Quando, nel 2000, all'età di 66 anni Gloria Steinem sposò David Bale, la reazione generale fu principalmente una: tu quoque? Proprio tu? Steinem è uno dei volti più noti del femminismo statunitense degli Anni '70, la cosiddetta Seconda Ondata. Tra gli obiettivi dell'attivismo di quegli anni c'era proprio smantellare istituzioni come famiglia e matrimonio che a quell'epoca opprimevano le donne rinchiudendole tra le pareti domestiche.
Pare che una volta Steinem avesse dichiarato che una donna, sposandosi, diventava quasi una «non-persona». Eppure decenni più tardi, felice e innamorata, la fondatrice di Ms. Magazine non fece una piega di fronte a chi le dava dell'incoerente. «Sebbene abbia lavorato molti anni per rendere il matrimonio più equo, non mi sarei mai aspettata di trarne vantaggio io stessa», dichiarò, «spero che questo dimostri ciò che le femministe hanno sempre detto: che il femminismo riguarda la capacità di scegliere ciò che è giusto in ogni momento della nostra vita».
Oggi cosa scelgono le ragazze femministe? I tempi sono cambiati, le lotte sono diverse (non sempre, purtroppo) e anche il matrimonio, specie con l'apertura alle coppie omosessuali e al mondo LGTBQ+, sta finalmente cambiando. Eppure ha innegabilmente alle spalle una storia patriarcale tanto che, in Italia, delitto d'onore e matrimonio riparatore sono stati abrogati solo nel 1981. In più porta avanti con nonchalance tradizioni un tempo opprimenti, pensiamo al vestito bianco simbolo della verginità della sposa. Dunque che fare se sei femminista e vorresti sposarti? Le due cose sono conciliabili? L'abbiamo chiesto alle dirette interessate.
Scelta
Tempo fa l'autrice femminista Roxane Gay, ricordando il suo anniversario di matrimonio su Instagram, ha scritto: «Non pensavo che il matrimonio avrebbe fatto parte del mio futuro. E poi è arrivata Debbie». Come nel caso di Steinem, sembra che il matrimonio, per una donna femminista, non sia quasi mai un punto di arrivo obbligato. Ce lo conferma anche Lucia, 30 anni, ingegnera: «Io non sono mai stata una bambina che sognava il matrimonio, io piuttosto che il principe azzurro sognavo di salvare le principesse, possibilmente con una serie di strumenti meccanici complicati». L'idea di sposarsi è arrivata dopo, spiega: «Ho iniziato a pensarci grazie all'esperienza di donne che conoscevo e stimavo, donne molto diverse, alcune profondamente cattoliche, altre lesbiche, altre atee. Ho visto che è possibile dare al matrimonio mille connotazioni diverse e ho iniziato a pensare che anch'io avrei potuto abitare questa istituzione a modo mio e secondo i miei valori».
«Siamo abituatə a pensare al matrimonio come una delle più tradizionali scelte di una società forzatamente monogama ed eteropatriarcale», ci dice allo stesso modo Biancamaria Furci, 29 anni, attivista femminista intersezionale. «Sono sicura che sia così. Ma è anche molto altro, e credo che oggi ogni persona dia il proprio significato a questo evento. Per noi non è stata una tappa obbligatoria della vita, ma un tassello della nostra storia. Il momento in cui abbiamo in qualche modo sancito, ufficializzato, dichiarato che intendiamo essere qualcosa più di noi stessi come singoli individui (che continuano a esistere nella loro singolarità)».
Per molte persone, però, specie all'interno della comunità Lgbt+, sposarsi è ancora soprattutto una questione di diritti e tutele. «Come donna gay il riconoscimento della tua relazione dipende ancora molto da chi incontri», spiega Benedetta Lo Zito, 34 anni, autrice e contributor femminista. «Io mi sento più tranquilla dal punto di vista di ospedale, testamento, figli ad avere un pezzo di carta che dica “quella è mia moglie” perché puoi sempre incontrare la persona omofoba che vuole complicarti le cose. Poi ci sarà chi ti dice che stai facendo il gioco patriarcale e che vuoi essere il più eteronormato possibile, ma innanzitutto c'è la libertà di essere ciò che vuoi e questo vale per chi vuole fare sesso occasionale e per chi si vuole sposare e fare figli».
