«Vorrei dire una cosa alla comunità LGBTQ+ italiana: siete davvero coraggiosi, siete i più gentili, siete un'ispirazione. Dovete essere protetti a tutti i costi come tutti gli esseri umani che vivono sul pianeta. Continuerò a scrivere canzoni per voi e continuerò a lottare per voi». Queste parole di Lady Gaga stanno facendo il giro del web: vengono condivise, trascritte, postate, commentate. Per chi negli scorsi mesi ha seguito l'iter - ormai tristemente concluso - del ddl contro omotransfobia, misoginia e abilismo, quello di ieri a Che Tempo Che Fa è stato un momento da brividi. Fabio Fazio ha mostrato alla pop star, ospite in studio, un video della manifestazione di Milano contro l'affossamento del Ddl Zan e Lady Gaga si è commossa guardando la folla cantare Born This Way. A guidare la folla quella sera c'era Checcoro, il primo coro LGBT di Milano formato da persone di ogni orientamento sessuale e identità di genere, un coro a cappella che sostiene e promuove una cultura dei diritti sociali e civili per tutti. Abbiamo chiesto a Gianluca Trezzi e Danila Grillo presidente e vicepresidente di Checcoro di raccontarci come la musica può diventare lotta per i diritti.

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Cos'ha significato per voi vedere Lady Gaga commuoversi davanti al video di una delle vostra performance?

Cantare in piazza è stata un’emozione grande, è stato un momento di grande partecipazione: la piazza era strapiena e non ce lo aspettavamo anche perché è stato tutto organizzato in breve tempo. C’era anche una reazione emotiva per la grande delusione che come comunità abbiamo provato quando è stato bloccato praticamente definitivamente l’iter di approvazione del Ddl Zan. Già quella sera in piazza era stata una forte emozione e ancora di più vedere che il video ha raggiunto addirittura Lady Gaga e altri attraverso di lei (perché bisogna dire che ancora una volta Lady Gaga ha amplificato e rafforzato il messaggio come lei sa fare dicendo delle bellissime parole rivolgendosi sia alla comunità, ma in generale agli italiani). Quindi sicuramente è stata una sorpresa, un’emozione grande e, da un certo punto di vista, anche una conferma che la musica è un linguaggio potente. Noi usiamo il canto e la musica per lanciare dei messaggi e siamo estremamente felici che quello che facciamo da anni sia arrivato a segno.

Raccontateci qualcosa di più su quella sera a Milano...

La manifestazione è stata organizzata in 20 ore da quando è stato affossato il ddl Zan. Noi come Checcoro facciamo parte del coordinamento Arcobaleno che comprende diverse associazioni LGBT di Milano. Abbiamo sentito anche i Sentinelli e insieme ad Arcigay abbiamo deciso di fare una manifestazione subito, a stretto giro. Proprio per questo abbiamo scelto di ridurre al minimo la parte degli speech: ci sono stati solo tre brevi interventi in cui abbiamo spiegato il senso della giornata. Uno dei momenti clou è stato un flashmob simbolico: inizialmente dovevamo sdraiarci tutti a terra per ricordare che questa legge riguarda i nostri corpi e il nostro modo di essere, poi eravamo così tanto che abbiamo potuto solo sederci a terra. Lì c’è stato un minuto di silenzio per esprimere la delusione e la tristezza perché non si è fatto un passo avanti verso la tutela delle persone e dei cittadini. A quel punto però volevamo anche un momento di rinascita: la piazza si è alzata in piedi e l’avvio è stato dato dal coro che ha iniziato a cantare We Shall Overcome che è uno dei canti del movimento per i diritti civili afroamericano. Ci ricolleghiamo infatti alla loro idea di darsi coraggio con il canto e perseverare in una battaglia che è lunga e culturale e che necessita di tanta determinazione, perseveranza e pazienza. Se c’è uno stop poi ci si rialza e si va avanti.

Avete cantato altri brani?

Poi abbiamo cantato appunto Lady Gaga, Born This Way che è un pezzo che abbiamo in repertorio e che cantiamo molto spesso perché dal testo è evidente il messaggio che richiama come ogni persona è degna di esprimere pienamente la propria personalità e trovare il proprio posto nella società a prescindere da qualsiasi aspetto della sua personalità o storia familiare. Abbiamo anche cantato Bella Ciao che ha coinvolto l’intera piazza perché tutti la conoscono non tanto con una valenza politica destra/sinistra, ma perché è un canto di lotta e resistenza. Poi ci siamo spostati sui gradini per farci sentire meglio e, anche su richiesta della piazza, abbiamo concluso con un ultimo brano che è Bread and Roses che è un canto della tradizione femminista anglosassone perché anche in quel caso volevamo ricollegarci a una battaglia per l’emancipazione.

