La mia più cara amica ha un fiore colorato sulla caviglia e una chiave di violino sulla schiena. Mia sorella si è tatuata le sopracciglia (se le era estirpate da ragazzina a furia di spinzettarsi). La mia vicina di scrivania ha un triangolo equilatero nascosto dietro al polso. La collega che incontro spesso in metro diretta al lavoro ha almeno l'80% del corpo ricoperto di tattoo, comprese le nocche delle mani. Per non parlare del bello di redazione che, come un'opera d'arte in progress, aggiunge di tanto in tanto elaborate composizioni ipercromatiche che impreziosiscono i suoi già dotati avambracci. E ho citato solo persone che conosco. Per il resto, basta uscire per strada. O andare d'estate in una qualsiasi spiaggia del Nord, del Centro o del Sud Italia: tra farfalline sulle caviglie, fiori sui polsi, stelle sulle nuche, scritte sulle braccia, ali sulla schiena, intricate foreste, draghi e cuori spezzati su ogni parte del corpo, la domanda sorge spontanea: ma sono rimasta solo io a NON essere tatuata??

È un trend, anzi una moda, e io amo andare controcorrente

Lo dicono le statistiche (addirittura quelle dell'Istituto superiore della Sanità): in Italia 7 milioni di persone sono tatuate. Ovvero il 12,8% della popolazione. Tolti i bambini, gli anziani e i poliziotti (che per regolamento non possono averne), restiamo davvero in pochi. Anzi, visto che le donne tattoo addicted sono di più, in pochissime. Dal mio punto di vista, una élite. Le nostre braccia e schiene intatte ci distinguono dalla massa comunicando con il minimo sforzo (e zero dolore) tutta la nostra unicità.

Non avere tatuaggi è il nuovo tatuaggio

Magari se fossimo nei primi anni 70, quando i tatuaggi erano pura trasgressione e li avevano solo i marinai, i carcerati e i belli&dannati del rock'n roll psichedelico, avrei anche potuto farci un pensierino. A quei tempi, la tattoo art era per pochi: mica tutti avevano il tatuatore di Janis Joplin a portata di polso. Ti incidevano lo yin e lo yang sul braccio come te li avrebbe scritti un bambino dell'asilo ubriaco usando un inchiostro bluastro pronto a sbavare e in condizioni igieniche precarie. Quello era e quello ti rimaneva. Per sempre. E a me che del tatuaggio piace più la simbologia dell'estetica, sarebbe piaciuto. Ma oggi le cose sono cambiate. Oggi la trasgressione è non farselo.

I tattoo possono essere bellissimi ma anche imbarazzanti

Ricordiamoci che per ogni tattoo tratteggiato con arte e perizia (e alcuni sono vere opere d'arte) ce ne sono centinaia venuti male e altrettanti magari eseguiti in modo ineccepibile dal punto di vista tecnico, ma i cui soggetti sono orridi o imbarazzanti (e la perizia di esecuzione se possibile aggiunge orrore all'orrore). Pensa a Jennifer Lawrence, poverina, che si è tatuata la formula dell'acqua su una mano, ma scritta in modo sbagliato. Poi si è pentita («Avrei dovuto controllare prima su Google!», avrebbe dichiarato), ma ormai il danno è fatto. Jennifer sarà bocciata in chimica per sempre. 

E perfino ostacolarti la carriera

Per non parlare di quando tu vai avanti nella vita e quel tattoo in bella evidenza ti riporta a un'altra te di cui nemmeno ti ricordi (e con la quale non vorresti tra l'altro avere più a che fare). Mettiamo per esempio che ti sei fatta disegnare il Grande Puffo sulla spalla a 17 anni: ora che ne hai 37, cosa ne pensi di questa vostra convivenza? Sei una stimata professionista, hai una laurea in legge e uno studio legale avviato come matrimonialista: è difficile credere che l'omino blu dalla grande barba sia tuttora il tuo guru di riferimento.

