Le polemiche generano altre polemiche che generano altre polemiche. A noi non resta che stare a guardare la valanga che diventa sempre più grossa. Stavolta, però quando Malika Ayane ha twittato per rispondere agli hater che in questi giorni stanno attaccando Malika Chalhy abbiamo capito di essere arrivati all'apice dell'assurdo. "Cari #fulminidiguerra che mi intasate la mail e i social con insulti o espressioni di solidarietà, ho una notizia per voi: la Malika che cercate NON SONO IO. Incredibile che nel 2021 ci siano più donne con lo stesso nome, eh?". Ok, se non ci state capendo più nulla ora vi spieghiamo cosa sta succedendo.

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Vi ricordate di Malika Chalhy? La ragazza cacciata di casa dai genitori perché lesbica? Dopo che la sua storia è diventata virale e sua cugina ha organizzato una raccolta fondi per aiutarla, la ragazza ha raccolto più di 150.000 euro che aveva originariamente detto di voler usare per rimettersi in piedi, pagare avvocati e sostegno psicologico e fare beneficenza. Qualche giorno fa, però, in un'intervista con Selvaggia Lucarelli per TPI, Malika ha ammesso di essersi comprata un'auto da 17.000 euro e un cane da 2.500 euro. Si è anche scusata, ha detto di essere in una situazione difficile e ha ribadito l'intenzione di donare dei soldi in beneficenza. Troppo tardi, però: molti donatori (e non) si sono scagliati contro di lei accusandola di usare i loro soldi per togliersi degli sfizi superflui invece di mettersi a cercare un lavoro e rifarsi una vita in modo trasparente. La valanga di odio però (e qui si raggiungono vette impensabili) ha travolto anche la cantante Malika Ayane che - nome a parte - non ha proprio nulla a che fare con questa storia. "Che poi, se volete mandare messaggi d’amore siete i benvenuti - se d’odio un po’ meno ma avrete le vostre ragioni - purché siano per me stessa medesima. #sipuofare", ha concluso su Twitter Ayane.

La situazione, insomma, sta prendendo forme tragicomiche: da un lato il grave episodio di omofobia (che rimane), dall'altro la solidarietà, poi le donazioni, la fiducia tradita e molte domande sui rischi e le pressioni legati alle donazioni personali. Certo, se lo Stato tutelasse maggiormente le persone LGBT+ e la stessa solidarietà mostrata a Chalhy venisse rivolta a organizzazioni strutturate come la Gay Help Line o le case rifugio, fatti simili potrebbero essere evitati. Se a tutto questo, poi, aggiungiamo la casella email di Malika Ayane intasata di email da persone che non si sono nemmeno prese il disturbo di verificare di chi si stesse parlando, beh, possiamo ufficialmente dichiarare che la situazione è un tantino fuori controllo. E per ora da qui è tutto.