C'è sempre, nei film di Natale o negli episodi delle comedy, la puntata speciale dedicata al periodo festivo in cui l'amico considerato scorbutico, cinico e tipicamente Grinch del gruppo viene snobbato, criticato, isolato perché odia il Natale. Chandler di Friends è un buon archetipo: il grande scoglio della stagione festiva, per un figlio di genitori separati con un background affettivo a dir poco complicato com'era il personaggio interpretato da Matthew Perry, era la Festa del Ringraziamento.

La conversione del Grinch

In un episodio emblematico (era The One With All The Thanksgivings), nessuno comprendeva l'odio di Chandler per l'atmosfera festiva. Il diverso, d'altronde, è sempre il cinico, soprattutto quando si accendono le luci dell'albero e tutti rimangono incantanti (tranne lui). Anzi, gli si chiedeva di rivangare i fantasmi dei Thanksgiving per fare una classifica dei momenti peggiori di ciascuno, con un unico scopo: farlo capitolare e dunque calare in quell'atmosfera dovuta e necessaria che scatta quando arrivano i primi freddi e finiscono le offerte del Black Friday. Rachel, Ross, Monica e gli altri scendevano negli abissi dei terribili ricordi passati solo per dimostrare che sì, tanto si può solo migliorare. In un episodio della settima stagione ("The One with the Holiday Armadillo") alla fine la missione si compie: Chandler si veste da Babbo Natale per Ben, il figlio di Ross, e il cerchio si chiude con la conversione del Grinch.

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Chandler e Monica nell’episodio "The One with the Holiday Armadillo"

Tipicamente, quando un gruppo di amici delle serie tv deve far cambiare idea su qualcosa all'outsider del gruppo, si fa un'intervention: una sorta di riunione straordinaria per metterlo davanti ai suoi errori. Quante Christmas-vention come quella subita da Chandler abbiamo visto negli anni al cinema e in tv? Le opere di convincimento sugli odiatori seriali del Natale si sprecano.

Diciamola tutta: provare angoscia, ansia e repulsione quando si avvicina il periodo festivo non è ammissibile, nella vita seriale così come in quella reale. Ma fare Christmas shaming come i 5 del gruppo di Friends fanno a Chandler per 10 stagioni non può certo cancellare il fatto che esistano persone che odiano il Natale, provano tristezza all'approssimarsi delle feste, vorrebbero teletrasportarsi direttamente a febbraio e rimanere sotto una coperta per tutto dicembre, saltare tutti i convenevoli, i pranzi, gli incontri con parenti e amici e sorrisi, senza doversi per forza adeguare al clima allegro. Capita. Solo che non ci chiediamo mai perché succede.

La narrazione del Natale

Da Ebenezer Scrooge di Canto di Natale al Grinch di Jim Carrey fino al nostro Chandler in Friends (ma gli esempi sono decine, forse centinaia), la narrazione filmica natalizia ci ha sempre imposto un modello standard: chi ama il natale è buono, chi lo odia è cattivo, ingrato, incapace di dimostrare sentimenti, asociale, anaffettivo, triste. Potremmo andare avanti per ore.

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Una scena tratta dal film Il Grinch.

Che alcune persone il Natale lo amino follemente, per quello che rappresenta da un punto di vista valoriale, è un dato di fatto su cui non discutiamo. Lo amano perché vi associano ricordi felici in arrivo dall'infanzia. Perché i genitori, quando erano piccoli, hanno contribuito a esaltarne le gioie. Ciò a cui non pensiamo è che il nostro rapporto con un periodo che dovrebbe avvicinarci agli altri - spesso per partito preso - deriva da un bagaglio di esperienze ed emozioni incredibili, spesso da privilegi economici, sociali ed emotivi di cui non tutti hanno esperienza. C'è da considerare il background familiare, quello personale, quello sentimentale. Odiare (o amare) il Natale può essere frutto di una reazione all'odio (o all'amore) per la stessa festa di parte di chi ci ha cresciuto.

