In principio fu Il Supervissuto, docuserie Netflix che si addentra nella vita e nella carriera di Vasco Rossi; dopo, sulla stessa piattaforma, è arrivato Beckham, che invece racconta gli alti e bassi del calciatore più famoso del mondo. L'8 novembre sarà il turno di Robbie Williams, che, sempre su Netflix, aprirà l'archivio delle sue memorie per restituire ai fan uno spaccato del suo privato. La lista di documentari sulle celebrità non si esaurisce certo qui: esplorando i cataloghi degli altri servizi di streaming è possibile scovare titoli dedicati a personaggi della musica, del cinema e dello spettacolo di oggi e di ieri - c'è il film su Nina Simone di Liz Garbus del 2015 e la serie su Taylor Swift Miss Americana (Netflix), c'è il documentario su Amy Winehouse (Apple Tv) e quello di (e su) Beyoncé che si chiama Homecoming. Tra i nostrani si sono spogliati metaforicamente in video Elodie e Tiziano Ferro (Amazon Prime Video); impossibile poi dimenticare Harry&Meghan, uscito a dicembre 2022, prima vera finestra sulla vita degli ex reali britannici. In alcuni casi sono le stesse celebrità a parlare guardando dritto in camera, in altre (spesso produzioni post-mortem) è un aggregato di voci e filmati a raccontarli.

Pur senza elencare ogni singola uscita televisiva biografica di questi ultimi anni, è chiaro che le piattaforme di streaming fiorite nell'ultimo decennio hanno contribuito ad alimentare un'industria floridissima, quella del tell-all documentary (chiamati anche all access documentaries). In queste produzioni è la star, viva e vegeta, ad aprire l'album dei ricordi e commentare la sua vita in prima persona. In un'epoca in cui avere budget e una buona storia personale (meglio se complessa e controversa) è un mix vincente, le celebrità sembrano fare a gara per raccontare la propria versione, dando al pubblico esattamente ciò che ha sempre voluto: pezzi di una vita che, per gran parte, è stata filtrata da telecamere e giornali.

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E così, se prima bisognava aspettare che un personaggio noto morisse prima di scavare nei suoi segreti, oggi sono le super star mondiali a regalarci dettagli privati, a svelare misteri del passato, a ripercorrere la loro infanzia. Il motivo: farsi buona pubblicità dimostrando di esserw la versione migliore di loro stessi. Non è un caso, infatti, che in molte docuserie di questo tipo la figura del protagonista e del produttore corrispondano. Chiunque, vale per le persone comuni ma soprattutto per le star, rifiuterebbe di mettere la faccia in un progetto in cui si sviscera la sua vita senza sapere esattamente cosa verrà detto e se la narrativa scelta da regista e sceneggiatori corrisponde a quella del proprio ufficio marketing e comunicazione. Per questo, nei rari casi in cui il lavoro giornalistico e di ricostruzione è ben fatto e obiettivo (è il caso de Il principe su Netflix), a posteriori l'intervistato si ribella, sconfessa la sua partecipazione e minaccia cause legali perché la narrazione non è andata esattamente come voleva lui.

Spesso, poi, vengono usati in esclusiva video e foto di repertorio privatissimi della star in questione, merce di scambio potentissima tra chi dirige il progetto e il protagonista, che fa pendere l'ago della bilancia ancora una volta verso il secondo. Insomma, sappiamo che le docuserie sui personaggi famosi sono un trend in ascesa e molto fortunato in termini economici e di visualizzazioni, ma siamo ancora disposti a credere che questi progetti siano autentici?

Tra voglia di svelarsi e falsità

come victoria ha superato le voci di un tradimento di david beckhampinterest
Netflix
Un’immagine della docuserie Beckham uscita il 4 ottobre

In un passaggio della docuserie su David Beckham uscita su Netflix il 4 ottobre, la moglie Victoria, anche lei chiamata a delineare un ritratto del marito, chiede ai produttori di passarle uno dei suoi cani così da sfruttare il cucciolo «per sembrare più simpatica». Quel frame, tenuto nel montaggio per dare a Victoria Beckham un'aura di autenticità, in realtà rivela quanto quel tipo di scena, pur se la prossemica ci indica informalità (quasi sempre nei "confessionali" sono tutti stesi su un divano, a piedi nudi, con lo sfondo di una casa accogliente e luminosa), sia costruita. Victoria vuole apparire più simpatica e fa una battuta sul cane, ma in realtà sa benissimo che tutto quello che verrà fuori dalla serie giocherà a suo favore e contribuirà a dipingerla come una donna amorevole, che è stata ingiustamente accusata di essere stitica emotivamente ma che invece è capace di amare. Victoria e David avrebbero preso parte a un progetto su di loro per nulla di meno? Ovviamente no, e questo vale per (quasi) tutti i loro colleghi.

Il trend del benessere mentale

Selena Gomez, in My mind and Me (Apple Tv), ha raccontato sei anni della sua vita tra attacchi di panico, chemioterapia, depressione; in How I'm Feeling Now (Netflix) Lewis Capaldi ha svelato cosa vuole dire convivere con la sindrome di Tourette. Lo stesso Beckham si è lasciato andare a confessioni più o meno intime sulla sua salute psicologica; il principe Harry non ha mai nascosto alle telecamere dei suoi trascorsi con la terapia. Uno dei temi più gettonati di questi prodotti, insomma, è quello del benessere mentale. E come potrebbe essere altrimenti, dati i tempi in cui viviamo e l'empatia che genera?

Perché, insomma, continuiamo a guardarli?

Pur intuendo le possibili ragioni di marketing dietro progetti del genere, pur individuando facilmente i pattern, anche scenografici, di questi self-made biopic, non riusciamo comunque a smettere di guardarli. Vogliamo sapere tutto di Harry e Meghan, vedere come vivono e come stanno le loro galline, e vogliamo sapere come ha fatto Vasco a sopravvivere agli anni Ottanta; desideriamo entrare nella mente di Britney Spears, di Demi Lovato e Jennifer Lopez perché vogliamo sapere se faticano come noi, se piangono come tutti, se hanno sofferto per amore. Desideriamo vederli mentre fanno ammenda per gli errori del passato e rendono conto dei periodi bui, così come vogliamo vederli commuoversi per quelli felici. E vogliamo ascoltare questi dettagli e percepire queste emozioni direttamente da loro, senza veli o senza filtri apparenti, perché anche se la confessione è stata costruita da un team di autori, il fatto che siano le celebrità a pronunciarle la rende unica e autentica.

Aprirsi ai fan in questo senso, qualsiasi siano le motivazioni, è vincente per tanti motivi: il primo è che la celebrità, raccontando di aver sofferto e di aver fallito scende dal piedistallo e si umanizza, diventa come tutti almeno per un secondo. Poi torna nell'Olimpo delle celeb cui sa benissimo di appartenere.

Il secondo è che i fan sono tali perché subiscono la fascinazione della star, soprattutto di quella parte della sua esistenza che non si vede. Ed è quando la scoprono, anche se in modo edulcorato, che la loro stessa esistenza si compie.