Geolier è appena sceso dal palco de La Prima Estate e di una cosa siamo certi, che è troppo tardi per parlare di "nuovo talento": a soli 23 anni, dal 2019 ad oggi Emanuele Palumbo si è conquistato una posizione fissa tra gli artisti più ascoltati d'Italia. Oggi è uno dei leader dell'ultima generazione di artisti partenopei, al pari di nomi quali Liberato, CoCo, successori dei più grandi Luchè, Speranza e Clementino. Con Il coraggio dei bambini, uscito a gennaio 2023, certificato 3 dischi di Platino, e Il coraggio dei bambini – Atto II, Geolier è tornato a parlare della sua città, riempiendo i palazzetti di Milano e Napoli.

Anche questa volta, al Lido di Camaiore, non ha tradito le alte aspettative: ha saputo far divertire e cantare il suo pubblico in napoletano, riempiendo il prato di ragazze e ragazzi venuti da tutto il Paese. E qui arriviamo alla seconda certezza della serata: non c'è nessuna barriera linguistica quando si racconta una bella storia. I testi in dialetto trasmettono la verità della periferia di Napoli, un immaginario crudo che si nutre della realtà verace che con forza si è fatta strada nel cinema e nella musica anche grazie ai suoi album. Noi lo abbiamo intervistato per saperne di più.

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Geolier insieme a Noyz Narcos, Nas e Ciro Buccolieri a La Prima Estate

Il coraggio dei bambini è un album che hai dichiarato che "non nasce, doveva essere".

«Perchè già quando lo abbiamo fatto durante la lavorazione era già finito. Per questo era già finito, è nato tutto dal lavoro del mio team e alla fine il disco è uscito. Non lo abbiamo creato, si è creato da solo».

Nell'album parli del tuo mondo e della tua infanzia, cosa diresti al te bambino?

«Direi di fare il bambino, di non saltare gli step che poi mi hanno portato a crescere in fretta, a capire molte cose del mondo intorno a me. Gli direi "Emanue' fa' a'creatura e basta"».

Rito prima di salire sul palco?

«Metto le cuffiette, do il cinque ai miei fratelli e vado».

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In un monologo hai dichiarato che secondo te "per molte persone è difficile vedere Napoli vincere". Il pensiero va subito allo scudetto, ma anche la tua esibizione a La Prima Estate, dove hai fatto il tutto esaurito cantando in napoletano, fa pensare alla rivalsa della tua città. È una retorica in cui ti ritrovi?

«Partiamo dal presupposto che Napoli è sempre stata forte, in tutto, nel calcio, nella musica, su tutto alla fine come personalità e amore. Quest'anno è solamente una conferma, un cartellone pubblicitario che ha fatto capire a tutti che Napoli c'è, ma Napoli è sempre stata forte».

Sui social ti appelli spesso a un senso di realtà, lo scrivi sotto le tue fotografie, e nelle tue canzoni si sente il bisogno di raccontare la verità. Quanto è importante per te raccontare la tua città senza filtri?

«Per me questo è l'essenziale, raccontare il mio quartiere per com'è, non voglio essere semplicemente un megafono che racconta una situazione, io sono quella situazione. Voglio far parlare la mia gente, la mia terra, rappresentarla, e lo faccio in napoletano perché la mia gente si lamenta in napoletano, ama in napoletano, si incazza in napoletano. Devo raccontare la mia vita come la raccontano loro».

Napoli è tornata o forse non se n'è mai andata.