Non bastava il Gender Pay Gap a ricordarci che esiste un divario tra quello che guadagnano le donne rispetto agli uomini: c’è anche un altro parametro che probabilmente è alla radice del problema e rischia di sabotare le tue possibilità di successo in ciò che fai e anche le tue relazioni. È il Confidence Gap, ovvero una mancanza di fiducia in te stessa con cui finisci per svalutarti, giudicarti più severamente di quanto farebbe chiunque altro, sminuire le tue capacità e minare la tua autostima. Il risultato? Puoi essere bravissima, talentuosa, portata naturalmente o estremamente preparata in ciò che fai, ma se tu per prima hai dei dubbi che vanno oltre la ragionevolezza, rischi di autosabotarti.

Perché al lavoro sei diventata invisibile? Perché non ti danno l’aumento che sei certa di meritare? La buona notizia è che non dipende esclusivamente da te, ci sono aspetti della tua vita che puoi controllare fino a un certo punto. L’altra buona notizia è che se non ti valorizzi tu, non lo farà certo qualcun altro, perciò se inizi a far emergere il tuo talento, o anche solo far uscire i tuoi meriti o comunicarli nel modo giusto, ci sono ottime probabilità che migliori anche la percezione che gli altri hanno di te.

Ci sono alcuni comportanti tipici con cui, senza rendertene conto, stai mettendo una serie di ostacoli nel tuo percorso verso la realizzazione. Prendi nota di quelli che senti più “tuoi” e prova a sbarazzartene!

Senti il bisogno di strafare

A scuola eri la prima della classe e ti sei diplomata o laureata a pieni voti. Sul lavoro invece arranchi: le opportunità stentano ad arrivare, non ti senti pronta a coglierle, il tuo capo ha giusto una vaga idea di cosa fai tutto il giorno alla scrivania e ai colloqui non riesci a brillare. Ti senti poco valorizzata e non capisci perché durante gli studi avevi tutte le carte in regola per sfondare ma non sta succedendo. Com’è possibile? Lo spiega bene questo articolo del Corriere, che si basa su una riflessione della psicologa americana Lisa Damour, secondo la quale le ragazze vincono a scuola e perdono al lavoro e ritrova proprio nel gap di autostima il motivo per cui le donne rendono meno degli uomini. Mentre leggeva a sua figlia Harry Potter e il prigioniero di Azkaban un passaggio ha colpito la sua attenzione, quello in cui Hermione porta "due rotoli di pergamena in più di quelli richiesti dal professor Binns". Il fatto che abbia voluto strafare per impressionare il professore, se ci pensi bene, le ha richiesto del tempo che avrebbe potuto impiegare in altro modo: per studiare, divertirsi, imparare nuove formule magiche. Questa voglia di superare le aspettative, di voler fare colpo andando ben oltre il minimo sindacale. La dottoressa Damour spiega che le ragazze spesso perdono di vista l"economia dello sforzo", cioè il concetto per cui puoi ottenere il massimo rendimento col minimo sforzo, e fermarti lì. La tendenza ad andare oltre, a quanto pare, è tipicamente femminile. Quando entrano in gioco anche altri fattori, come il perfezionismo, l'ansia per un esame o una consegna, lo stress, fare troppo anziché metterti in buona luce può diventare controproducente.


Pensi di non essere abbastanza brava

Quante volte hai pensato di aver passato un esame per un colpo di fortuna, anche se dentro di te sai benissimo di aver studiato e di essere preparata? O hai creduto che avresti potuto dare di più, quando hai già dato il massimo? O hai pensato “non me lo merito”? Il tuo potrebbe essere un calo fisiologico dell'autostima. Katty Kay, Claire Shipman e JillEllyn Riley, autrici del saggio The Confidence Code for Girls, hanno scoperto che durante l'adolescenza le femmine hanno un crollo di autostima e diventavano molto più insicure rispetto ai loro coetanei maschi. Tra i 12 e i 14 anni si rompe qualcosa, che evidentemente ci rende difettose a lungo termine, compromettendo il nostro futuro. Un tratto tipicamente maschile, confermato da diverse ricerche, è la tendenza a trovare all’esterno le cause del proprio insuccesso e all’interno quelle del successo: ho fatto carriera perché sono un genio, ma se mi licenziano è perché non hanno capito il mio talento. Le donne invece tendono a incolpare se stesse se qualcosa nella propria vita va storto, assumendosene la piena responsabilità, a volte senza considerare le condizioni sfavorevoli che le circondano. Un comportamento che può sconfinare nell’autocommiserazione. Puoi girare a tuo vantaggio questa inclinazione, trovando dentro di te le risorse e le motivazioni.

