Ogni 25 novembre, come ogni giorno, Cosmo è in prima fila per difendere le donne dalla violenza. Ma ci sono tipi di violenza così subdoli che forse perfino una ragazza sgamata come te li potrebbe sottovalutare. Qui ti spieghiamo a quali segni fare attenzione, come gestirli e quando è il caso di denunciare.

Alcune forse le conosci già: molestie, stalking, stupro sono reati penali, cioè esiste una legge che punisce chi li perpetra. Altri tipi di violenza sono più difficili da incasellare, perché il confine tra un'avance e un abuso è più sfuocato, o perché il carnefice è qualcuno a cui vogliamo bene, o perché non riusciamo a riconoscerle come forme di violenza.

L'abc della violenza

Dare un nome alle cose ti aiuta a sentirti meno confusa e più sicura, per reagire, riuscire a difenderti da sola o farti aiutare da qualcuno. Perché non sempre le vittime di violenza riescono a trovare la forza di tirarsene fuori: a questo servono le associazioni che affiancano le donne vittime di abusi in famiglia o sul lavoro. In questo utilissimo Glossario della violenza pubblicato dal Corriere in collaborazione con i linguisti Treccani, scopri il significato di parole che hanno sfumature complesse.

Scoprirai così che una molestia sessuale («Atto o discorso lesivo della dignità di una persona dal punto di vista sessuale») è un reato, mentre un'avance («Tentativo di sondare le intenzioni dell’altra parte nel rapporto galante») non lo è, ma può diventarlo se prende i contorni di un ricatto.

Una lusinga («Motivo di allettamento, costituito o sottolineato da espressioni carezzevoli o adulatorie») se insistente, può diventare sopraffazione («Imposizione dura e prepotente della propria volontà») se ti trovi in una posizione di inferiorità o debolezza.

Si parla di violenza sessuale, carnale e stupro quando c'è la penetrazione non consensuale. Tutti gli altri casi in cui la penetrazione non c'è, ma magari ci sono palpeggiamenti o percosse, si parla di genericamente di violenza. Fare questo distinguo aiuta anche a denunciare e a farti un'idea di quanto sia difficile racchiudere in una definizione ciò che rappresenta non solo una violenza fisica, ma anche psicologica.

Prendiamo ad esempio il mobbing o lo stalking, che solo di recente sono stati riconosciuti come reati. Sia lo stalking («Insieme di comportamenti persecutori ripetuti e intrusivi, come minacce, pedinamenti, molestie, telefonate o attenzioni indesiderate, tenuti da una persona nei confronti della propria vittima»), sia il mobbing («Forma di molestia psicologica esercitata sul personale delle aziende, consistente nell’impedirgli di lavorare o nel porgli insopportabili costrizioni nello svolgimento del lavoro») rientrano nella sfera delle molestie, ma possono sconfinare nella violenza psicologica, cioè quel tipo di violenza che scava ferite nell'anima.

Le mille facce della violenza psicologica

In Italia la violenza psicologica non è un reato, ma rientra in alcuni articoli del Codice Penale che puniscono altri tipi di abusi con la reclusione da 3 mesi a 4 anni. Sei una vittima di minaccia (articolo 612), se qualcuno ha nei tuoi confronti un comportamento intimidatorio, che limita la tua libertà mettendoti paura, per esempio un fidanzato che ti impedisce di uscire di casa minacciando di farti del male se non fai come vuole lui. Se ti fa effettivamente del male, ovvero ti minaccia usando la forza fisica si tratta di violenza privata (articolo 610). Si tratta di lesione personale (articolo 582) se qualcuno ti provoca lesioni fisiche o psicologiche con una prognosi superiore a 20 giorni. Puoi denunciare una persona per stalking (articolo 612-bis) se ti minaccia ripetutamente o ti molesta in continuazione, anche a parole, senza che necessariamente ci sia un contatto fisico, per esempio un ex a cui hai detto di starti alla larga che ti bombarda di sms, ti segue o si apposta sotto casa.

Riconoscere la violenza: quando bisogna denunciare?

Partiamo dal presupposto che fai benissimo a difenderti da qualsiasi approccio verbale o contatto fisico che ti mette a disagio. Ma dire di no, protestare, negarsi o svignarsela a volte non è sufficiente, per questo è importante parlare, segnalare e, se ci sono gli estremi, denunciare.

