Ti è mai capitato di andare in paranoia per il terrore che il tuo smartphone ti abbandoni? Quando ha la batteria al 3% e non hai con te il caricabatteria: panico. Per evitare succeda lo tieni perennemente in risparmio energetico con la luminosità al minimo, uccidi tutte le app aperte, non rispondi alle chiamate (fallo pure, consumano pochissimo). Lo metti in modalità aereo solo se sei assolutamente costretta, ovvero quando sei in aereo. In quei pochi minuti in cui decidi di riavviarlo perché si è impallato, lui ti manca.

Se metti una mano in borsa e non lo trovi ti scende un brivido lungo la schiena e quella volta in cui l'hai dimenticato a casa (come è potuto succedere ancora non te lo spieghi) sei tornata indietro a prenderlo. Te lo porti in giro per la casa da una stanza all'altra, anche se non hai intenzione di usarlo: vederlo lì, sempre accanto a te sul divano, a tavola, anche a letto, ti rassicura. Raramente lo perdi d'occhio e raramente lui ti dà tregua.

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Quella che ti sembra una relazione normale col tuo device potrebbe essere patologica: una forma di dipendenza da smartphone, che oggi ha un nome stampato sul dizionario: nomofobia.

Cos'è la nomofobia

La nomofobia è una faccenda seria. È l'abbreviazione di no-more-phone fobia, ovvero la paura paura irrazionale di non poter usare il telefono. Lo stilista belga Raf Simons, provocatoriamente, l'ha scritta in corsivo sulle custodie per iPhone X della nuova collezione Fall/Winter 2019.

Secondo le ricerche più recenti del National Institute on Drug Abuse for Teens, più di 2 adolescenti su 3 vanno in ansia se non hanno a portata di mano il telefono. In particolare dai 18 ai 34 anni la nomofobia raggiunge il suo picco massimo.

È uno stato di angoscia al pensiero di perdere il tuo smartphone o rimanere con la batteria a terra. Si manifesta con il controllo continuo delle notifiche sui social e sulle app di messaggeria. Anche tenere sempre acceso lo smartphone 24 ore su 24, tenerlo sul comodino o vicino al cuscino, scrollare le timeline mentre stai mangiando o a scuola sottobanco, sono comportamenti potenzialmente nomofobici.

"La nomofobia va di pari passo con l’Internet Addiction Disorder (IAD), ovvero l’uso compulsivo di internet e basta una rapida osservazione sociale per rendersi conto che la situazione è ormai fuori controllo, perché indipendentemente dal contesto, l’uso dei dispositivi mobile ha preso il sopravvento sul buon senso e sulle norme di civile convivenza." spiega il report di Guidapsicologi.it.

I sintomi? Ansia e nervosismo che deteriorano la vita di tutti i giorni e compromettono le tue relazioni sociali. Ma come fare per dare un taglio alle abitudini tossiche, senza costringerti a un digital detox radicale? L'abbiamo chiesto all'esperto, il dottor Michele Facci.

Quali sono i comportamenti nocivi o a rischio?
"Cerchiamo, prima di tutto, di dare alcune definizioni. Per nomofobia si intende generalmente la paura smisurata di restare senza la possibilità di utilizzare il proprio smartphone. Non importa per cosa: l’importante è che lo smartphone sia sempre a disposizione, le persone nomofobiche tendono ad esempio ad avere con loro sempre il caricabatterie, ad assicurarsi di avere sempre accesso ad internet, a tenere il telefono accesso 24 ore al giorno dormendoci vicino e portandolo anche in bagno, in particolare evitano situazioni in cui potrebbero non avere accesso al telefono e alla rete dati. Sia questo per scaricare App, aggiornamenti, stare connessi ai social o verificare se ci sono notifiche dai gruppi di messaggistica che seguiamo."

Nella pratica che problemi può causare?
"Il problema principale legato a questa condizione è quello di non saper più vivere nel “qui e ora”, sperimentando ansia e frustrazione qualora ci si trovasse senza telefono, non riuscendo più ad entrare in contatto con le esperienze della vita quotidiana, con uno sguardo di una persona o un gelato, un bel tramonto o un abbraccio. L’ansia ci impedisce di vivere il presente, di vivere le relazioni reali e il sapore, i profumi, i piacere della vita concreta, andando a perderci nella vita virtuale."

