La magia della settima arte sbarca all’80esima Mostra del cinema di Venezia (30 agosto - 9 settembre) con centinaia di storie, tra le varie sezioni e le proposte indipendenti. Ecco perché Cosmopolitan ha tracciato quelli che dovrebbero essere i cinque temi caldi di quest’edizione tutta da scoprire, nelle sale e nei luoghi cult che la contraddistinguono.

I progetti "caldi" sono quelli da tenere d’occhio, che sulla carta ispirano e trasportano. “Sulla carta” perché ovviamente l’anteprima avverrà al festival. Per una serie di motivi – dagli artisti coinvolti alla sensibilità della trama – sembrano quelli su cui puntare. Ci sono i “big” (un po’ come succede a Sanremo), ma anche le “nuove proposte” (i debuttanti all’opera prima).

Ecco chi sono e perché ci ruberanno il cuore. O almeno speriamo.

I biopic

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2023 © Netflix//Netflix

Sono molte le storie vere che subiranno il trattamento romanzato in progetti attesissimi. Adam Driver diventa Ferrari (per Michael Mann), Pablo Larraìn trasforma il dittatore Augusto Pinochet in vampiro (per El Conde), Mads Mikkelsen incarna le storie vere della brughera danese (in Bastarden). Si passa poi ai documentari, da quello sul pittore Dalì a quello sul cantautore Enzo Jannacci. E ci sono anche autobiografie capaci di corrodere l’anima, come fa Virginia Eleuteri Serpieri con Amor, in cui racconta il suicidio della madre (nella sezione fuori concorso, non fiction).

Questione di cuore

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Non solo Priscilla: la sua lovestory con Elvis, dopo tutto, è arrivata all'altare. Il progetto più coraggioso però sembra La bete con Léa Seydoux e George MacKay che immagina un futuro in cui è possibile farsi cancellare le emozioni. Ha tutta l’aria di essere colorato e inatteso, invece, Enea di Pietro Castellitto, che racconta gli ostacoli del cuore a modo suo, stavolta in uno strano viaggio. Parla d’amore anche Heartless, il film brasiliano di Orizzonti, mentre in alcuni casi non ne è presente un solo briciolo. In Dogman di Luc Besson si parla principalmente di abusi sessuali.

La lotta per la libertà

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La regista iraniana Zar Amir Ebrahimi (Holy Spider) si cimenta con Tatami raccontando le campionesse di judo – con il velo – e restituendo loro un potere a lungo negato. In Hollywoodgate i talebani vengono seguiti nelle loro azioni quotidiane, mentre i rifugiati siriani sono al centro di The Green Border, della cineasta polacca Agnieska Holland. Lubo di Giorgio Diritti accende i riflettori sull’allontanamento dei bambini rom dalle proprie famiglie. Forever forever, invece, è uno dei due progetti ucraini alla Mostra. Basta la presenza a dimostrare che il cinema dà voce a chi viene zittito.

Tutti gli amori del mondo

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L’amore è amore. Ma per la legge non sempre, infatti Joanna Kulig è la protagonista di un progetto polacco, Woman of, che parla di transizioni, di lotte anche solo per autodefinirsi ed esistere. In concorso, si prospetta uno dei film più attesi. Il tema dell’identità passa dalla metafora dell’altro come diverso e a volte mostro in Povere creature di Yorgos Lanthimos, con Emma Stone e Mark Ruffalo. Bradley Cooper riporta in vita il direttore d’orchestra Leonard Bernstein in Maestro (Netflix), anche per raccontare il rapporto tra omosessualità e istituzioni, tra segreti e amori che a volte vivono di pluralità.

Razzismo e altri pregiudizi

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Io Capitano di Matteo Garrone segue due giovani africani alle prese con un lungo viaggio per sbarcare in Europa, mentre Origin di Ava Duvernay racconta un razzismo più sistematico. Si passa dal bullismo della serie bosniaca I know your soul allo stigma della demenza con Memory di Michael Franco (nel cast Jessica Chastain e Peter Sarsgaard) e della psicoterapia con The penitent di Luca Barbareschi. Ancora una volta si alzano muri, declinando la diversità come un pericolo. Questi e altri progetti provano ad abbatterlo o almeno a condividerne la consapevolezza.