poi ripreso dall'autore e content creator Francesco Cicconetti e subito diventato virale. Il video mostra bene quello che, anche senza video, sapevamo già, ovvero che una palpata di 10 secondi è lunga un'eternità. Il problema è che, nell'arco di poche ore, Instagram si è riempito di video di autopalpazioni e timer seguendo le solite dinamiche social per cui hype genera hype, anche se sullo sfondo c'è un caso di molestia.

Questi video di fatto riproducono visivamente una molestia e c'è chi fa notare quanto possano risultare disturbanti per chi ha davvero vissuto qualcosa di simile. Forse vederli in giro ricondivisi ovunque da tutto il web fa più male che bene ma, soprattutto, forse così si manca il punto. Certo la frase sulle tempistiche del palpeggiamento nella sentenza è agghiacciante e svincolata dal reale, ma se la molestia fosse durata un secondo? O due secondi? Ecco, in quel caso il video non sarebbe venuto altrettanto d'effetto. L'abuso, però, ci sarebbe stato ugualmente, a prescindere dal timer che, in queste circostanze, non può avere un ruolo a meno di etichettare un'esperienza molto più complessa e, così facendo, banalizzarla.