Doveva essere un momento di riflessione sul 25 aprile, è diventato un caso senza precedenti con strascichi che hanno superato i confini del programma Chesarà... e sono già diventati oggetto di polemica, contestazione e rivalsa politica. I fatti sono questi: nella puntata del 20 aprile Antonio Scurati, scrittore premio Strega 2019 e autore della saga letteraria M - Il figlio del secolo dedicata all'ascesa e alla caduta di Benito Mussolini, avrebbe dovuto leggere nel corso del programma di Serena Bortone, in onda su Rai 3 ogni sabato e domenica, un monologo in cui citava alcune delle stragi nazifasciste più cruente della storia italiana e poneva l'accento sulla Resistenza e la necessità di definirsi anti-fascisti. Poche ore prima della sua partecipazione, però, la Rai ha cancellato l'ospitata adducendo vaghi «motivi editoriali». Una scelta che, sin dalle prime ore di sabato, è stata additata come finalizzata alla censura. La conduttrice Bortone ha poi scelto di leggere lei stessa in trasmissione parte del monologo dello scrittore, dividendo l'Italia: in gran parte la giornalista è stata lodata per il suo coraggio e coerenza, dall'altro le reazioni politiche non si sono fatte attendere.

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La premier Giorgia Meloni ha detto di non sapere nulla della cancellazione dell'intervento di Scurati e che se mai le ragioni sono economiche, visto che per la stesura del monologo e la sua partecipazione lo scrittore ha richiesto 1800 euro lordi all'azienda (e dunque, come ha specificato Meloni, ai «cittadini»); l'autore ha risposto che la questione del compenso è pretestuosa e che il suo intervento «è stato silenziato». In merito alla giornalista Serena Bortone, una delle voci più interessanti rimaste a parlare nell'azienda pubblica, già si parla di provvedimento disciplinare e di sospensione del programma a giugno, nonostante i buoni contenuti e gli ottimi ascolti (che nella puntata del 20 aprile sono raddoppiati, da 400 a 800 mila, raggiungendo il 4,6% di share). Mentre il caso Scurati, alla vigilia delle celebrazioni del 25 aprile, si sposta su canali istituzionali, sulle prime pagine dei quotidiani e nei salotti televisivi, per tanti la questione si è trasformata nell'ennesima prova dell'impossibilità di parlare apertamente e liberamente sui canali della tv pubblica.