Secondo una ricerca di Deloitte, in Italia 7 giovani su dieci pensano che non riusciranno a comprare casa o mettere su famiglia se la situazione economica non migliora. Le nuove generazioni, tra crisi economiche e lavoro precario, stanno iniziando a rassegnarsi a una vita in affitto, anche in un Paese come l'Italia dove comprare casa è ancora visto come un obiettivo di vita, con più del 74% della popolazione che vive in abitazioni di proprietà. Se pensiamo che, con l’ultima legge di Bilancio, si è previsto anche una diminuzione del bonus prima casa per gli under 36, le prospettive non sono rosee e vanno a inserirsi in un quadro già problematico dove, per i giovani, vivere da soli, emanciparsi e mettere su famiglia è sempre più difficile.
Già nel 2020 quasi il 70% dei proprietari aveva più di cinquant’anni, mentre gli under 36 erano solo un milione e mezzo (su 25 milioni). La tendenza non si arresta ed è alimentata dalle difficoltà dei giovani italiani a entrare nel mercato del lavoro, dai contratti precari e i dall'aumento dei tassi di interesse sui mutui che ha caratterizzato gli ultimi due anni (e che ora è fortunatamente in flessione). «L'aumento dei prezzi degli immobili e le sfide nell'accesso al credito», spiega a Repubblica Valentina Lagasio, ricercatrice in Economia degli intermediari finanziari presso l’università Sapienza di Roma, «hanno reso difficile per le famiglie più giovani acquistare una casa». A oggi sono poche le persone che possono permettersi un mutuo, nel frattempo con l’inflazione sono aumentate le spese e gli stipendi in Italia sono fermi da trent’anni.
Il bonus prima casa dal 2021 prevedeva per i giovani con Isee entro i 40.000 euro la garanzia da parte dello Stato fino all'80% del valore dell’immobile, assieme all’esenzione sulle imposte. Oggi resta solo la garanzia e spesso non basta. «È chiaro che prima di concedere il prestito (con o senza bonus) la banca valuta anche il reddito che l'individuo può garantire», spiega l’economista, «Significa che può accedere al bonus quasi solo chi ha un lavoro stabile o un garante».
Quesa situazione grava sopratutto sulle giovani famiglie, un dato che dovrebbe essere tenuto in considerazione quando si parla di denatalità. Le nuove generazioni vivono in case sempre più piccole e l'arrivo di uno o più figli è strettamente legato al problema dell'abitazione. «Come ogni anno la nostra Millennial Survey ci consegna uno spaccato molto significativo sulle aspettative e sulle preoccupazioni dei nostri giovani», aveva spiegato al Corriere Fabio Pompei, ceo di Deloitte Italia ha spiegato, «Dai dati emerge con chiarezza che Millennial e Gen Z hanno subito duramente l’impatto dell’inflazione scatenata da pandemia e guerra. Si tratta di un fenomeno che non riguarda solo questa fascia di popolazione, ma che preoccupa particolarmente i più giovani sia nel nostro Paese che nel resto del mondo». Dalla survey emerge come i ragazzi siano molto più attenti alla loro salute mentale rispetto alle generazioni precedenti, eppure, senza uno stipendio fisso e in un via vai di case in affitto e mobili Ikea, l'orizzonte si chiude, viene meno la stabilità e così la possibilità di pianificare il futuro (e forse anche quella di vivere meglio il presente).