Il viaggio attraverso la moda vegana e sostenibile ci porta alla scoperta di materiali innovativi, design di tendenza e tanto amore per il pianeta. Il tema della sostenibilità di moda fa luce sull'inquinamento dell'industria e anima i dibattiti sulla possibilità di percorrere strade alternative e consapevoli verso una moda che sia più rispettosa dell'ambiente e degli esseri viventi. Oggi parleremo delle alternative al pellame d'origine animale, domandandoci se davvero possiamo considerarle come opzioni sostenibili, e quale impatto hanno sul pianeta in cui abitiamo.

Moda sostenibile 2022: tutto quello che c'è da sapere sulla pelle vegana

Non è più un segreto che la fashion industry sia uno dei settori più inquinanti al mondo e nello specifico la produzione di pellame d'origine bovina contribuisca all'ingente consumo idrico nonché all'enorme quantitativo di emissioni di gas serra, inoltre non si può affermare che tutta la pelle animale sia biodegradabile, perché questa proprietà dipende dal processo di concia utilizzato per trattarla. L'associazione Peta Uk sostiene che allevare gli animali (sia a scopo alimentare che per la produzione di pellame) richieda l'utilizzo di migliaia di ettari di pascoli che vengono deforestati causando in primo luogo la perdita di habitat per tante specie animali e in secondo luogo favorendo il processo di cambiamenti climatici, dannoso per il pianeta stesso. Sebbene materiali di origine animale come la lana, la seta e la pelle siano stati per anni associati al segmento del lusso, negli ultimi tempi il tema della sostenibilità e una maggiore consapevolezza verso alcuni processi poco etici hanno contribuito a diffondere il bisogno di compiere scelte sempre più virtuose.

Moda green: possiamo affermare che la pelle vegana sia sostenibile?

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Igor Ustynskyy//Getty Images

Iniziamo col fare una distinzione tra pelle vegana, quella che si ottiene tramite la lavorazione di materiali sintetici e spesso plastici, e quella che si ricava grazie alla lavorazione di materiali già presenti in natura. Nel primo caso siamo di fronte a ciò che viene comunemente chiamato "Pleather", termine diffuso per la prima volta nel 1970 che all'epoca veniva principalmente usato in senso dispregiativo verso coloro i quali sceglievano di acquistare prodotti non di cuoio (perchè ritenuti poveri). Conosciuto oggi come poliuretano, il sostituto sintetico della pelle d'origine animale è leggero, flessibile e duraturo ma si tratta pur sempre di una plastica derivata da combustibili fossili che potrebbe avere non poche ripercussioni in termini di impatto ambientale. Se vi state domandando quanto sia sostenibile questo materiale, la risposta è da rintracciare nelle sue componenti non biodegradabili derivanti dal petrolio che finiscono per accumularsi nelle discariche.

Moda vegana: tutte le alternative a base vegetale della pelle

Se neanche la finta pelle sembrerebbe essere la scelta più green in tema di sostenibilità ambientale, passiamo adesso alle alternative a base vegetale della pelle; prima di iniziare, però, è necessario chiare un punto estremamente importante: non sempre vegano significa sostenibile perchè ciò che rende planet friendly un capo o un accessorio d'abbigliamento è dato soprattutto dal processo messo in atto per realizzarlo, dall'impiego o meno di componenti tossiche o non riciclabili che potrebbero impattare sul futuro del pianeta, quindi prima di approcciarsi all'acquisto consapevole di una borsa o di un paio di scarpe vegane, è necessario tenere in conto delle componenti sintetiche che potrebbero essere state utilizzate.

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© Marco Bottigelli//Getty Images

Sono ormai tantissime le alternative a base vegetale della pelle d'origine animale presenti in commercio: partendo da elementi presenti in natura, come scarti di anas, funghi, chicchi di mais, bucce di mela, scarti del mango o dell'uva, piante grasse come cactus e fichi d'india, sono nate le pelli vegetali che ambiscono a competere con quelle di origine animale senza però avere all'interno agenti chimici o plastiche e parzialmente (o in certi casi, interamente) biodegradabili. AppleSkin, ad esempio, è una finta pelle vegana ed ecologica creata da Frumat (un'azienda trentina produttrice di mele) a partire dagli scarti delle mele: residui quali bucce, fibre e torsoli vengono mixati con materiali sintetici per dare vita ad una alternativa green alla pelle di origine animale. Dagli scarti di produzione del vino, invece, nasce Wineleather ovvero una fibra vegetale che non ha bisogno di petrolio nel processo di trasformazione, non usa sostanze inquinanti e non necessita di grandi consumi di acqua. Le pelli vegetali hanno l'enorme vantaggio di essere rispettose dell'ambiente, sostenibili e di contribuire a diffondere l'economia circolare evitando gli sprechi, puntando a rinnovare in chiave eco-friendly le materie prime favorendone la biodegradabilità futura.