Il mio dolore non ha prezzo

Più un tatuaggio è esteso, complesso e colorato, più ha probabilità di essere bello in modo speciale. Ma anche doloroso, anzi in questo caso non è una questione di probabilità, ma di certezza. E non lo dico solo perché sono ipocondriaca, ma anche sulla base di dati scientifici, quelli riportati dell'indagine dell'ISS che dice che il 3,3% di chi si fa un tatuaggio ha complicanze o reazioni tra cui granulomi, ispessimento della pelle, reazioni allergiche, infezioni e pus. Il 3,3% ti sembra poco? Lo studio aggiunge "ma il dato appare sottostimato" e a me basta e avanza.

Quanto tempo sprecato

Perché dovrei usare ore del mio tempo chiusa nello studio di un tatuatore? Perché dovrei soffrire enormemente pur di esibire una farfalla sul fondoschiena? Nella vita non ho già abbastanza problemi? Se ci fosse più giustizia in questo mondo i tatuaggi dovrebbero apparire automaticamente dopo una prova esistenziale o fisica particolarmente tosta. Cadi con il motorino e ti rompi l'astragalo? Ecco un giglio sulla caviglia. Ti licenziano? Una stellina ti appare su un polso per darti coraggio. Ora che ci penso, però, questo tipo di tatuaggio in natura c'è già. Peccato che si chiamino rughe.

Cancellarli non vale 

Non mi dire che tanto ora c'è il laser. È un argomento insostenibile per due ragioni. 1) Voler cancellare un tatuaggio è come barare a scala quaranta con tua nonna. Sono cose che non si fanno. 2) Il laser comunque non funziona. I dermatologi ti spiegano che la rimozione totale non esiste perché la pelle non dimentica e non torna mai più come prima. Be', non mi pare una questione da poco. Tra l'altro, uno studio recente condotto dal Gruppo italiano studi epidemiologici in dermatologia (Gised) ha appurato che il laser Q-switched, il più indicato allo scopo, oltre a far fatica a eliminare l'inchiostro rosso e giallo, specie su gambe, caviglie e piedi, non può quasi nulla su quelli che risalgono a più di 3 anni prima. Per dire, se nel 2014 ti sei fatta tatuare sul cuore il nome del tuo fidanzato e ora hai qualche dubbio su di lui, ti conviene lasciarlo adesso perché i mesi passano e tra un po' quel nome te lo dovrai tenere comunque. È vero, puoi sempre cercare di innamorarti di un altro Paolo, ma è difficile. Io, per esempio, questo tipo di rischio non lo correrei.

Forse non ho ancora trovato la mia tribù

Un guerriero maori non rinuncerebbe mai a uno dei suoi diecimila tattoo: se hai deciso di far parte di una certa tribù non è che puoi uscirne quando vuoi. Se succede, è perché sei stata bandita, espulsa, ostracizzata, ripudiata. Non so se mi spiego. Del resto, che il tatuaggio più di un diamante debba essere per sempre lo dicono le leggi ancestrali che risalgono all'età della pietra e del rame: Ötzi, aka Uomo di Similaun, nel 3200 a.C. o giù di lì, ne aveva 61: sulla pelle portava il marchio della sua appartenenza tribale. Il fatto che io non sia tatuata non mi impedisce di avere il massimo rispetto per tutto ciò: non è un gioco e nemmeno un semplice disegno, ma un patto di sangue. Ecco, forse chi è ancora una pagina bianca come me non ha ancora trovato la sua tribù di appartenenza (e magari non la vuole nemmeno trovare).

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Adelaide Barigozzi
Editor

Reporter d'assalto e corrispondente dai Tropici in una vita precedente, oggi per Elle scrivo di attualità (ma non solo). Dopo 9 traslochi (tra cui uno transoceanico), ora ho piantato le tende a Milano, ma non mi tiro indietro se c'è un buon motivo per rifare le valige. Colore preferito: azzurro. Comfort zone: la spiaggia di Agrio Livadi a Patmos.