In Italia purtroppo il tempo a disposizione per segnalare alle autorità una violenza subita è molto poco: appena 3 mesi, che diventano 6 per la violenza sessuale. Se hai fatto attenzione alla vicenda di Harvey Weinstein e alla scia di denunce, molte donne coinvolte in casi di violenza non hanno potuto sporgere una denuncia formale perché il loro outing era legalmente fuori tempo massimo, ma sono state credute lo stesso dall'opinione pubblica: è una grande conquista in una società fondamentalmente maschilista. Uno dei fattori determinanti, che impediscono alle donne di raccontare la violenza subita, è proprio la paura di non essere creduta.

Quando l'amore diventa violento

Non è un caso se la maggior parte dei reati sessuali avviene tra persone che si conoscono e che hanno (o hanno avuto) una relazione consensuale. Insomma è più probabile che a saltarti addosso sia qualcuno che conosci anziché un pazzo che salta fuori da dietro un albero quando vai a correre.

Secondo le stime più recenti in 6 casi di femminicidio su 10 l'aggressore è il compagno o un ex. Anche in questo caso il vocabolario ci viene in aiuto: se più genericamente quando parliamo di femminicidio intendiamo l'uccisione di una donna, tecnicamente si può usare questo termine anche per definire "l'annientamento morale della donna e del suo ruolo sociale".

La violenza sulle donne è un problema di salute pubblica talmente grave, che viene riconosciuto dall'Organizzazione Mondiale della Sanità per il suo impatto devastante sul benessere fisico e psicologico di milioni di donne, in particolare le più giovani. Secondo gli ultimi dati ISTAT del 2016 una donna su tre, tra i 25 e i 34 anni, ha subito violenza. In molti casi la violenza si consuma in famiglia, diventando violenza domestica (o violenza coniugale): un abuso sul piano psicologico, fisico o sessuale.

Anche qui ci sono dettagli che ti permettono di riconoscere un comportamento violento, e possono non essere immediatamente intuitivi. Per esempio se il tuo compagno ti costringe ad avere rapporti sessuali quando non ne hai voglia, prendendoti con la forza, è violenza. Non importa se avete fatto sesso altre mille volte consensualmente: la volta in cui non vuoi e lui ti prende contro la tua volontà è violenza e puoi denunciarla ai Carabinieri. Per farti un esempio eclatante, la pornostar Stoya ha denunciato l'ex compagno e collega James Deen perché una volta l'ha costretta a un rapporto sessuale che lei non voleva. Non è che se fai la pornostar uno può prenderti come gli pare e piace, ma questo concetto apparentemente molto semplice non tutti lo colgono. Se incontri sulla tua strada una persona del genere devi difenderti e la legge è dalla tua parte.

Idem se le persone che fanno parte del tuo nucleo famigliare (tuo padre, tuo fratello o tua madre...) ti maltrattano: quando a esercitare la violenza sono le persone a cui vuoi bene è ancora più difficile, per questo ci sono associazioni che aiutano le donne nel loro percorso per uscire dalla violenza. Uno di questi è il Telefono Rosa, che risponde al numero 1522 gratuito e sempre attivo: è un servizio pubblico promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ti rispondono operatrici specializzate nel sostegno alle vittime di violenza e stalking, in italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo.

Come difenderti dal cyberbullismo

Se sei molto giovane potresti essere il bersaglio di bulli digitali. L'identikit stilato dalla Polizia di Stato è un giovane secchione nerd, maschio o femmina, tra i 10 e i 16 anni: paradossalmente i cyberbulli hanno skill personali e sociali superiori alla media, vanno bene a scuola, padroneggiano la tecnologia. E in molti casi sono minorenni, anche per questo è entrata da poco in vigore una legge che ti tutela anche se hai meno di 14 anni e, teoricamente, non avresti ancora l'età minima per poterti iscrivere a piattaforme come Facebook, Instagram e Twitter, né probabilmente chi ha messo in rete contenuti denigratori.

Abbiamo parlato molto di questi temi su Cosmo, perciò ti invitiamo a leggere questi articoli che ti spiegano cosa dice la legge sul cyberbullismo e come difenderti dalle bulle digitali, se ci sono nemiche che ti tormentano online.

Le vittime di bullismo in Italia non sono tutelate da una legge specifica ma ci si può appellare a una serie di violazioni della Costituzione e del Codice Civile e Penale. Per prima cosa, parlane con i tuoi genitori: insieme potrete segnalare l'accaduto in Questura o dai Carabinieri, ed eventualmente passare alle vie legali.