Il 25 novembre è la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne e mai come in questi tempi di pandemia Covid-19 ti chiede di agire. Sostenendo i centri di aiuto, denunciando le discriminazioni di genere, facendo informazione sui tuoi social e tingendoli di arancione. È l’invito della campagna UNiTE dell’Onu per porre fine alla violenza contro le donne entro il 2030. Una call to action che durerà fino al 10 dicembre, Giornata dei diritti umani con lo slogan: "Orange the World: Fund, Respond, Prevent, Collect!".

“Orange the World: Fund, Respond, Prevent, Collect!”

L’emergenza sanitaria e i ripetuti lockdown, infatti, stanno mettendo ancora più in difficoltà le donne, e in particolare modo quelle a rischio di abusi che finiscono confinate con il proprio aguzzino. «Mentre il mondo iniziava a chiudersi in casa a causa delle misure di blocco introdotte per frenare la diffusione del Covid-19, diversi studi hanno registrato un aumento allarmante di un’altra pandemia già esistente, quella della violenza contro le donne», ha sottolineato l’Onu in un appello. Non a caso, a crescere è soprattutto la violenza domestica e, purtroppo, i femminicidi per mano di mariti e compagni.

Secondo l’osservatorio dell’Onu, le più diffuse forme di violenza contro donne e ragazze (Vawg) nel mondo sono molteplici: fisiche, psicologiche, sessuali, finanziarie. I soprusi avvengono soprattutto in famiglia e ad alimentarli sono le condizioni di vita isolate dovute alle misure di distanziamento sociale, e l’insicurezza economica. In aggiunta a tutto ciò, sono in crescita le segnalazioni di abusi e molestie sessuali online.

I dati italiani, purtroppo, riflettono ampiamente questo quadro drammatico

I dati italiani, purtroppo, riflettono ampiamente questo quadro drammatico. In un contesto di crisi che penalizza in particolare la popolazione femminile (470mila occupate in meno nel secondo trimestre del 2020 rispetto allo stesso periodo nel 2019, dati Istat), chi già vive in situazioni familiari borderline è ancora più a rischio di subire violenza. Anche in Italia, infatti, sono in aumento le richieste di aiuto: secondo i rilevamenti dell’Istat, le chiamate telefoniche e via chat al numero verde antiviolenza 1522 tra marzo e giugno 2020 sono più che raddoppiate rispetto all’anno precedente (+119,6%). E se poi ti soffermi ad analizzare solo il numero dei messaggi, scopri che sono addirittura quintuplicati. Un dettaglio rivelatore: quando ti trovi reclusa in uno spazio ristretto in compagnia del tuo persecutore, una telefonata può innescare una reazione devastante.

Tutto questo, però, sarebbe solo la punta dell’iceberg

Tutto questo, però, sarebbe solo la punta dell'iceberg. La pandemia di Covid-19, purtroppo, concentrando ogni sforzo collettivo sulla necessaria lotta al virus, ha anche l’effetto collaterale di indebolire gli strumenti a disposizione delle donne in difficoltà, con il risultato di scoraggiare queste ultime dal difendersi e reagire. Nel primo lockdown, in poco più di un mese gli 80 centri antiviolenza non statali della rete D.i.Re (Donne in rete contro la violenza) hanno ricevuto richieste di aiuto da oltre 1.200 donne in più rispetto alla precedente rilevazione. «Ciò conferma quanto la convivenza forzata abbia ulteriormente esacerbato situazioni gravi che le donne stavano vivendo», commenta le statistiche Paola Sdao che con Sigrid Pisanu coordina il gruppo di ricerca e analisi dei dati di D.i.Re. Tra i numeri, però emerge un altro elemento allarmante: le chiamate si riferiscono per lo più a situazioni già note, mentre i nuovi contatti rappresentano appena il 28% del totale (nel 2018 erano il 78%). Un calo che si giustifica solo con il fatto che molte rinunciano continuando a subire in silenzio.

Le misure per il contenimento del virus come la mobilità fisica limitata, i trasporti pubblici sospesi o ridotti e le restrizioni nelle attività dei servizi di supporto (rifugi, assistenza legale, servizi per la salute sessuale e riproduttiva) stanno ostacolando in tutto il mondo l’accesso delle vittime di Vawg ai pronto soccorso, alla giustizia, all’assistenza sanitaria e psicologica e alle strutture che offrono protezione. Lo denuncia anche l'Onu. Una situazione drammatica che in Italia può diventare ancora più problematica a causa di una giustizia non di rado condizionata da una persistente cultura maschilista e che si è dimostrata poco efficiente anche in tempi pre Covid-19.