Tendi a scusarti in continuazione

"Scusa" è il tuo intercalare preferito. Un saggio latino dice che le scuse non richieste sono accuse manifeste. O in questo caso autoaccuse. Se ti scusi di qualcosa per cui nessuno ti ha chiesto ragione, ti infili automaticamente in un angolo. "Scusa, ci ho messo più del previsto a finire quella presentazione, credevo ci volesse di meno": a meno che tu l'abbia consegnata con ore, giorni, settimane di ritardo, non hai nulla di che scusarti. L'unico messaggio chiaro che trasmetti è di aver fatto un errore di valutazione. "Scusa ma oggi resto a casa perché ho la febbre". Non ti senti bene, è un tuo diritto prendere giorni di malattia. "Scusa, invece del caffè lungo te l'ho preso macchiato!" (Ok, in questo caso ci sta, capiamo perché invece di fare il tuo lavoro ti mandano a fare i caffè). Scusarti ti mette sulla difensiva, fa alzare le antenne al tuo interlocutore e sposta l'attenzione su colpe che probabilmente non hai, o non dipendono da te. "Scusa, la fotocopiatrice si è inceppata e ha stampato tutto a caratteri cubitali". Prima ancora di scusarti, attivati per risolvere il problema e mettiti nelle condizioni di non doverti scusare di nulla.

Sei remissiva

Non c'è niente di male. Il problema si pone quando gli altri strumentalizzano questo lato del tuo carattere, ne approfittano per prevaricarti o scambiano la tua gentilezza per disponibilità totale 24/7. Un po' di assertività non guasta, soprattutto in un ambiente bossy. Uno degli atteggiamenti più fastidiosi con cui potresti avere a che fare è il Mansplaining, con cui spesso gli uomini (i tuoi colleghi, i tuoi compagni, il tuo capo) anche se sono meno competenti di te su un argomento tendono a blandirti o a toglierti la parola, spiegandoti con paternalismo come stanno le cose. Esiste anche il Womansplaining e funziona allo stesso modo: pensa a una collega un po’ bulletta, che tende a prendersi meriti altrui. Ti ricorda qualcuno? È una specie abbastanza diffusa.

Alzare la testa, riprendere la parola e replicare con fermezza può essere la soluzione. Se questi atteggiamenti si ripetono e diventano pesanti, né saltare a conclusioni affrettate valuta l'opzione di parlarne con un medico del lavoro: senza arrivare al mobbing, potrebbe trattarsi di bossing o straining, due forme di violenza psicologica sul lavoro.

Entri per prima ed esci per ultima dall'ufficio

In alcune culture aziendali, soprattutto all'estero, fare gli straordinari o fermarsi oltre l'orario di lavoro dà un pessimo segnale: fermandoti fino a tardi non dimostri di essere una lavoratrice indefessa, ma di non saper gestire i carichi di lavoro che ti vengono assegnati, nei tempi previsti.

I liberi professionisti (se sei freelance ne sai qualcosa), sai dare un valore al tuo tempo: se ci metti un'ora, due, dieci a finire un lavoro, il tuo costo orario si abbassa inesorabilmente. Ti viene istintivo cercare di ottimizzare i tempi per massimizzare i costi, secondo una regola base del time management. Questo non significa far male o in fretta il tuo lavoro, ma cercare un equilibrio sano e dare valore al tuo tempo (anche a quello libero!).