Parità
«Una cosa che ho notato organizzando il nostro matrimonio», racconta Sara, 31 anni, «è che i fornitori, dal fiorista al fotografo, sono abituati a scrivere e a rapportarsi con la sposa dando per scontato che sia lei a decidere tutto, specie per gli aspetti considerati più femminili come i fiori o le palette di colori». «Questo», aggiunge, «è un retaggio del passato quando queste cose venivano seguite principalmente dalla famiglia della sposa. Io ho chiesto che coinvolgessero in tutto anche mio marito: ci è sembrato che fosse più paritario dato che la festa è di entrambi». Niente più "bridezilla" o principesse al centro dell'attenzione quindi: per le ragazze femministe di oggi "parità" è la parola d'ordine. Per Laura, 28 anni, dovrebbe esserlo fin dal momento della proposta: «Non voglio che sia solo lui a organizzare tutto sorprendendomi con l'anello», ci spiega, «quando decideremo, di comune accordo, faremo qualcosa di romantico e anch'io gli farò un regalo. Sento sempre più coppie scegliere questa soluzione».
La parità è anche parità economica. «Abbiamo deciso di pagare tutto noi dividendo le spese», racconta Chiara, 33 anni, «abbiamo scelto di non coinvolgere i genitori per poter essere più indipendenti nelle nostre scelte». Non si tratta, però, di uguaglianza a tutti i costi, come dimostra la storia di Erica, 33 anni: «Sei mesi prima del matrimonio il mio futuro marito ha perso il lavoro e sua madre non voleva che ci sposassimo, sia perché nella sua ottica era l'uomo a dover lavorare per occuparsi della famiglia, sia perché non aveva grossi risparmi e non avrebbe potuto pagare il matrimonio. Io lavoravo e guadagnavo bene, per cui mi sono imposta di sposarmi lo stesso e mi sono occupata di pagare le spese anche per mio marito, di fatto affermando il mio ruolo come pilastro economico della nuova famiglia. Ho ricevuto diverse critiche dai più tradizionalisti».
Tradizioni
«Io ho scelto di eliminare la tradizione del lancio del bouquet», racconta Lucia, «mi ha sempre messa a disagio. C'è sempre qualcuno che inizia a girare tra gli invitati per radunare le donne single che si dà per scontato debbano desiderare il matrimonio. Poi c'è la parte in cui quelle che effettivamente vogliono sposarsi cercano di accaparrarselo, anche strappandolo alla vicina, per poi andare dal loro compagno a far notare che il destino spinge in quella direzione. Si rafforza l'idea che siano sempre le donne a voler "incastrare" gli uomini che invece si tirano indietro. Ho sempre saputo che al mio matrimonio tutto questo non ci sarebbe stato».
Rivoluzione
Per le femministe di nuova generazione, sposarsi può far sorgere delle domande, spingere a plasmare il matrimonio a propria immagine, ma non sembra necessariamente in contraddizione con i propri valori e le proprie lotte. «Io mi sento più valorizzata oggi che ricopro dei ruoli che per la mia idea di femminismo di anni fa sarebbero stati svilenti», ci dice Chiara, «ho trovato il mio modo personale di conciliare le due cose». In realtà, vivere il matrimonio in chiave moderna, femminista e inclusiva può anche essere rivoluzionario. «Viviamo in un mondo in cui, come Millennial e Gen Z, stiamo rianalizzando le relazioni», ci spiega Benedetta Lo Zito, «Esiste il poliamore, l'anarchia relazionale, ci sono relazioni aperte. Ma così come rivendichiamo tutti questi tipi di relazione, ha senso anche poter avere un’alternativa. Il matrimonio ha senso all’interno delle lotte come rivendicazione di una più totale libertà, anche quella di sposarsi, anche quella di fare le casalinghe». Ora, a differenza del passato e grazie alle lotte femministe e queer il matrimonio è stato spogliato dai costrutti patriarcali: come donne occidentali non siamo più costrette a sceglierlo per questioni economiche, per trovare un ruolo nella società o con l'obbligo di procreare. «Dicendo “Non lo faccio perché devo, ma lo faccio perché mi piace” la famiglia torna a essere un legame emotivo e non un costrutto sociale», conclude Lo Zito, «Allo stesso tempo dai spazio e riconoscimento a chi vuole scegliere un altro tipo di vita e un altro tipo di realtà».