Liberi di scegliere, liberi di vivere, liberi di esprimersi, liberi di amare. Il 25 aprile in Italia si celebra la Liberazione dall'occupazione nazista e dal regime fascista ricordandoci che, se non ci fosse stata, vivremmo ancora in una dittatura. Eppure la libertà è sempre in pericolo: c'è ancora chi vuole imporre la propria idea del mondo sugli altri e di solito lo fa con aggressività confondendo la libertà di espressione con l'odio più becero. E invece (spoiler) c'è una bella differenza, ma qui in Italia il confine tra opinione e violenza è ancora poco chiaro e una legge come quella proposta da Alessandro Zan viene considerata "problematica". Cerchiamo di fare un po' di chiarezza: domenica Erika Mattina e Martina Tammaro, due ragazze lesbiche che gestiscono la pagina Instagram Le perle degli omofobi, hanno subito pesanti attacchi durante una diretta: "Bruciate", "Dovete morire nei forni", hanno scritto gli haters inneggiando alla Shoah. Questo è odio omofobico condito di fascismo e neonazismo. Non c'è altro modo per definirlo e come tale andrebbe punito.

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"Cioè Erika dovrebbe esser sterminata in quanto lesbica", scrivono le due in un post di denuncia "Capito? In quanto lesbica. Vi ricorda niente?". I riferimenti ai forni crematori sono agghiaccianti, specie nel giorno della Liberazione quando "un gruppo di persone è entrata in live insultandoci e augurandoci la morte per il nostro orientamento sessuale", raccontano a La Repubblica di Torino. Ma questo non è certo l'unico caso: sul profilo si leggono molte altre minacce di morte e di stupro, commenti orribili che vanno dal "Siete malate", ad "Avete mai pensato di darvi fuoco?", passando per "Fate schifo" e "Lesbiche di m***a".

"Ci augurano di morire, evocano la Shoah in un giorno così simbolico come è il 25 aprile", spiega Martina riferendosi a un commento in particolare lasciato sotto il video dove un amico raccontava la storia di Erika. "Siamo stanche, quando abbiamo letto questo commento abbiamo deciso per l'ennesima volta di fare denuncia, di dare tutto in mano all'avvocato". Ormai è più di un anno e mezzo che le due ragazze portano avanti questa battaglia raccogliendo gli insulti ricevuti e postandoli in modo che tutti possano vedere cosa significa essere lesbiche in Italia. "Ammetto che ci sono momenti, come questo, in cui hai voglia di rispondere ma non vogliamo cadere nell'errore", continua Martina, "Un altro ragazzo ci ha scritto almeno trenta messaggi privati e una sola parola, 'brucia'".

Tutto questo, tra l'altro, avviene proprio mentre la legge Zan viene trattenuta in Commissione Giustizia perché considerata "divisiva" nonostante ci sia pure un articolo apposito a tutelare le opinioni purché non incitino a odio e violenza. "In Italia, nel 2021, funziona così", scrivono Erika e Martina in un altro post, "funziona che si ha paura della teoria gender, delle esibizioni delle drag queen nelle scuole, delle potenti lobby LGBT, degli uomini che si sentono donne e vogliono rubare loro tutti i diritti e le loro conquiste, e poi magari anche delle invasioni aliene, degli asini che volano e degli unicorni che vogliono rubarci gli arcobaleni. Ma non si ha paura dell'ignoranza, di gente che ancora oggi è convinta di poter 'convincere' due lesbiche a convertirsi all'eterosessualità facendole andare a letto con lui. Non si ha paura di chi è convinto che siamo malate e che possiamo guarire con una bella scopatina con un bel maschio alpha". La situazione è grave e i continui attacchi omotransfobici ne sono la prova. "Applausi e tanto di cappello a tutti quelli che lottano con i denti stretti per fermare e non calendarizzare la legge Zan (rinviata ancora una volta)", concludono infatti le ragazze, "noi poveri fessi in attesa di una legge di civiltà abbiamo tanto tempo da perdere, tra un "ti curo io" e un "fate schifo, ammazzatevi". È davvero questo il Paese che vogliamo?