In questa foto ci sono due celebrity: forse riconosci solo Pharrell, ma alla sua destra c’è un uomo ancora più famoso, colui che ha dato il nome a una delle sneakers più indossate della storia.

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È Stan Smith, il campione di tennis che nel 1973 si trovava per caso nello stesso locale di Parigi in cui si trovava Adolf Dassler, il fondatore di adidas. Se i due non si fossero incrociati, probabilmente le scarpe adidas più vendute (oltre 40 milioni di paia finora, ma il numero è destinato ad aumentare) avrebbero mantenuto il loro nome originale, cioè quello Robert Haillet, un tennista francese che si ritirò dalle scene sportive pochi anni dopo averle battezzate.

Se vogliamo proprio andare a scavare tra le curiosità storiche, per un pelo Dassler non si mise a fare il fornaio, quindi dobbiamo ringraziare la sua passione per l’atletica se diventò l’inventore delle sneakers più iconiche e vendute del mondo, anziché di qualche nuovo tipo di Cronut.

Le prime scarpe da ginnastica

Da Dick Fosbury, l’atleta che per primo ha provato saltare di schiena, anziché di pancia, rivoluzionando per sempre l’approccio al salto in alto, fino al grande pugile Muhammad Ali, sono decine i campioni che mentre vincevano un oro o battevano un record mondiale avevano addosso un capo firmato adidas.

La storia del brand adidas inizia negli anni Venti in Germania a Herzogenaurach, vicino a Norimberga. Un calzolaio con la passione per l’atletica di nome Adolf Dassler progetta le prime vere scarpe per fare ginnastica. Nel 1924 insieme a suo fratello Rudolf (che anni dopo fondò la Puma) aprì una fabbrica di scarpe, la Gebrueder Dassler Schulfabrik. Un marchio un po’ lunghetto e complicato da memorizzare, quindi dalle iniziali del suo nome (gli amici lo chiamavano Adi) nacque l’idea di commercializzare le scarpe col brand adidas. Questa è la vera origine del nome, mentre la leggenda metropolitana secondo cui adidas è l’acronimo di “All Day I Dream About Sport” è appunto, solo una leggenda.

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La fama planetaria di adidas arrivò durante le Olimpiadi di Amsterdam del 1928, quando Dassler convinse alcuni atleti a indossare le sue scarpe coi tacchetti, che facevano più presa sul terreno rispetto alle suole piatte che si usavano allora. Lina Radke è stata la prima atleta a vincere un oro olimpico per gli ottocento metri, stabilendo il nuovo record del mondo, con addosso un paio delle prime adidas mai prodotte. Alle Olimpiadi di Berlino, nel 1936, l’atleta afroamericano Jesse Owens vinse quattro ori indossando un paio di scarpe adidas, diventando così un simbolo antinazista. All’epoca, Hitler che era ossessionato dallo sport e credeva nella superiorità della razza ariana, venne contraddetto dall’evidenza che un atleta dalla pelle nera avrebbe potuto sbaragliare gli avversari bianchi.

Negli anni Cinquanta Dassler si intrippò col calcio e disegnò uno dei modelli più iconici: le Samba, progettate apposta per allenarsi sul tappeto erboso, progettando dei tacchetti intercambiabili con altri, fatti apposta per non scivolare sul terreno bagnato. Proprio grazie alla sua intuizione, la nazionale di calcio tedesca riuscì a sconfiggere l’Ungheria ai Campionati del Mondo del 1954.

Per il basket, alla fine degli anni Sessanta adidas progettò le Superstar, che finirono inevitabilmente ai piedi dei migliori giocatori NBA dell’epoca, ma fu grazie alla band Run DMC, che nel 1983 suonò di fronte a quarantamila persone al Madison Square Garden di New York, a farle entrare a pieno diritto nella cultura streetwear b-boy. Vent’anni dopo, la band disegnò una collezione con adidas, siglando una delle collaborazioni tra moda e musica più iconiche di sempre.

Dallo sport al pop, alle passerelle

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In quegli anni il brand adidas iniziava a diventare un fenomeno pop globale: musicisti, fashionisti, trend setter indossavano tute, giubbotti, felpe, sneakers a strisce, pur non essendo pagati per farlo. Le tre strisce laterali, che erano state progettate per rendere più stabile la suola delle sneakers, diventarono uno status symbol, così come il logo con le tre foglie.

Le mitiche Gazelle, trent’anni dopo il loro esordio, solo negli anni Novanta presero piede (nel senso letterale del termine) sulla scena fashion e in quella Britpop: Noel Gallagher degli Oasis, i Blur, Kate Moss agli esordi indossandole le fecero diventare un oggetto di culto. Una foto della top model Helena Christensen completamente nuda con ai piedi solo un paio di Gazelle e il fatto che le indossava anche Michael Jackson hanno contribuito a farle diventare un’icona.

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Sono tantissimi gli stilisti che hanno disegnato collezioni con adidas, solo per citarne alcune: Yohji Yamamoto, Jeremy Scott, Rick Owens, Stella McCartney, Raf Simons. Anche nel mondo della musica adidas ha fatto man bassa di designer, legandosi a Rita Ora, Pharrell Williams e Kanye West con la sua linea Yeezy, creata nel 2015 che viene lanciata ogni anno alla fashion week di New York con uno show super discusso, che ogni volta (finora) più che una sfilata è una performance artistica.

Da brand per lo sport adidas è diventato, come capita spesso in questi casi, un fenomeno culturale di massa. Perfino le ciabatte da doccia adilette, da temibili pianelle anti-fashion sono diventate un simbolo della controcultura hipster!

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Stranezze e ispirazioni firmate adidas

Molto prima dei fitness tracker moderni, adidas ha inventato un contapassi integrato nelle scarpe, il Micropacer. Quando è uscito, nel 1984, era un wearable ante litteram: registrava sia i passi, sia le calorie bruciate. Negli anni 80 adidas progettò le Tubular: un modello davvero avveniristico, pensato per giocare a pallacanestro, con una suola che imita il battistrada degli pneumatici.

Le Adicolor, le prime sneakers del mondo totalmente personalizzabili, che venivano venute negli anni 80 assieme a una scatola di matitoni colorati con cui sbizzarrirsi sulla scarpa completamente bianca, sono diventate un oggetto da collezione. Un paio di Forum Hi disegnate da Jeremy Scott, interamente ricoperte da finti bigliettoni da 100 dollari con la faccia dello stilista, in tiratura limitata da 100 pezzi, sono forse le più rare (e care: costano circa 7mila dollari) sneakers del brand.

A proposito di cifre da capogiro, David Beckham è brand ambassador di adidas vita natural durante: ha ricevuto 160 milioni di dollari per prestare la sua immagine durante tutta la sua esistenza.

Per i passeggeri del primo volo spaziale della Virgin Galactic, che porterà i primi esseri umani della storia non astronauti in “vacanza” fuori dall’atmosfera terrestre, adidas ha disegnato delle speciali tute firmate Y-3, la linea fashion del brand disegnata da Yohji Yamamoto.

Prima di Bebe Vio, un altro campione assoluto, Muhammad Ali, ha ribadito che niente è impossibile, o meglio “Impossible is nothing”: impossibile non è un fatto, è un’opinione.