Come si differenzia la Nomofobia dall'Internet Addiction Disorder (IAD)?
"Internet Addiction Disorder è un termine meno recente, con il quale si tende a indicare la dipendenza da internet in generale, che può essere di varie tipologie: dipendenza dal gioco online, dallo shopping compulsivo online, dal cybersesso e via dicendo. Non si tratta di non voler lasciare il proprio cellulare, quanto piuttosto di dover esser sempre connessi ad internet, con qualsiasi mezzo, da qualsiasi luogo, con lo scopo di continuare a giocare, o guardare video, navigare, raccogliere “like” sui profili social. Di fatto, la nomofobia potremmo definirla una dipendenza da smartphone (comunque connesso ad internet), mentre le IAD includono le diverse forme di dipendenza da internet.

Come ci si accorge di essere nomofobici?
"Se hai la costante esigenza di restare connessa e vai in ansia nel momento in cui sei senza i tuoi social o connessione internet in generale, a prescindere dall’uso che ne fai, sei in una condizione quanto meno di rischio psicopatologico."

Un consiglio per autoregolarsi?
"Prova a cambiare la tua vita, anche solo per un giorno. Non perché i tuoi genitori, gli insegnanti o gli esperti lo suggeriscano, ma solo per te stessa, per darti la possibilità di fare qualcosa di diverso. Magari potrebbe piacerti, no? Prova ad assaporare una buona pizza senza prima fotografarla, concentrati sui suoi sapori, sui profumi, sulla consistenza. Guardati intorno, scopri gli occhi delle persone, il sorriso di un bambino, lo scodinzolare di un cane. O ancora, la pelle di un anziano, il colore del mare, le nuvole che passano nel cielo, il piacere di camminare a piedi nudi nel prato. Riscopri il piacere di vivere nel mondo concreto: superati primi minuti di stordimento legato all’assenza di bombardamento di notifiche, vedrai che riuscirai ad assaporare meglio ciò che ti circonda e chissà, potrebbe essere l’occasione di incontrare qualche ragazzo o qualche ragazza che ricambia uno sguardo, che ti fa arrossire, che ti fa battere il cuore e magari ti fa venire un po’ di ansia... quella sana!"

4 tips per tenere a bada la nomofobia

La tua relazione disfunzionale con lo smartphone può trasformarsi in una storia d'amore sana e appagante. Basta seguire questi consigli!

State un po' lontani

La lontananza può far bene a un rapporto in crisi come il vostro. Separati dal telefono per un po', lascialo in un'altra stanza, chiudilo volontariamente a chiave in un cassetto o dallo in custodia a un amico fidato per qualche ora. "Essere fisicamente distanti dal proprio smartphone aiuta a ridurre la necessità di controllare eventuali notifiche. Eliminare la tentazione è un primo passo per prenderne le distanze," spiegano gli esperti di Guidapsicologi.it

Mettilo a tacere

Tenerlo in modalità silenziosa ti permette di prendere il controllo del bombardamento di stimoli a cui ti sottopone. Sei tu a decidere quando leggere le notifiche, non lui subissandoti di plin, din, frrr. "Non è necessario vedere e rispondere a tutto subito. Queste continue distrazioni possono creare gravi problemi a livello di attenzione e di memoria," ammoniscono gli esperti.

Dagli buca, ogni tanto

Fissa tempi e luoghi in cui decidi di non usarlo, per nessun motivo: per esempio mentre stai guardando un film, per due ore puoi tranquillamente dimenticarti di lui. Eleggi delle zone della casa off limits, in cui lui non può seguirti: decidi che in camera tua non entra, in bagno leggi un libro, a cena con te non ci viene, punto e basta.

Frequentatevi meno (e meglio!)

Come in ogni relazione il tempo di qualità ha il potere di cementare il vostro rapporto in modo sano. Riduci tempo in cui lo usi e prendilo in mano per fare qualcosa di davvero edificante: leggere un libro sull'app Kindle, controllare le notizie del giorno, fare shopping online se ti va, mandare un messaggio carino alla mamma o a un'amica che non senti da tanto tempo, puoi perfino telefonare! Dedica a queste attività porzioni limitate di tempo: 15 minuti. Poi lascialo da parte per mezz'ora senza interruzioni, poi 45 minuti, poi un'ora. "È solo questione di abitudine e di sostituire una pratica nociva con una positiva," incoraggiano gli esperti.