"A più di 40 anni dall’entrata in vigore della legge 194 che ha decriminalizzato e regolamentato il diritto all’aborto, non siamo ancora nella condizione di decidere autonomamente e accedere liberamente all’interruzione volontaria di gravidanza". Purtroppo lo sappiamo: in Italia siamo libere di abortire solo sulla carta perché l'accesso all'IVG è nei fatti limitato dall'altissimo numero di medici e infermieri obiettori, dal tentativo di svariate giunte regionali di ostacolare l'aborto farmacologico e dallo spazio lasciato ad associazioni pro-life contro la libera scelta. Lo conferma Giulia Crivellini, avvocata e tesoriera di Radicali Italiani, alla presentazione della campagna Libera di Abortire da poco lanciata per chiedere che in Italia la 194 sia effettivamente rispettata. 7 proposte, una petizione (da firmare!), 10 città italiane invase dai manifesti: è il momento di farsi sentire.

instagramView full post on Instagram

Alla base della campagna, promossa da Radicali Italiani assieme ad altre associazioni c'è la parola "libertà" per sottolineare come la volontà delle donne di decidere del proprio corpo sia ancora costantemente ignorata. "Abbiamo lavorato a un vademecum per migliorare la 194, ma anche la situazione quotidiana negli ospedali", dice Francesca Tolino che mesi fa ha denunciato il cimitero dei feti al Flaminio di Roma dove i prodotti abortivi venivano sepolti senza il consenso delle dirette interessate. "Tanti medici sono obiettori non per una questione etica", spiega, "ma perché le strutture in cui lavorano glielo impongono. Io ci ho messo dieci giorni a trovare un medico che prendesse il mio caso". Il suo è uno dei volti che compaiono sui manifesti della campagna: donne che hanno subito ingiustizie e violenze fisiche e psicologiche per aver scelto l’interruzione volontaria di gravidanza. La storia di Tolino mostra chiaramente come gli ospedali tendano a non mettere al primo posto i diritti delle donne: dopo aver incontrato diverse difficoltà nel ricorrere a un'IVG per malformazione del feto, ha scoperto l'esistenza di una tomba con il suo nome al cimitero Flaminio realizzata senza che lei avesse fornito alcuna autorizzazione alla sepoltura: "Nasce un figlio e metti il cognome del padre, ma per il feto sepolto c’è quello della madre".

C'è un intero sistema che sembra andare contro le donne quando si tratta di IVG: "Non siamo ancora nella condizione di decidere autonomamente e accedere liberamente all’interruzione volontaria di gravidanza", si legge nella petizione di Libera di abortire, "per colpa del numero altissimo di obiettori, delle violenze fisiche e psicologiche, dell’assenza di informazioni chiare e scientificamente corrette e delle amministrazioni anti-abortiste". Ecco perché la campagna chiede che vengano date disposizioni alle Regioni per assumere medici non obiettori, che "sia inserito un indicatore specifico che valuti la presenza/assenza, i tempi e le modalità di erogazione dei servizi per l’interruzione volontaria di gravidanza, e siano previste, per le Regioni che non garantiscono tale prestazioni, penalizzazioni nei finanziamenti".

Si chiede poi un incentivo della telemedicina in caso di procedura di aborto e percorsi di preparazione, aggiornamento e informazione del personale sanitario coinvolto nelle pratiche di IVG oltre che una adeguata formazione nelle scuole di specializzazione di ginecologia ed ostetricia. Inoltre, sarebbe necessaria una maggiore attenzione quando si parla di aborto. Secondo i Radicali Italiani (e pure secondo noi), tutte le informazioni fondamentali sull’IVG dovrebbero essere chiaramente reperibili sul sito del Ministero della Salute per evitare il diffondersi di fake news e allarmismi volti unicamente a spaventare chi sceglie di abortire. Non solo: è importante anche iniziare a pensare alla prevenzione che non può che includere progetti di educazione sessuale e affettiva nelle scuole. Infine, la petizione chiede che siano svolte indagini sull’aborto clandestino in Italia, "le cui stime in tutti gli ultimi rapporti e secondo analisti, specialisti, prefetture e Ministero della Giustizia continuano ad essere poco attendibili". Si tratta di richieste in linea con la legge 194 che permetterebbero alle donne di poter davvero accedere all'IVG senza incorrere in forme di violenza e nello stigma che ancora aleggia su chi decide del proprio corpo.