Com’è nata l’idea del coro?

Il coro esiste a Milano da circa 10 anni. La tradizione dei cori e dei canti LGBTQ+ è anglosassone. Negli Stati Uniti e in UK esistono già da 30 o 40 anni, in Europa e in Italia siamo arrivati con molto ritardo. Adesso però, nell’ultimo decennio, si sono molto sviluppati in Italia. Noi siamo nati come Christmas Choir quindi come coro che cantava a Natale le Christmas carol. Siamo un coro che canta nelle strade e nelle piazze principalmente infatti cantiamo a cappella. L’idea è quella di andare in mezzo alle persone e incontrare chi non ci conosce, all’inizio cantavamo le canzoni natalizie per dire che anche per la comunità LGBT è Natale. Uno dei nostri brani ad esempio racconta la storia di un coming out per Natale: è la festa della famiglia e ognuno deve sentirsi accettato. Oggi siamo 70 soci e stiamo riprendendo da dopo la pandemia, siamo un’associazione di promozione sociale e facciamo tanti eventi tutto l’anno. Spesso facciamo concerti: ad esempio questa settimana per il Transgender Day of Remembrance e la prossima per la Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne. Poi andiamo spesso alle manifestazioni, scendiamo in Piazza per il Pride, per il 25 aprile, per le manifestazioni contro il razzismo e ad ottobre per il Coming out Day abbiamo cantato nei mercati rionali. La manifestazione contro l’affossamento del ddl Zan, però, è stata forse quella dove la nostra voce si è fatta sentire più forte.

Cosa comprende il vostro repertorio?

Noi armonizziamo a 4 voci dei brani pop. Il nostro repertorio ha tre filoni sostanzialmente: le canzoni natalizie che erano la nostra base, e le canzoni di lotta e militanza. Poi c’è un filone pop che riprende l’idea della festa e dello stare insieme, ma si lega anche a personaggi che hanno rotto delle barriere e abbattuto dei pregiudizi. Per quello italiano abbiamo arrangiato noi ad esempio dei medley della Carrà e di Mina, e lo abbiamo fatto con il pop internazionale. Cantiamo Lady Gaga, Elton John ma anche molti altri. Tendenzialmente scegliamo dei testi che possano essere d'ispirazione per i messaggi che vogliamo portare. Noi siamo un coro antirazzista e contro ogni discriminazione.

Come reagiscono le persone che assistono alle vostre performance?

Abbiamo scelto la musica proprio perché è un mezzo di comunicazione facile. Quando a Natale andiamo in giro per la città e ci mettiamo a cantare negli angoli delle piazze la gente arriva e si raccoglie attorno a noi perché la musica e il canto richiamano. Poi ci presentiamo e allora lì molte volte c’è la sorpresa perché le persone non si aspettano di incontrare delle persone che fanno coming out mentre cantano. C’è sorpresa: alcune volte qualcuno gira le spalle e se ne va, molte volte c’è chi rimane sorpreso positivamente. Spesso anche persone anziane meno abituate a parlare di questi argomenti ci fanno domande: in occasione del Coming Out Day è venuto un signore molto cattolico e impegnato nel sociale che ci ha manifestato la sua solidarietà. Tra i giovani e giovanissimi invece troviamo più porte aperte e chi ci sente cantare spesso ci chiede di cantare con noi entrando a far parte del coro. Lanciamo dei semi in modo che poi le persone ci riflettano o gli venga voglia di approfondire o di parlarne a casa o con gli amici.

Che ruolo ha la musica nelle manifestazioni?

Solitamente alle persone arriva il messaggio che vogliamo mandare con la scelta dei canti. L’ultima volta è stato così e moltissime persone ci hanno ripreso e taggato nelle loro stories, ad esempio. Il linguaggio della musica è riuscito a trasmettere anche il contenuto dei messaggi. Alle manifestazioni sentire cantare non è così strano, c’è una tradizione del cantare in piazza. La musica ha un ruolo perché cantare in tanti è un modo per esprimere la condivisione di un messaggio o di un sentimento di determinazione e di lotta.