Se il concerto di Marracash all’interno del "Persone tour" dovesse essere un film, considerando la quantità di riferimenti cinematografici presenti nei suoi singoli, sarebbe con molta probabilità Dogville di Lars von Trier. Rabbioso eppure commovente, talmente idrofobo nell’analisi spietata dei rapporti umani di cui gli ultimi dischi, Persona e Noi, loro, gli altri, sono un riassunto, colui che da anni abbiamo imparato a chiamare il "King del rap" sta mettendo in scena uno spettacolo crudelissimo sulla società capitalista e sull’umanità tout court per un totale di 17 date nei palazzetti, in un impasto di animalità e ragione, su sé stesso, su noi, loro, e gli altri appunto, che è anche una consacrazione definitiva dell’artista. «Ciao Milano, finalmente a casa mia. E quanto cazzo avevo voglia di pronunciare questa frase dopo tre anni di assenza. Qualcuno mi ha scritto che nel frattempo si è pure sposato».

Recensire la nuova serie di concerti di Marracash (che dopo la data zero di Jesolo è partita il 13 settembre dal Forum di Assago di Milano) come si recensirebbe un film, vuol dire partire, allo stesso modo, da un aneddoto precedente la sua realizzazione. È il 2019, e dopo anni di silenzio esce Persona. Un disco che ridefinisce per sempre la sua carriera e la porta a un nuovo livello di arte, scrittura e consapevolezza, a cui sarebbe dovuto seguire un tour spropositato, con interi palazzetti andati sold out in poche ore. Salta tutto, 2020. Eppure, in attesa di tornare sul palco, nel 2021 esce il secondo capitolo e seguito spirituale dell’album, Noi, loro, gli altri: quattro volte platino, con cui ottiene anche la Targa Tenco per il Miglior Disco in assoluto.

È pure di questa bramosia nostra e sua che parla "Persone" in cui tutti siamo invitati più volte da Marra a partecipare, alzate le braccia, stringetevi accanto a qualcuno a cui tenete, fatemi vedere quelle mani, accendete le luci, voglio che la cantiate con me, in un senso di totale condivisione che è custodito nel titolo stesso del tour. Persone.

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courtesy Andrea Bianchera
Foto di Andrea Bianchera

"Persone" che al pari della cittadina di Dogville (il film del regista danese del 2003, le cui storie si susseguono proprio come tracce musicali, incentrate sul trascorso di una ragazza arrivata da poco in un nuovo ambiente) e come i due dischi che ne sono il cuore, è come una comunità terapeutica. Una città in fondo alla strada, l’ultima spiaggia per riconoscerci nei dubbi dove abita una umanità varia accomunata da ruoli incerti e fallimenti esistenziali, che è diretta da un intellettuale, Marracash, che oscilla dalla condizione di conduttore del gruppo, di filosofo, di scrittore e artista. E proprio per tutto questo se non hai mai ascoltato o ti sei mai interessato all’opera di Fabio Rizzo, vero nome di Marracash, "Persone" rimane uno show galvanizzante di quasi tre ore che è anche un susseguirsi di ospiti (nella prima data, da Massimo Pericolo a Guè), ma se ascolti Marra da quando hai quattordici anni e devi a lui la scoperta dell’esistenza di Trezzo sull’Adda perché nel 2008 hai salmodiato qualsiasi tipo ti preghiera ai tuoi genitori per fartici accompagnare a sentirlo dal vivo, i concerti del tour – e soprattutto il primo a casa sua, che apre e prepara a tutti gli altri – diventano quasi il compimento di un percorso personale. A “Scooteroni” e “A volte esagero”, con le luci rosse e verdi ultra saturizzate in linea con l'universo del clubbing senti l’impulso di lanciarti sulla folla, a “Dubbi”, con le parole che pronuncia Guido Anselmi, il protagonista di 8 e ½ di Fellini, di piangere. A “Niente canzoni d’amore” che nella prima data al Forum di Assago ha eseguito con Elisa, lo fai.

Quasi trenta tracce quasi senza pause, – «per questa cosa mi sono preparato con una serietà e una abnegazione mai fatta nella mia vita. È stato uno sbatti enorme ma con una soddisfazione pazzesca», ci racconta – in cui più che nell’ascolto dei dischi arriva l’aspetto antisistema che li innerva. Con Marracash che è enorme, gigante, il più bravo di tutti in forma perfetta, canta davanti ai suoi genitori che sono nel nostro stesso settore (sua madre riprende con il telefono alcune canzoni, la prima per cui si alza è “Crazy Love”), si sposta tra due palchi senza darti e darsi il tempo per riprendersi con quella capacità che in Italia è solo sua di combinare il senso di farci sentire sfollati ed emarginati con una forza interiore che fa venire voglia di gridare. Un primo concerto memorabile, un tour indimenticabile per due dischi geniali che in quanto tali hanno una prerogativa preziosa: il poter essere sottoposti a numerose e anche contrastanti opzioni di lettura, con l’unica grande evidenza di quanto siano destinati a rimanere.