Chiara Ferragni e il suo discorso su Essere donna nel 2020

Anche Chiara Ferragni alla vigilia del 25 novembre ha voluto denunciare l’escalation di violenze contro le donne. L'ha fatto con un video su Instagram dal titolo "Essere donna nel 2020" che in pochi giorni ha avuto oltre 7 milioni di visualizzazioni. Chiara ha tenuto un discorso molto diretto che tutti, uomini e donne, dovrebbero ascoltare. Ha affermato che ancora oggi viviamo in “una società molto maschilista e patriarcale, in cui le donne vengono giudicate in modo differente rispetto agli uomini». Ha spiegato come i media spesso parlano dei reati di violenza contro le donne usando parole che giustificano gli uomini, una distorsione dei fatti che si chiama victim blaming e che ti porta a colpevolizzare le vittime invece dei loro carnefici. Ha anche parlato di slut shaming (discriminazione in base alle preferenze sessuali) e di revenge porn, con cui gli uomini cercano di distruggere la reputazione delle donne. Chiara ha affermato che “queste azioni vengono narrate come atti goliardici e bravate, il che è assurdo e rende ancora più difficile per le vittime denunciare perché temono di non essere prese sul serio”. E ha concluso con un appello: “Purtroppo anche molte donne condividono questi punti di vista, e invece dobbiamo essere unite, prendere posizione, allearci tra noi e con i tanti uomini che la pensano come noi. È una battaglia che dobbiamo combattere adesso tutti insieme per costruire una società migliore”.

L'Italia è stata condannata due volte dall'Europa per aver ostacolato i diritti delle donne vittime di violenza

Forse non lo sai, ma il nostro Paese è stato di recente condannato ben due volte dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa per aver ostacolato i diritti delle donne vittime di violenza ed è tuttora sotto vigilanza fino al 31 marzo 2021. Entro quella data l’Italia sarà chiamata a presentare nuove misure a garanzia di una corretta valutazione del rischio per chi denuncia. Inoltre, dovrà fare di più per prevenire la violenza e assicurare risorse ai centri antiviolenza. Nel frattempo, però, questi ultimi continuano a operare tra mille difficoltà e in costante carenza di fondi. «I nostri dati ci confermano che sono servizi essenziali e un punto di riferimento per le donne, eppure non sono mai citati nei vari Dpcm e hanno dovuto nella maggior parte dei casi provvedere in autonomia a mettersi in sicurezza e a reperire alloggi di emergenza», denuncia Antonella Veltri, presidente di D.i.Re.

Nonostante i tanti ostacoli e difficoltà, la solidarietà delle donne non si ferma

A luglio 2020 numerose attiviste e associazioni legate alla rete D.i.Re hanno redatto un documento con una serie di proposte femministe per ridurre la disparità di genere in Italia dal titolo: “Position Paper. Il cambiamento che vogliamo”. Nei giorni scorsi, a nome di tutte le firmatarie D.i.Re ha indirizzato una lettera al premier Giuseppe Conte per chiedere più sostegno, a iniziare da quello economico previsto dal Recovery Fund, e il 25 novembre una loro delegazione sarà accolta in Senato. Nel frattempo, il movimento femminista Non una di meno non potendo organizzare un'unica manifestazione nazionale a causa della pandemia, ha ideato una serie di iniziative contro la violenza di genere in diverse città decretando l'Italia "zona fucsia", simbolo di una nuova onda di consapevolezza femminile. Flashmob, assemblee digitali e campagne social su Instagram e Facebook vengono rilanciate con lo slogan: “Se ci fermiamo noi, si ferma il mondo”.

Anche tu puoi dare una mano

La campagna UNiTE che l’Onu lancia il 25 novembre 2020 per 16 giorni ti invita a passare all’azione. Ecco come.

Colora di arancione i tuoi social per far sapere alla community che sei contro alla violenza online e offline.

Fai una donazione a un centro antiviolenza o a un servizio di aiuto telefonico.

Impegnati personalmente a non perdonare o accettare la violenza di genere e a denunciarla sempre.

Informati sulle cause e le conseguenze della Vawg.

Parla con familiari e amici dell’impatto negativo della Vawg sul singolo individuo e sulla società.

Sostieni con una donazione il Fondo delle Nazioni Unite per porre fine alla violenza contro le donne.

Ti è piaciuto l'articolo? Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere gli articoli di Cosmopolitan direttamente nella tua mail.

ISCRIVITI QUI