Una delle critiche più comuni quando, seduti in un locale di solito, si prova a portare avanti argomenti a favore di un linguaggio più inclusivo è: «Ci sono problemi più importanti». Solitamente a dirlo sono soprattutto gli uomini: abituati al maschile sovraesteso e alle professioni sempre declinate al maschile non vedono l'esigenza di cambiare le cose. Eppure, sentire la stessa frase detta da una donna, suona stonata. Specie se quella donna è Ambra Angiolini. «Avvocata, ingegnera, architetta: tutte queste vocali in fondo alle parole saranno armi di distrazione di massa?», ha chiesto la conduttrice al concerto del Primo Maggio, ed è nata una polemica.

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Angiolini aveva senz'altro le migliori intenzioni: per tutta la durata del concerto ha posto l'accento sull'importanza di tutelare la dignità dei lavoratori. Ha parlato anche a favore del lavoro femminile e sappiamo quanto ce ne sia bisogno. «Non lo diceva già la Costituzione nel 1948 che la donna doveva avere gli stessi diritti dell’uomo nell’art. 36?», ha chiesto alla folla sottolineando l'importanza di chiudere il gender pay gap, di includere le donne nel mondo del lavoro puntando su una gestione più paritaria del lavoro di cura e su un welfare che sostenga davvero le famiglie. Tutto giustissimo, ma proprio per questo le critiche al linguaggio di genere, inserite nel discorso, hanno destato qualche perplessità. «Che ce ne facciamo delle parole?», ha aggiunto la conduttrice, «Voglio proporre uno scambio: riprendetevi le vocali in fondo alle parole al femminile, ma ridateci il 20% di retribuzione. Pagate e mettete le donne in condizione di lavorare. Uguale significare essere uguale. E finisce con la e».

la polemica su ambra angiolini e le professioni al femminilepinterest
Alessandro Levati//Getty Images
Ambra Angiolini al Concerto del Primo Maggio

Sarà stata forse una provocazione, eppure le donne hanno il diritto di essere chiamate "avvocata" e "ingegnera" (come richiede la stessa grammatica italiana) e anche di essere pagate equamente. Le due cose non si escludono a vicenda, non c'è margine per barattare due diritti che non sono concessioni. Spettano alle donne: li vogliamo entrambi. Sono, tra l'altro, due facce della stessa medaglia. Se i femminili nelle professioni sono poco utilizzati è esattamente perché il mondo del lavoro per secoli è stato in mano solo agli uomini. Ed è l'esclusione e l'invisibilizzazione delle donne lavoratrici che ha portato al gender pay gap e alla disoccupazione femminile, passando anche attraverso l'uso del maschile nei nomi. Chiamare una donna "avvocato" sottende l'idea che questa stia solo occupando una posizione maschile.

Si dirà che le femministe non sono mai contente, che trovano sempre di che lamentarsi, anche quando si parla in favore dei diritti delle donne. Ma è davvero troppo chiedere la parità in tutti i campi? Tra i grandi meriti del femminismo c'è quello di cambiare il modo stesso di concepire la lotta per i diritti: non gerarchica, ma orizzontale, fatta di battaglie intrecciate, di istanze interconnesse, di piani che si sovrappongono e di vittorie conquistate su più fronti, senza mettere da parte nulla.