A maggio scorso, Michela Murgia aveva raccontato ad Aldo Cazzullo, in un'intervista per Corriere che non dimenticheremo mai, di avere un tumore al polmone al quarto stadio che le lasciava poco margine di vita e tanta voglia addosso di continuare a camminare. Non a combattere, come aveva ribadito al giornalista rigettando la sintassi bellica che solitamente si associa a questo tipo di percorsi. «Il cancro non è una cosa che ho; è una cosa che sono»: così aveva detto in quell'occasione che aveva cambiato tutto. «Il cancro è un complice della mia complessità, non un nemico da distruggere. Non posso e non voglio fare guerra al mio corpo, a me stessa. Il tumore è uno dei prezzi che puoi pagare per essere speciale. Non lo chiamerei mai il maledetto, o l’alieno».

Il 10 agosto Michela Murgia, 50 anni, è morta. Autrice, scrittrice, attivista, podcaster, ci ha regalato alcuni delle letture più commoventi (Accabadora su tutte) e interessanti (Stai Zitta! giusto per citarne uno) dell'ultimo decennio.

Il 15 luglio aveva sposato Lorenzo Terenzi in seconde nozze e in "articulo mortis" («Se avessimo avuto un altro modo per garantirci i diritti a vicenda non saremmo mai ricorsi a uno strumento così patriarcale e limitato», aveva scritto in quell'occasione), così da garantirsi dei diritti che altrimenti le sarebbero stati negati.

venice, italy june 22 italian writer michela murgia poses for a portrait session on june 22, 2010 in venice, italy the writer is one of five finalists for the premio campiello 2010, the most famous italian literary prize photo by barbara zanongetty imagespinterest
Barbara Zanon//Getty Images
Michela Murgia

Insieme a Chiara Tagliaferri, partner e coautrice del podcast "Morgana" dal 2018, ha sdoganato l'idea conformista e patriarcale di donna, sradicando, a colpi di sociologia, antropologia, storia e politica, secoli di stereotipi e tabù. Prima di arrivare alla letteratura e alla scrittura però, Michela, sarda di cuore e di pancia, ha lavorato in diversi settori: «Ho cinquant’anni, ma ho vissuto dieci vite. Ho fatto cose che la stragrande maggioranza delle persone non fa in una vita intera. Cose che non sapevo neppure di desiderare. Ho ricordi preziosi. Ho consegnato cartelle esattoriali. Ho insegnato per sei anni religione. Ho diretto il reparto amministrativo di una centrale termoelettrica. Ho portato piatti in tavola. Ho venduto multiproprietà. Ho fatto la portiera notturna in un hotel...», aveva raccontato a Cazzullo in quella famosa intervista di maggio. Poi il primo romanzo, Il mondo deve sapere, da cui sarebbero state tratte una fortunata opera teatrale e la sceneggiatura del film Tutta la vita davanti. Tra teatro e libri, Michela è diventata negli anni una voce persistente, e fortunatamente scomoda, della società e della politica italiana.

In Tre ciotole. Rituali per un anno di crisi uscito nel 2023 per Mondadori, racconta storie di vita intrecciate su come i cambiamenti possono stravolgere un cammino, di come basti un nulla per modificare il corso del proprio destino per sempre. Parla, come capita spesso nelle sue opere, di vita e di malattia, di morte e di rinascita, temi che Michela Murgia ha sempre affrontato con onestà e senza timore di creare disagio, o di risultare sgradevole.

«Ricordatemi come vi pare», aveva detto in chiusa al Corriere dopo aver parlato di sinistra, eutanasia, filiazione, Sardegna ancestrale, fascismo, violenze, libri e famiglie queer. «Non ho mai pensato di mostrarmi diversa da come sono per compiacere qualcuno. Anche a quelli che mi odiano credo di essere stata utile, per autodefinirsi. Me ne andrò piena di ricordi. Mi ritengo molto fortunata. Ho incontrato un sacco di persone meravigliose. Non è vero che il mondo è brutto; dipende da quale mondo ti fai».