Nella nuova Legge di Bilancio per il biennio 2023-2024 non compaiono i 25 milioni di euro inizialmente stanziati per l'apertura di ambulatori e centri di assistenza per persone che soffrono di disturbi alimentari. Un duro colpo, considerato che solo in Italia e solo nel 2023, oltre un milione e mezzo di persone hanno confermato di soffrire di DCA. A scagliarsi contro questa decisione è stata anche Paola Turani, modella e influencer che in un lungo post su Instagram, a partire dai suoi trascorsi con i disturbi alimentari, ha raccontato perché eliminare i fondi destinati al sostegno delle persone con DCA sia una follia.

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«Che con la nuova legge di Bilancio si sia azzerato il fondo per il contrasto dei Disturbi dell’alimentazione è follia. È inammissibile se si pensa che i DCA sono la prima causa di morte tra i giovani (Escludendo gli incidenti stradali) Di conseguenza verranno chiusi reparti, licenziati professionisti, molti pazienti e le loro famiglie si ritroveranno da soli ad affrontare situazioni difficili senza supporto perchè i DCA necessitano di una terapia psicologica e fisica complessa che troppe volte si tende a sminuire o, peggio ancora, a ignorare». Inizia così il lungo sfogo di Turani prima di iniziare il racconto dei suoi anni peggiori, quelli vissuti a Parigi a caccia di ingaggi come modella in un'epoca in cui essere magrissime per accedere alle passerelle era un must indiscutibile.

«Oggi leggevo le parole di Serena che sta combattendo contro l’anoressia e la sua battaglia in parte la conosco. Avevo vent’anni quando, in seguito a una forte pressione psicologica e un meccanismo malato per cui le taglie erano sempre più piccole, iniziai a mangiare meno, a saltare i pasti, poi a non allenarmi più per paura di “ingrossare” e infine a mangiare solo una mela al giorno. Vivevo a Parigi, fare la modella non era semplice: molta competizione e standard altissimi. Ero finita intrappolata in un circolo vizioso pericolosissimo innescato nella mia testa, ma io amavo troppo il mio lavoro. Mi ero isolata da tutti, perché la malattia questo fa. Ti toglie tutto. Ricordo che più dimagrivo e più i miei agenti erano soddisfatti, io lavoravo di più. “Non sei mai abbastanza magra per Parigi” dicevano».

E ha concluso: «Un ambiente tossico, un circolo vizioso dalla quale sono riuscita a staccarmi solo qualche anno dopo capendo che la mia vita contava molto di più di una stupida taglia e che se avessero voluto, mi avrebbero scelta anche con qualche kg in più. Ma soprattutto, che stare con amici e famiglia aveva un valore troppo alto per perderlo. Così tornai a casa. Continuai a lavorare, ma alle mie regole. E andò pure meglio! Ripresi ad uscire, a divertirmi. Così iniziò un lungo percorso, un lavoro di auto-accettazione che non sempre andava di pari passo con i canoni estetici imposti dalla moda a quel tempo, raggiungendo il mio prezioso equilibrio esteriore ma soprattutto interiore». Il racconto della discesa agli inferi della modella si conclude con un messaggio di speranza, ma anche di delusione per la scelta di tagliare i fondi a supporto di chi si trova, oggi, nella situazione in cui era lei a 20 anni. «Non so se queste parole potranno aiutare qualcuno, ma è giusto parlarne. In un momento in cui invece di andare avanti, sembra si stia tornando indietro. Purtroppo».