Persino il fatto di poter scegliere se festeggiare o no, se amare il Natale o no, visti i dati preoccupanti sulla povertà, la depressione e la solitudine stressati ulteriormente dalla pandemia, è un privilegio di cui non sempre siamo consapevoli.

Il range di emozioni che si possono provare in questo periodo non è riducibile a un unico termine. E sbaglia anche chi scrive a parlare di odio e amore, perché questo binomio non può bastare.

C'è chi a Natale prova nostalgia del passato, si fa prendere da un languore difficile da spiegare all'esterno. E quindi, semplicemente, non ci prova neanche, lo tiene per sé. La ragione per cui ci viene voglia di sentire vecchi amici o vecchi amori in questo periodo è legata proprio a questa sensazione. Gli americani la chiamano Hometown Holidating e la associano soprattutto a quelle persone che tornano nella propria casa di origine nel periodo festivo e si ritrovano catapultati nella vecchia cameretta, tra i ricordi del passato che li spingono a riscaldare minestre, a indossare vecchie scarpe. Insomma, a tornare lì dove non pensavano sarebbero mai tornati.

C'è chi odia l'aggregazionismo selvaggio, chi ha una famiglia che non ha mai fatto l'albero di Natale, chi a questo periodo associa mancanze e privazioni, nei casi più estremi periodi di povertà e malattia. Infine, chi è vittima di vera e propria depressione. In quest'ottica, minimizzare l'odio verso il Natale riducendolo al cinismo è non solo fuorviante, ma anche doloroso.

Christmas Blues

Il termine blues si aggrappa facilmente ai cambi di stagione, in un meccanismo che, in psicologia, finisce nel grande calderone dei Seasonal Affective Disorders. Vale per l'autunno e l'inverno così come per la fine dell'estate (Lana del Ray, d'altronde, sulla "Summertime sadness" ci ha costruito una carriera). Ancor di più vale per il Natale, ovviamente. Un sondaggio pre-pandemico - dunque svolto in periodi di socialità normale e non limitata - portato avanti dall'American Psychological Association su un grosso campione di popolazione americana, aveva svelato l'associazione tra la parola Natale e termini come "fatica", "stress", "irritabilità", "tristezza", "paura" e "solitudine". Più del 30% degli intervistati ci aveva collegato questi sentimenti. La sopraffazione era relativa soprattutto al push commerciale legato ai regali da fare, ai soldi da spendere, all'aspettativa sociale, agli eventi cui partecipare.

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Jason Momoa interpreta uno dei fantasmi di Scrooge in un episodio natalizio del 2018 del Saturday Night Live.

Chi si sente a disagio nel periodo festivo non è aiutato dal fatto che sia praticamente impossibile isolarsi a Natale. Chi ha una famiglia d'origine viene richiamato al dovere; chi ne ha creata una nuova può sentirsi costretto a portare avanti tradizioni natalizie per il partner o per i figli. Chi non fa regali si sente dire che è un ingrato, perché comunque continua a riceverli dal loop di chi i regali li fa sempre e comunque a tutti.

Questo vortice di Christmas shaming che facciamo verso chi odia il Natale finisce solo se chi lo ama si pone due domande sui motivi dietro questo odio. Se di benessere mentale dobbiamo parlare, se è vero che le parole che usiamo plasmano il mondo, allora è tempo di eliminare dalla narrazione del Natale i termini di biasimo verso chi non veste i panni dell'entusiasmo.

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Giovanna Gallo

Da un decennio, per lavoro, scrivo di famiglie reali, psicologia, attualità e cultura pop, oscillando tra il web e la carta stampata. Il destino vuole che la mia professione coincida con una passione, quella per il giornalismo di costume, nata quando avevo sei anni, che male non fa. Quando non scrivo chiacchiero molto, guardo serie tv, mi sposto tra la Calabria (dove sono nata) e Torino (dove vivo) e ripenso nostalgica agli anni Novanta.