Capita in autunno, quando le foglie si colorano di giallo e la malinconia conquista la mente e il cuore. E si ripropone all'inizio dell'inverno, quando neanche le lucine e il Natale nell'aria riescono a scaldare l'atmosfera e l'umore. Eppure, mentre l'arrivo della brutta stagione porta con sé in modo quasi automatico pensieri negativi e la voglia di fare nesting, ovvero di ritirarsi in un nido sicuro fino al disgelo, più complesso è comprendere i motivi che ci spingono a fare lo stesso quando la primavera fa capolino.

La primavera può causare sbalzi d'umore

Perché in primavera sono triste?

Come può una stagione che fa rima con risveglio dal torpore, giornate più lunghe, temperature più miti aumentare i livelli di stress, di ansia, di frustrazione e di tristezza? Può, è la risposta, perché non per tutti primavera è sinonimo di rinascita. Anzi, i seasonal blues e i disturbi affettivi stagionali, che sono malesseri e disturbi psicologici più o meno invalidanti collegati al cambio di stagione, tendono ad acuirsi proprio in prossimità di quei periodi in cui si moltiplicano le occasioni di incontro con le persone. In pratica l'arrivo della primavera (così come quello del Natale o dell'estate) tende ad amplificare l'ansia sociale, che a sua volta può scatenare la frustrazione per il non sentirsi come gli altri e dunque sbagliati ("Perché tutti sono entusiasti per la primavera e io no?") e la voglia di chiudersi a riccio ed evitare così ogni situazione di socialità.

Secondo diverse ricerche, allo scoccare dell'equinozio di primavera, il dato sul numero di suicidi e i casi di depressione aumentano, in stretta correlazione con la pressione sociale che si prova nel dover rispondere a determinate aspettative (aver voglia di uscire, vedere gente, fare cose) senza avere la possibilità, la voglia, gli strumenti o la forza di farlo davvero. La componente ormonale, con un aumento dei flussi di alcuni valori come quelli di serotonina e dopamina, può certamente influire sugli stati di ansia da cambio di stagione. In primavera, complici le temperature più miti e le giornate più lunghe, i valori di questi due ormoni aumentano, generando a cascata una sensazione di benessere. Questo equilibrio, però, non è ovvio per tutti: anche se si parla spesso di "risveglio ormonale" o di "ormoni impazziti" allo scoccare della bella stagione, non sempre è possibile stabilire una regola univoca che valga per chiunque in accezione positiva.

Perché in primavera non sono produttivo come gli altri?

Un altro aspetto complesso dell'arrivo della primavera è legato alla produttività. La voglia di fare porta con sé, in alcuni casi, anche quella di raggiungere traguardi, di cambiare vita, di ottenere risultati. Ancora una volta, però, non per tutti è così. Anzi, siamo in un'epoca in cui la performance a tutti i costi, soprattutto in ambito professionale, non è più l'unica ragione di vita possibile (e non solo ai cambi di stagione, ma tutto l'anno). La sensazione di non poter reggere il confronto con chi va avanti a mille all'ora, però, può generare frustrazione e angoscia, aumentare ancora di più i livelli di stress e amplificare stati depressivi già in essere.

Mal di primavera: il journaling come arma per individuare i sintomi

Un buon modo per tenere traccia degli sbalzi d'umore da cambio di stagione, dunque per monitorarne l'eventuale gravità, è scrivere un diario, con le variazioni più evidenti: modificazioni nei livelli di appetito, problemi col sonno, difficoltà nella concentrazione, eccessiva irritabilità, sensazioni di malessere generale. In questo modo si può stabilire l'occorrenza e la frequenza dei singoli fenomeni e capire se le emozioni negative stanno prendendo il sopravvento e se hanno il potere invalidante di impattare sulla quotidianità.

E se si protraggono anche oltre le settimane del cambio di stagione. In questo caso, chiedere aiuto a un professionista è sempre una buona idea. Certo, non sempre è facile arrivare alla consapevolezza di aver bisogno di supporto, ma mettere nero su bianco le proprie emozioni in un diario può servire da specchio: un modo, anche se non risolutivo, per iniziare un cammino se non di guarigione, almeno di tregua.