«Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?», recitava Nanni Moretti in un celebre film. Un dubbio simile deve aver interessato anche i designer protagonisti dell’ultima Milano Fashion Week: mi si nota di più se nel casting includo anche modelle plus size, se ne inserisco una sola o se ignoro completamente la questione?

Dopo stagioni ricche di dichiarazioni e prese di posizione in fatto di inclusione (in questo caso parliamo di corpi e taglie, non di genere, disabilità, etnie o età), con più o meno decisi tentativi di cambiamento, la moda curvy era praticamente sparita dalle passerelle milanesi nella scorsa stagione. La fashion week meneghina per la primavera estate 2024 si è appena conclusa e il bilancio generale è migliorato, ma purtroppo non ancora positivo.

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Paloma Elsesser sfila per Ferragamo

Partiamo dalle buone notizie. Marco Rambaldi si conferma il brand più attento all’inclusione e alla rappresentazione di corpi che fino a qualche anno fa non avrebbero trovato spazio su una passerella. Nelle sue sfilate non sono incluse solo modelle taglia campionario o plus-size, ma un’infinita serie di corpi, specchio puntuale della realtà: una buona pratica che ne contraddistingue i casting fin dall’esordio. In questo senso ha fatto un ottimo lavoro anche la designer di origine brasiliana Karoline Vitto, che ha debuttato a Milano con il supporto di Dolce & Gabbana. Il suo universo estetico mette al centro il corpo, raccontato e valorizzato in ogni sua taglia, attraverso capi aderenti, cut out, trasparenze e spacchi. L’obiettivo finale è scoprirsi, metter(si) in mostra, innamorarsi di sé, senza filtri o limiti, incarnando una nuova idea di sensualità non più appannaggio di un solo tipo di fisico. Un progetto simile proprio a quello di Dolce & Gabbana, che per la sfilata SS24 ha voluto le top model simbolo del cambiamento nell’industria, da Ashley Graham a Devyn Garcia, anch’esse svelate e bellissime in lingerie.

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Tess McMillan sfila per Karoline Vitto
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Ashley Graham sfila per Dolce & Gabbana

Gli altri show di Milano fanno sorgere un dubbio: è giusto accontentarsi di una sola modella non taglia 0 su oltre 50 uscite? O a quel punto lo slancio verso l’inclusione è vano e superficiale? Da Ferragamo, per esempio, su 64 look uno solo aveva come protagonista una modella curvy, Paloma Elsesser. Da Versace lo squilibrio è ancora maggiore, con 74 uscite e una sola modella plus-size, una Precious Lee avvolta in un outfit forse della taglia sbagliata. La storia si è ripetuta da Etro, GCDS, Andreadamo, con casting contraddistinti da un solo corpo non conforme.

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Precious Lee sulla passerella di Versace

Le sfilate di stagione sembrano suggerire che occorre farsi bastare un volto noto che già da solo certifica l’appartenenza a quella parte di industria woke, attenta a questioni sociali e politiche. E poco importa se quell’atto votato all’inclusività avvenga all’interno di un casting che di inclusivo ha molto poco. Una convinzione desolante che si rafforza guardando le collezioni delle maison più importanti e influenti del calendario di Milano. Da Prada a Fendi, passando per Bottega Veneta, Missoni e Blumarine, non c’è traccia di modelle diverse da una taglia 0. Un’occasione di rinnovamento e cambiamento sistematicamente ignorata, che questa volta fa un po’ più male visto il vento di novità che avrebbe potuto portare Sabato De Sarno da Gucci. Il manifesto chiamato a raccontare il nuovo corso della maison parlava in effetti di «una storia di persone favolose e diverse; una galleria di persone cool di ogni età, inclusiva perché tutti sono benvenuti». Un impegno formale che non ha purtroppo trovato riscontro in passerella, dove, almeno a livello di body inclusivity, non ci sono episodi da segnalare.

Oltre a essere un business multi-miliardario, la moda rimane un’industria creativa, in grado di imporre nuovi canoni estetici e di rivoluzionare quelli già presenti. Occorrono però un impegno concreto, un lavoro meticoloso nella creazione degli abiti come nella scelta delle modelle, fino alla produzione di capi in un campionario di taglie più ampio. Un progetto a 360° che per ora sembra interessare ancora a pochi.